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Waiting for the Oscars #2: Recensione "Dallas Buyers Club" di Jean-Marc Vallée
Creato il 26 febbraio 2014 da AncellaInutile ripetere quanto io ami il cinema e che da adolescente avrei voluto fare la regista (forse sono ancora in tempo, chissà!) e che i film sono il mio grande amore, perché tanto lo sapete tutti. E se c'è un evento legato al mondo del cinema che adoro alla follia, è la notte in cui vengono celebrati gli Academy Awards. So che è una serata dispendiosa in modo allucinante, dove si assiste a uno spreco enorme e questo non va bene, lo so, ma non ci posso far niente: io non posso fare a meno di amarla. Quando ero adolescente, nonostante andassi a scuola, rimanevo sveglia tutta la notte guardando questo fantastico evento. Sì, va contro la mia indole perché non sono una persona mondana, ma è l'unica serata dedicata al mondo dello spettacolo che mi affascina veramente. Per me è sempre stata una grande emozione guardare gli Academy Awards perché, per una volta all'anno, le maggiori personalità del mondo del cinema si riuniscono e sono tutte lì, e mi sembra una stupenda dimensione parallela piena zeppa di tutte quelle persone che hanno contribuito a rendere magico il mio mondo con le loro idee e le loro creazioni. E non riesco a fare a meno di guardarla con occhi luccicanti *-*! Ho deciso, quindi, di condividere il mio conto alla rovescia in questa rubrica annuale, che si terrà solamente in occasione di questa celebrazione, e che ho chiamato Waiting for the Oscars. Cosa ci sarà al suo interno? Beh...in realtà ancora non ho le idee molto chiare, ma è ovvio che vi parlerò di tutte le opere in gara e delle persone che hanno lavorato alla loro realizzazione.
Dallas Buyers Club
Mi accingo a parlarvi di un film assolutamente da vedere (ma con una buona preparazione psicologica se non siete abituati a pellicole di questo tipo) che mi ha colpito tantissimo e che mi auguro riceva le riconoscenze che merita. A tal proposito, so di avervi detto che tifo per Leonardo DiCaprio agli Oscar, ma al di là della mia preferenza di parte, devo tornare sui miei passi e affermare che l'Oscar come Miglior attore protagonista se lo merita totalmente Matthew McConaughey. Ciò è indiscutibile. E come sempre, come ho già urlato ai quattro venti, Jared Leto deve vincere quello come Miglior attore non protagonista, se lo merita, è suo. Basta.
Titolo: Dallas Buyers ClubTitolo originale: Dallas Buyers ClubRegia: Jean-Marc ValleéPaese: USAAnno: 2013Durata: 117 minGenere: Drammatico
TramaDallas Buyers Club racconta la storia vera di Ron Woodroof, un elettricista/cowboy ribelle del Texas al quale, nel 1986, viene diagnosticato l'AIDS, con una prognosi di pochi giorni di vita. Frustrato dalla mancanza di opzioni mediche disponibili e tutt’altro che rassegnato a questa sorta di condanna a morte, Ron trova un’ancora di salvezza nei farmaci alternativi e in un mix di vitamine di sua invenzione. Entra così in contatto con altri ammalati e familiarizza con loro, superando l'iniziale omofobia e ritrovandosi al centro di un cospicuo business di contrabbando. Inizia così una tesissima partita a scacchi con la legge che vieta i farmaci da lui usati e con la polizia.
Il mio voto
La mia recensione
Sono passati parecchi giorni dalla visione (rigorosamente in lingua originale) di Dallas Buyers Club, film del 2013 diretto da Jean-Marc Vallée e in corsa come Miglior film agli Academy Awards 2014, e ancora ho difficoltà a mettere insieme le parole per parlarne appropriatamente. Si tratta di una pellicola indubbiamente cruda e realistica all’estremo, ma anche toccante, soprattutto grazie alla magistrale interpretazione dei due protagonisti Matthew McConaughey e Jared Leto, che insieme formano una formidabile coppia di attori e hanno regalato al pubblico due figure indimenticabili che si faticherà a cancellare dalle proprie menti. Ambientato in Texas negli anni ’80, il film racconta la storia vera e drammatica di Ron Woodroof, un uomo scapestrato che vive le sue giornate tra soldi, scommesse, droga, sesso e alcol, e che proprio a causa di un rapporto non protetto contrae il virus dell’HIV. Ricoverato in ospedale e scoperta la malattia, Ron cade in un profondo stato di sconforto. Inizialmente, dopo la diagnosi di trenta giorni di vita rimanenti, non crede ai medici e si convince che si sono sbagliati, che non può essere vero, in fondo lui non è mica una checca (così afferma nel film), ma poi le sue gravissime condizioni di salute lo costringono ad aprire gli occhi e comprende che la malattia c’è, è dentro di lui e lo sta mangiando velocemente. In ospedale la dottoressa Eve Saks gli spiega che al momento c’è una cura sperimentale con l’AZT ma lui purtroppo non può prenderne parte, così Ron decide di corrompere un infermiere e di comprare di nascosto il farmaco. Dopo alcuni giorni, però, il medicinale gli causa un malore ed è costretto a interrompere la cura. Mentre è ricoverato conosce Rayon, un transgender tossicodipendente anche lui malato di HIV, verso cui nutre una sorta di insofferenza a causa della sua natura. Uscito dall’ospedale si dirige in Messico in cerca di altro AZT, trova invece un bravo dottore che gli sconsiglia l’utilizzo di AZT, considerato dannoso, e gli somministra alcune flebo a base di proteine che migliorano le sue condizioni. Da lì Ron inizia a commerciare i farmaci e le sostanze che lo hanno aiutato e che purtroppo non sono approvate negli Stati Uniti, e lo fa sia per aiutare i malati come lui che per guadagnarci un po’ su, e insieme a Rayon, che diventerà il suo più importante amico nonostante il loro rapporto contrastato, fonderà il Dallas Buyers Club e porterà avanti una vera e propria guerra contro l’associazione FDA per affermare il diritto del malato di scegliere autonomamente le proprie cure. Questo è uno dei migliori film dell’ultimo anno. La struttura è molto poco decorata, non ci sono fronzoli né passaggi troppo emotivi, ma risulta praticamente perfetto proprio grazie al pragmatico taglio documentaristico. In effetti, in alcuni momenti ho avuto come l’impressione di seguire scene di vita autentica piuttosto che un vero e proprio film, ma non è stata un’impressione negativa, anzi questa forma pulita e cruda ha dato alla pellicola un ritmo estremamente serrato, tanto che mi è risultato difficile distogliere lo sguardo dallo schermo anche solo per un secondo. Ogni scena è una scoperta nuova sulla situazione che coinvolge Ron e tutte le persone che come lui combattono contro l’HIV e ogni scena dà automaticamente avvio alla seguente. Si deve vedere, si deve sapere, si deve capire. Nonostante la bellezza indiscussa di questa pellicola forte, credo però che senza le interpretazioni di McConaughey e di Leto non sarebbe stata la stessa cosa. Sono questi due formidabili attori (scheletrici in questo caso) a tenere vivo l’interesse dello spettatore e sono talmente calati nei panni dei loro sfortunati personaggi da far dimenticare per quasi due ore di avere davanti un divo della commedia romantica, che sta dimostrando negli ultimi tempi di avere un immenso talento, e una rockstar super acclamata che con la sua voce assolutamente fantastica e la sua musica intensa ed espressiva ammalia milioni di persone. Della loro fisicità abituale, della loro personalità non rimane più nulla, neanche una briciola; un lavoro di mimesi cinematografica encomiabile e che io loderò per l’eternità perché sono riusciti a dare vita a due figure tragiche ma non melense, opinabili ma non condannabili, toccanti ma non patetiche. Ho visto il film in lingua originale e posso ben affermare che le loro interpretazioni sono una delizia per i cinefili. Mentre guardavo il film avevo un pensiero ricorrente in mente: a Matthew McConaughey per questa interpretazione non andrebbe dato solo l’Oscar, quello è il minimo, bisognerebbe fargli un monumento. Non nascondo, inoltre, la mia predilezione per Jared Leto: è il mio idolo assoluto, un artista completo ed eccelso in ogni espressione dell’arte. Con il suo Rayon, però, è riuscito a innalzarsi a un livello superiore che mi ha veramente commosso. È riuscito a impersonare in modo divino questo fragile ragazzo che vorrebbe essere donna, è un personaggio meraviglioso che non dimenticherò più; la sua sensibilità, la sua fragilità, la sua voglia di vivere nonostante tutto, la sua delicatezza…Jared Leto ha regalato a questa figura uno sguardo che dona allo stesso tempo dolore e gioia, un mare in cui perdersi e trovare il vero significato della sua scelta. Non voglio tralasciare che anche Jennifer Garner è stata molto brava e convincente nel ruolo della dottoressa Eve, una bella interpretazione anche la sua, e che mi è piaciuta molto anche la regia di Jean-Marc Vallée, che con pochi tratti ha realizzato un film che punta dritto al succo del discorso senza girare intorno a eventi poco importanti o farcendolo di inutili sentimentalismi. Anche il montaggio è abbastanza particolare, è adatto al tipo di narrazione, e la sceneggiatura è sicuramente ben fatta e mirata, non ci sono cali di tensione, anzi si avverte sempre un certo pathos che culmina nell’ultima mezz’ora. Non è un film per tutti, questo va detto. I contenuti possono anche infastidire perché sono abbastanza spinti in tutti i sensi (innumerevoli le scene di sesso senza filtri) e se avete lo stomaco leggero, se non sopportate le storie forti raccontate con modi altrettanto violenti allora Dallas Buyer Club non fa per voi. È uno di quei film che si guardano a occhi spalancati, senza il coraggio di voltare la testa, ma le lacrime rimangono inespresse, così come la rabbia e la malattia invisibile che impronta i protagonisti. Tuttavia, alcune scene riguardanti Rayon adagiano un velo di silenziosa ma palpabile disperazione su un cuore già straziato e non si può fare a meno di piangere internamente per un tale destino. Non ci sono certo eroi tradizionali qui, anzi è più probabile trovare i peggiori uomini del mondo, a partire da Ron che soprattutto inizialmente è menefreghista, omofobo, maleducato e rozzo, ma se vi interessa scoprire una realtà fatta di dolore, sofferenza, ingiustizie, malattia, morte e desiderio di lottare per la propria sopravvivenza, se volete saperne di più su un rude texano malato di HIV che diventa il simbolo della libertà di scelta, mettetevi comodi e preparatevi a un pugno nello stomaco che vi lascerà senza respiro.
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