Magazine Racconti

Vorrei vederti morto!

Da Andrea Venturotti

Come tutti i giorni Diego, finito il turno di lavoro, alle sei tornò a casa. Quasi con monotonia si tolse il cappotto e lo appese all’attaccapanni, andò diretto in cucina per vedere se c’era qualcosa in frigo. Puntualmente era vuoto. Così, puntualmente, decise di andare a fare rifornimento nella bottega che si trova proprio sotto casa sua. Ormai era un’azione quotidiana. Mentre rientrava, vide che dalla casella della posta spuntava qualche lettera. Le prese e tornò in casa. Una volta che aveva sistemato la spesa e mangiato qualcosina al volo, si stese sul divano a spulciare le solite lettere: bollette, raccomandate, avvisi di pagamento ma tra tutte ce n’era una che era senza mittente e senza francobollo. Ciò voleva dire che qualcuno l’aveva messa personalmente dentro la sua casella postale. Incuriosito, l’aprì. Era una di quelle lettere scritte a mano, cosa che ormai non si usa quasi più.

Caro Diego,
E’ parecchio che non ci sentiamo. Così mi son fatto forza e ho preso carta e penna. Mi viene più facile dirti ciò che ti sto per dire. O per meglio dire, che ti sto per scrivere. Uno dei fattori principali che mi spingono a scrivere questa lettera è il fatto che, purtroppo, è arrivato il mio momento. Quindi, ho deciso di scriverti tutto quello che non sono mai riuscito a dirti. Non che ne vada fiero, però è l’ultima occasione che mi rimane, dopodiché a te la scelta.

Diego leggeva sempre più confuso e curioso quella lettera. Che scelta doveva fare? Ma soprattutto, chi era l’autore di quella lettera? Continuò a leggere sempre più dubbioso ma sempre più attratto.

Non sai quante volte ho provato a chiederti scusa. Scusa per tutto il male a cui ti ho costretto. Voglio solo dirti che quel male, per quanto possa essere stato intenso, non è mai stato, nemmeno per un momento, intenzionale. Non è stato per niente facile vivere con questo peso dentro per tutti questi anni, sapendo che, alla fine, sarebbe arrivata la resa dei conti. Si, perché quella arriva sempre. E’ l’unica cosa puntuale nella vita. Negli ultimi mesi non ho fatto altro che pensare alla nostra lite e, in modo particolare, alle tue parole. Erano dirette e concise. Soprattutto taglienti. Erano quel tipo di parole che si tengono dentro per troppo tempo e, quando decidi di farle uscire, non le riesci nemmeno a controllare. Però ti capisco. Capisco il perché di quelle parole. Di sicuro erano anni ormai che le tenevi dentro. E io di certo, col mio caratteraccio, non ti sono mai stato d’aiuto. Anzi, ho peggiorato ancor di più le cose. Fino ad arrivare alla lite di qualche tempo fa.

Diego aveva finalmente capito di chi si trattava: suo padre. Però ancora non riusciva a capire perché all’inizio della lettera avesse scritto “è l’ultima occasione che mi rimane”. Quelle frasi di solito le dice chi sa di non avere più tempo. Insomma, un uomo prossimo alla morte. Una parte di lui era curiosa di leggere il continuo, l’altra voleva strappare e gettare via quella lettera senza sapere cosa avesse da ancora da dire suo padre. Dopo qualche istante di momentanea assenza, decise di riprendere a leggere.

Se ti scrivo solo adesso è perché, come accennato all’inizio, non mi rimane molto tempo a disposizione. Cinque mesi fa mi hanno diagnosticato un tumore al polmone destro. Purtroppo maligno. Il dottore mi ha detto che se fossi andato a farmi visitare prima, forse avrebbe potuto prenderlo in tempo. Ormai è tardi per i “se” e per i “ma”, posso solo incolpare me stesso per tutto ciò. Come al solito ho sempre detestato gli ospedali e chiunque ne facesse parte che avesse un ago in mano. Mi avete sempre rimproverato per questo, dicendo che un giorno questo comportamento avrebbe giocato a mio sfavore. Ecco, quel giorno è arrivato. 

All’improvviso Diego si sentì bruciare dentro: il suo cuore gli batteva talmente forte che sembrava, da un momento a l’altro, gli potesse uscire dal petto.
Ancora non credeva a ciò che aveva letto. Per quanto odio provasse verso di lui, rimaneva sempre suo padre.
Con le lacrime agli occhi e il respiro affannato, riprese a leggere la lettera tutta d’un fiato.

