VORREI ESSERNE LIBERA
Il suo nome se rigenera se contamina
è una corea, una favela, talora è una pulsazione
dallo spirito ai piedi ai versi, come una rovina
e vorrei
che questa madre perfetta badasse a me
non assediasse in un frastuono di nacchere,
che smettessero di venirmi in bocca
le ombre verse, assottigliate – le scaccio, le smarrisco -
coricate – le omofono, le inseguo -
ne vorrei
e di voci femmine ne divenissero maschie
muscolari come le parole, un allarme:
il contro – le parole – assalgono di notte
per risalire, intaccano ogni cellula
invadono, ne ricercano il silenzio,
per nascere ostruiscono, ed io mi perdo.
Non c’è pace ne condono:
una dismisura, un verso ogivale
la nevrastenia, si ri-costruisce cattedrale
draghe le linee mute, grumi, sillabe, archi
sono impietosi i nomifigli, e si espandono in canti
fili tracce steli fogli
non li ricordi
ti usurpano, si plasmano,
altorilievi, enormi incastri
un marenostro di orfani e spettri
i lemmi emersi, come pensieri, come ciottoli puri
tessere smaltate, fessure mosaico
da ogni varco fuoriescono vite
da un trambusto da un tramezzino da un raggio spezzato
ed io ci perdo.
Vorrei berla come un’integra medicina
Vorrei ritrovarla accarezzarmi come ai gigli, come ai gatti
Vorrei che mi guarisse, vorrei che mi gettasse
in un tuono, poesia proscritta in ogni varco
da cui fuoriuscire viva.