W Zorro: Stavolta l’Eroe non Lascia il Segno

Creato il 07 dicembre 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Ci sono personaggi che restano impressi nella memoria collettiva. Alcuni di questi diventano un punto di riferimento per diverse generazioni, altri soffrono di una sorta di processo di inflazione che li vede piano piano scolorire nei ricordi, per lasciare posto a ben più accattivanti eroi moderni. È questo il caso di Zorro, simbolo della giustizia e della libertà per qualche generazione, oggi debole ricordo nella mente dei bambini di ieri. Sarà colpa del cinema e della televisione che ci hanno riproposto la sua storia senza sosta, ma lo spadaccino con la maschera nera ha decisamente perso il suo fascino. Perfino a teatro, il musical scritto da Stefano D’Orazio, W Zorro, languisce sotto i colpi d’ascia di una trasposizione troppo semplice e troppo lontana dal modello classico del musical di impostazione americana, ma anche da quello dell’italianissima commedia musicale. Isabel Allende ha definito Zorro il precursore dei protagonisti dei comic book americani, primo fra tutti Batman con il quale condivide lo sdoppiamento dell’identità: di giorno uomo d’affari e cittadino come tanti, di notte supereroe in maschera per difendere i più deboli. Di questo supereroe però, al teatro, non restano che delle flebili ombre. In un Messico all’alba della rivoluzione, lo Zorro interpretato da Michel Altieri, tra coreografie e duelli di spada, è impegnato ad aiutare il suo popolo a riconquistare la libertà e a vendicare la bella Cecilia (Alberta Izzo), vittima dei soprusi dei potenti che hanno ucciso i suoi genitori. Insieme a loro una sfilza di altri personaggi minori, come Don Juan (Roberto Rossetti) e la sua perfida moglie Consuelo (Jacqueline Ferry), il sergente Garcia (Maurizio Semeraro), Fra Diego (Fabrizio Checcacci) e dodici tra danzatori e acrobati che ballano sulle coreografie di Fabrizio Angelini.

La storia è quella conosciuta dal pubblico: nessun colpo di scena, niente evoluzioni del plot. Più che sulla scrittura di una trama articolata che sia credibile e accattivante, il musical sembra puntare sul ritmo della musica e della danza, che da sole però non possono sostenere il peso di uno spettacolo di due ore, che seppure divertente in certi momenti, in altri lascia molto a desiderare. Mancano i motivi ricorrenti, manca l’evoluzione – psicologica, musicale e caratteriale – dei personaggi. Essenziali – o forse addirittura minimali – le scene, in cui i cambiamenti di ambientazione sono evocati dalle videoproiezioni sul telone posto in fondo al palcoscenico. E minimali sono anche i dialoghi, utili a far comprendere lo svolgimento degli eventi ma troppo superficiali per lasciare anche solo intuire allo spettatore il coinvolgimento emotivo dei protagonisti. Le sonorità sono quelle inconfondibili dei Pooh, che non sono nuovi alla scrittura dei musical. Forse anche per questo, dopo i grandi successi di Pinocchio, Mamma mia e Aladin, W Zorro non sembra per niente all’altezza degli esperimenti precedenti, sia per intensità che per dinamismo. Le musiche di Roby Facchinetti non sono esaltanti, nonostante gli arrangiamenti siano di alto livello. Qualche brano è orecchiabile, qualche altro sembra ricordare melodie già ascoltate, in generale non c’è niente che resti impresso nella memoria.

Lo spettacolo procede senza intoppi fino alla fine nella sua estrema semplicità, la trama giunge all’ovvia conclusione dell’innamoramento tra Cecilia e Zorro, e allo spettatore resta solo da applaudire l’eccellente balletto finale che con la sua incursione nel flamenco sembra sottolineare ancora una volta il tema dominante del musical: la ricerca della libertà a qualunque costo, anche a rischio della vita. Il tema è scottante, mai come adesso attuale, ma la narrazione non raggiunge quel livello di profondità necessario per riuscire ad operare un’efficace critica del presente, che al di là della favola dia uno spunto di riflessione a chi guarda. Degna di plauso la performance nei panni di Zorro di Michel Altieri, cantante italo-francese dalla straordinaria voce, reduce da grandi successi a Broadway; altrettanto buona la prova di Alberta Izzo che, anche se con troppa enfasi in certe scene, interpreta una Cecilia impeccabile ed esegue senza tentennamenti brani di notevole difficoltà tecnica. Di Zorro, della leggenda che ha appassionato generazioni e dell’alone di avventura che avvolgeva le sue gesta resta molto poco. Sul palco Michel Altieri si muove con estrema dimestichezza ma questa non basta a superare la debolezza di un testo (musicale e teatrale) che non sempre è all’altezza dei suoi interpreti. E in fondo un po’ dispiace che l’incrollabile speranza in un domani migliore, a teatro, debba fare i conti con una storia così poco convincente da fare apparire la lotta contro i despoti e i prepotenti soltanto una favoletta per bambini.

Fotografie di Federico Riva (federiva@infinito.it – +39 335 8414259)


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