Waiting for the Oscars #3: Recensione "Gravity" di Alfonso Cuarón

Creato il 28 febbraio 2014 da Ancella
Buonasera ragazzi ^-^ rieccomi qui tra voi! Ho un sacco di film di cui parlarvi prima di domenica sera, non riuscirò a recensirli tutti (potevi iniziare qualche giorno prima, direte voi...avete ragione, ma non mi è stato possibile :P), ma voglio almeno spendere due parole su quelli che mi hanno colpito maggiormente. Alla fine, stasera c'è stato un cambio di programma e ho deciso di lasciarvi la mia opinione su Gravity perché se ne è parlato poco e mi dispiace. Per me questa pellicola è decisamente bella da vedere e da seguire. Poi, va beh...i gusti son gusti e ci sarà sicuramente chi la penserà in modo diverso, e ben venga :DDomani vi parlerò di 12 anni schiavo, invece, che sicuramente si aggiudicherà l'Oscar come Miglior film...d'altronde meritato.
Inutile ripetere quanto io ami il cinema e che da adolescente avrei voluto fare la regista (forse sono ancora in tempo, chissà!) e che i film sono il mio grande amore, perché tanto lo sapete tutti. E se c'è un evento legato al mondo del cinema che adoro alla follia, è la notte in cui vengono celebrati gli Academy Awards. So che è una serata dispendiosa in modo allucinante, dove si assiste a uno spreco enorme e questo non va bene, lo so, ma non ci posso far niente: io non posso fare a meno di amarla. Quando ero adolescente, nonostante andassi a scuola, rimanevo sveglia tutta la notte guardando questo fantastico evento. Sì, va contro la mia indole perché non sono una persona mondana, ma è l'unica serata dedicata al mondo dello spettacolo che mi affascina veramente. Per me è sempre stata una grande emozione guardare gli Academy Awards perché, per una volta all'anno, le maggiori personalità del mondo del cinema si riuniscono e sono tutte lì, e mi sembra una stupenda dimensione parallela piena zeppa di tutte quelle persone che hanno contribuito a rendere magico il mio mondo con le loro idee e le loro creazioni. E non riesco a fare a meno di guardarla con occhi luccicanti *-*! Ho deciso, quindi, di condividere il mio conto alla rovescia in questa rubrica annuale, che si terrà solamente in occasione di questa celebrazione, e che ho chiamato Waiting for the Oscars. Cosa ci sarà al suo interno? Beh...in realtà ancora non ho le idee molto chiare, ma è ovvio che vi parlerò di tutte le opere in gara e delle persone che hanno lavorato alla loro realizzazione.
Gravity
Questo film è geniale nella sua semplicità. Merita, merita davvero. È incentrato su un'idea originale quanto immediata che lo rende unico. Per me è da Oscar. Ok, forse paragonato ad altri film in gara che trattano temi molto più impegnati risulta di minore incisività, ma se gli Oscar fossero assegnati in base al genere Gravity se lo meriterebbe davvero. Soprattutto perché fa stare per un'ora e mezza con gli occhi incollati allo schermo mentre ci sono solo lo spazio e due attori che ben presto calano a uno solo. Ci vuole bravura per fare questo.
Titolo: GravityTitolo originale: GravityRegia: Alfonso CuarónPaese: USAAnno: 2013Durata: 90 minGenere: Drammatico, Fantascienza
TramaLa brillante dottoressa Ryan Stone è alla sua prima missione spaziale, mentre l'astronauta Matt Kovalsky è all'ultimo volo prima della pensione. Quella che per loro doveva essere una passeggiata spaziale di routine si trasforma in una catastrofe. Lo shuttle viene distrutto e loro si ritrovano soli nell'assordante silenzio dell'universo. Fluttuanti nell'oscurità e privi di qualunque contatto con la Terra non hanno apparentemente alcuna chance di sopravvivere anche per via dell'ossigeno che va esaurendosi. Forse l'unico modo per sperare di tornare a casa è quello di addentrarsi nello spazio infinito.