Sono sempre stato una testa dura. Forse è per quello che ho commesso quell’imperdonabile errore di tradire tuo madre. Non ho mai avuto l’esempio della figura maschile in casa e quindi ho cercato di crearmela da solo. Purtroppo ho fallito. Non sto cercando giustificazioni Diego, voglio solo farti capire che sono cresciuto senza mio padre. In quella famiglia eravamo io, mia madre e altri tre fratelli. Io ero il più piccolo e ho sempre sentito su di me un certo peso, una certa pretesa. Ho sempre fatto del mio meglio per accontentare tutti: da mia madre a tua madre, dai miei fratelli ai miei figli. Te compreso. Ma devi sapere che, a volte, per cercare di fare troppo si rischia di sbagliare tutto.
La scusa “in quel periodo ero fragile” non è accettabile e nemmeno la voglio usare. Non voglio usare nessun tipo di scusa. Anzi, sono qui a scriverti per confessare e prendere tutte le colpe che mi spettano. Anche perché, una volta per tutte,
 voglio alleggerirmi da questo peso che mi porto dentro da ormai troppi anni.
Nella mia vita non ho realizzato molti sogni, mi sono accontentato di quello che mi capitava. Ma c’è un momento particolare che ha dato un senso alla mia vita: quando siete nati tu e tuo fratello. La prima volta che vi ho preso in braccio e vi ho visto ridere ho realizzato finalmente quale fosse la vera potenza dell’amore. Ho capito, come per magia, il vero significato di questa vita.

Ora le lacrime bagnano il foglio. Diego cercava di trattenersi ma era più forte di lui. Dietro a quel pianto c’era tutto quello che si era tenuto dentro in questi ultimi anni. Rabbia, dolore, tristezza, frustrazione. Le parole del padre avevano colpito la parte più sensibile e nascosta. Quella parte che, Diego, non sapeva più di avere. O, forse, non si ricordava dove fosse e come fare per accenderla di nuovo. Quelle parole tolsero tutti i dubbi a riguardo.

Riprese fiato ancora una volta, del tutto ignaro di quel che avrebbe letto nelle righe successive.

Spero che un giorno tu e tuo fratello possiate perdonarmi. Sappiate, qualunque sia la vostra scelta, che vi ho amato più di ogni altra cosa al mondo, voi e vostra madre.
Un’ultima cosa: quando leggerai questa lettera, io me ne sarò già andato. Ho incaricato un’infermiera di consegnarti questa lettera. Ho preferito così. So che non mi perdonerai nemmeno questo perché non accetterai la mia scelta ma spero, almeno, che tu possa comprenderla.

Con affetto,
Tuo Padre

Ora le lacrime si erano fermate.
Anche il respiro.
Con quell’ultima frase si fermò tutto.
Le ultime parole che gli disse furono: “Vorrei vederti morto.”

lettera


Lifestories, come già detto nella prima pubblicazione, è una raccolta di racconti dove esprimo il mio punto di vista su storie di cui ho sentito parlare, altre che ho visto e altre ancora vissute sulla mia pelle. Questo racconto l’ho scritto tanti anni fa, per un mio caro amico. O, meglio, mi spiego. Un mio caro amico ha perso il padre per colpa di una brutta malattia. Tra i due non correva buon sangue, litigando spesso e alle cattive. Se n’è andato senza mai aver chiarito davvero tutte le loro divergenze, costringendo il mio amico a vivere per il resto del suo tempo con questo rimorso. L’intento di questo racconto è quello di far riflettere e, per quello che mi è concesso, far capire quanto possano essere pesanti certe parole. Soprattutto, finché si è in tempo, cercare di ricucire certi strappi.

PS: Il nome del personaggio, presente nel racconto, è puramente inventato e casuale.

A presto.
Come sempre, tra una riga e l’altra.


Archiviato in:Lifestories, Rif, Rif's Corner Tagged: carta, cucire, cuore, death, Diego, emozione, famiglia, family, ferite, Figlio, fratello, Lettera, life, madre, malattia, maligno, morte, Padre, penna, piangere, pianto, ricucire, rimorso, rimpianto, spezzato, strappo, Tumore, vita, Wordpress


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines