Infatti dovunque si estende lo spazio, che noi chiamiamo vuoto, là non v’è materia; dovunque poi si dispone la materia, là non v’è assolutamente spazio vuoto. Dunque sono solidi e privi di vuoto i corpuscoli basilari. Inoltre poiché il vuoto esiste nelle cose create, bisogna che intorno vi sia materia compatta, né da un corretto ragionamento può essere approvato il fatto che alcuna cosa racchiuda in sé il vuoto e lo contenga, se non ammetti del pari che è solido quel che lo rinserra. E per di più non può essere altro che un aggregato di materia ciò che risulti in grado di racchiudere il vuoto nelle cose. La materia dunque consistente d’un corpo solido ha facoltà di essere eterna, mentre tutto il resto si dissolve. Ma se poi non vi fosse nessun spazio vuoto, il tutto sarebbe solido. Se al contrario mancassero corpi di salda sostanza tali da colmare ogni spazio che occupano, tutto ciò che esiste sarebbe spazio libero e vuoto. Non v’è da stupirsi dunque se la materia è altamente limitata dal vuoto, poiché in assoluto non esistono in natura né il pieno, né il libero spazio. Vi sono corpi di salda sostanza che possono interrompere lo spazio vuoto con il pieno. Questi non possono disgregarsi percossi da urti all’esterno, né essere penetrati all’interno e quindi dissolti, né in altra guisa assaliti andare in rovina: ciò che più sopra ti ho già dimostrato poc’anzi. E’ evidente che senza il vuoto nulla potrebbe essere contuso o infranto, né diviso tagliandolo in due parti, né accogliere in sé acqua, né penetrante freddo, né corrosivo fuoco, dai quali ogni cosa è distrutta. E quanto più vuoto racchiude in sé un corpo, tanto più assalito da tali forze è tratto a rovina. Dunque se i corpi elementari sono solidi e privi di vuoto, come ho dimostrato, devono durare in eterno. Inoltre, se la materia non fosse eterna, prima d’ora tutte le cose sarebbero svanite nel nulla e dal nulla sarebbe rinato tutto ciò che vediamo. Ma poiché più sopra ho dimostrato che nulla può crearsi dal nulla, né ciò che è stato generato risolversi nel nulla, gli elementi primordiali devono essere sostanza immortale, in cui tutto possa disciogliersi nel giorno supremo, affinché vi sia materia sufficiente per ristorare le cose. Le particelle elementari sono dunque di solida semplicità, altrimenti, conservandosi attraverso le epoche, non potrebbero già da tempo infinito rinnovare le cose. Infine se la natura non avesse stabilito un limite al frantumarsi dei corpi, ormai gli elementi della materia sarebbero ridotti in tale stato dal distruttivo tempo trascorso, che nulla da essi composto in un tempo determinato potrebbe raggiungere l’estremo limite dell’età. Infatti vedi qualsiasi cosa dissolversi più in fretta di quanto impieghi a riformarsi; e dunque tutto ciò che il lungo infinito succedersi dei giorni dell’intero tempo trascorso abbia sinora infranto, guastato, distrutto, non potrebbe mai ricomporsi nel tempo che resta. Ma ora non ci si stupisca se è stabilito un limite fisso al disgregarsi dei corpi, poiché vediamo tutte le cose riformarsi, e insieme per ciascuna di esse, secondo la specie, sussistere un limite di tempo in cui possa toccare il fiore dell’età. A ciò si aggiunge che, pur essendo i corpi elementari della materia estremamente solidi, tuttavia è possibile spiegare le molli sostanze, l’aria, l’acqua, la terra, i fuochi, in qual modo tutte si producano, per quale forza si compiano, quando una volta il vuoto sia mescolato alle cose. Se al contrario gli elementi primordiali dei corpi fossero molli, non ci si potrebbe rendere conto da dove possano generarsi le dure selci e il ferro, giacché l’intera natura sarà del tutto priva d’un principio su cui fondarsi. Vi sono dunque corpuscoli solidi di robusta semplicità, e quanto è più serrato il loro aggregarsi, tanto più tutte le cose possono rinsaldarsi e mostrare valide forze. Se quindi non è posto alcun limite al frantumarsi dei corpi, tuttavia è necessario che dall’eternità sopravvivano fino ad oggi ogni specie di particelle elementari che ancora non siano state assalite da alcun pericolo. Ma se si suppongono fornite d’una fragile natura, è assurdo che abbiano potuto durare per un tempo eterno, travagliate da innumerevoli urti nel trascorrere delle ère. Infine poiché è assegnato alle cose, secondo la specie, un termine al loro crescere e mantenersi in vita, e per legge di natura risulta stabilito ciò che ognuna possa e ciò che invece non possa, né si muta alcunché e anzi tutti i caratteri permangono al punto che i variegati uccelli nel succedersi delle generazioni mostrano tutti sul corpo le chiazze della loro specie, senza alcun dubbio devono anche avere un corpo di materia immutabile. Se infatti i corpuscoli primordiali potessero in qualche modo mutarsi ed essere vinti, sarebbe incerto persino quel che può nascere, quel che invece non può, e per quale ragione ogni cosa è provvista d’un potere determinato e d’un termine infisso nel profondo; né le stirpi potrebbero riprodurre tante volte, secondo la specie, l’indole, i costumi, la vita e i movimenti dei padri. -Lucrezio-
[<<meditazione su un pezzetto di: La natura delle cose>>]
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ALBA
Fumano i campi; la rugiada stilla
sull’erba nova; il cheto aere si desta
al sol che spunta, e con l’aletta in resta
il cardellino in cima al gelso trilla.
Al giocondo lavor sparsa è la villa
sui bruni solchi; pei declivii a festa
saltan le capre; e in seno a la foresta
le allegrie della caccia il corno squilla.
Questa è vita davver; questo è divino
elemento di forza all’uman petto:
aria, luce, tripudio, opera intorno.
E noi, civico vulgo, ogni mattino
(fatica insigne!) ci leviam dal letto,
pallidi spettri, ad invecchiar d’un giorno.
-Giovanni Prati-