Magazine Diario personale

Vuoto chimico.

Da V

Il freddo graffia la pelle,ma non mi importa. Alzo lo sguardo verso il cielo e nuvole nere affogano nei miei occhi,poco più in là qualche raggio di sole cerca di farsi largo. Corro. Un piede davanti all’altro,con decisione. Il parco-immenso-è vuoto:solo io,il mio respiro,la tensione dei muscoli in contrazione. È una strada che conosco,che so dove mi porta,che mi ricorda di me stessa. Ora,alla mia destra,c’è il teatro,quel teatro che mi ha vista indossare maschere per gioco e non per necessità. Mi piaceva sentire il freddo del palco sotto i piedi nudi,i bisbigli del pubblico nel buio della sala,le luci accecanti dei fari. Vincevo le miei paure,vincevo me stessa.

Le scarpe da ginnastica vanno veloci,calpestano le foglie morte che ricoprono tutto,il teatro è già lontano,le nuvole si fanno sempre più vicine,come quell’angolo di parco che senti soffocante,ma non sai perchè. Ma prima, nascosto dai cespugli, c’è il tempietto diroccato dove hai lasciato tanti baci. Quanti baci si danno in una vita? Mai abbastanza. Che sono più di due labbra che si mordono e salive che si mischiano,sono un ‘grazie’,un ‘scusa’,un ‘ti amerò per sempre o per due minuti’. Una volta mi hanno detto che un bacio non si rifiuta,mai. E allora io che ho fatto?

E mi viene da sorridere ripensando a quella scena,ma il gelo entra nella mia bocca,nei polmoni ed il respiro quasi si congela in gola. Sento i muscoli tendersi e il corpo gridare ‘Basta!’,ma non mi fermo. Arrivo all’angolo buio. E li ci sono stata tanto tempo -nella vita- ad impacchettare emozioni,piegandole e stirandole con cura,per poi riporle in graziose scatole colorate. Penso a quanto mi piaccia il controllo,l’ordine. Penso al vuoto,quello chimico di cui ho avuto bisogno per gestire tutte quelle cose semplici,che per me erano difficilissime. Vuoto. Vuoto. Vuoto. E a volte mi manca.

C’è una luce strana,pallida che accarezza i colori autunnali di cui prima non mi ero nemmeno accorta. Vedo il mio fiato caldo colorarsi nel freddo. Sono quasi arrivata,manca solo il viale-quello lungo-quello che mi piace perchè ci sono i giochi per i bambini,gli stessi di quando ero abbastanza piccola da poterci salire. Mi ci portava mia madre,saliva addirittura sul trenino con me: un viaggio-di tre minuti-che mi sembrava eterno ed io non volevo stare così tanto tempo lontana da lei,passare nella galleria buia senza qualcuno accanto. Li dentro non riuscivo a vedere niente,il mondo fuori. Mia madre. Era come essere nel vuoto. E lo odiavo. Ironico.

Passo distrattamente davanti al caffè letterario,dove ho speso tanto tempo a farmi domande e bere caffè.

Sembra passata una vita,ma in realtà è stata solo una breve corsa.

 

V.


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