Il mio voto
La mia recensione
Sto scrivendo la recensione di questo film dopo aver terminato la visione da una mezz’ora e sono tipo allucinata. Non sto scherzando! Mi ha completamente ipnotizzato. Ne sono rimasta folgorata, abbagliata, colpita e potrei usare qualsiasi altro verbo con il medesimo significato per far capire cosa mi ha trasmesso, ma non riuscirei comunque a rendere l’idea. Gravity è semplicemente un film che va visto, davvero, non si può perdere una perla di questo tipo, uno space movie che ridefinisce i canoni del genere. Sono totalmente entusiasta di questa pellicola.Onestamente, prima di vederlo, non sapevo bene cosa aspettarmi, se non una sorta di Apollo 13 più all’avanguardia, ma dopo i primi cinque minuti ho capito che non c’entrava nulla con tutti gli altri film dello stesso filone. È veramente bello, ma nel senso più estetico del termine. Regia sublime, inquadrature da capogiro, sequenze che fanno rimanere a bocca aperta e una colonna sonora (composta da Steven Price) che trascina ancora di più all’interno dei pericoli che si nascondono nello spazio. La differenza, semplice ma importantissima, che lo distingue dagli altri film è che stavolta lo spazio non è solamente visto da una navicella, anzi la maggior parte delle scene sono ambientate all’esterno, e ci si sente sballottati nell’universo come minuscole palle da ping pong. Ammetto che non ho certo visto l’intera collezione di space movie, ma quelli che ho visionato non erano così e per me il film di Cuarón segna un enorme passo avanti. Non mi aspettavo una storia di tale impatto.La trama è semplicissima, solo un’idea di fondo che si amplia in una direzione mirata: la sopravvivenza nello spazio. In effetti, non è certo un film di avvenimenti, più che altro un’osservazione sulle reazioni umane di fronte a situazioni drastiche ed estreme in un ambiente sconosciuto e anche spaventoso per la sua immensità. In poche parole, ci troviamo nello spazio (appunto) e la dottoressa Ryan Stone, alla sua prima missione spaziale, e il comandante Matt Kowalsky, astronauta veterano al suo ultimo viaggio prima di andare in pensione, si trovano fuori dal loro Shuttle insieme a un altro collega per riparare un guasto. Tra una chiacchiera e l’altra tutto procede tranquillamente, finché non arriva l’avviso di una tempesta di detriti dovuti all’esplosione di un satellite russo; durante un’esercitazione, infatti, un missile è finito erroneamente dritto sul satellite facendolo saltare in aria. Fortunatamente la traiettoria dei detriti non è la stessa su cui si trovano gli astronauti, ma in seguito si genera una reazione a catena che cambia la rotta della tempesta e si trovano improvvisamente in pericolo. Mentre cercano di tornare sullo Shuttle e togliersi da lì per evitare l’impatto distruttivo, un’onda velocissima di detriti li travolge e Ryan, totalmente nel panico, e Matt, che riesce a mantenere i nervi saldi, si ritrovano sperduti nello spazio. Sono gli unici sopravvissuti dell’intero equipaggio e per tornare a casa dovranno azzardare delle soluzioni estreme…Dico subito che per tutta la durata del film sono stata sommersa da un senso d’ansia soffocante e claustrofobico che mi ha fatto sentire totalmente in empatia con la dottoressa Ryan. Premetto che ho da sempre una sorta di amore-odio per lo spazio, nel senso che mi piace molto, il suo silenzio quasi innaturale mi trasmette pace, è affascinante e mi perderei per ore ad osservare le immagini che lo immortalano, ma allo stesso tempo sono terrorizzata dalla sua immensità, dall’ignoto che nasconde, dalla solitudine che lo avvolge, quindi forse la mia reazione è dovuta anche a questo, ma non penso sia l’unica motivazione. Credo che il film faccia questo effetto a chiunque lo guardi perché è magnetico, sconvolgente, innovativo, dona e toglie il respiro contemporaneamente. Ero completamente immersa nello spazio insieme ai personaggi e questo è sicuramente dovuto a un grande pregio della pellicola: l’ambientazione. Non c’è bisogno di spiegare il perché: lo spazio è qualcosa di vivo ma ignoto e offre degli scenari meravigliosi. C’è molto buio, ovviamente, ma anche indimenticabili scene dove la luce è protagonista; quando sorge l’aurora, ad esempio, o quando il sole raggiunge alcune zone suggestive della Terra. E diciamolo: vedere il nostro pianeta da una prospettiva esterna è sempre una grande emozione e uno spettacolo per gli occhi. Naturalmente il film è estremamente generoso per quanto riguarda gli effetti speciali, non poteva essere altrimenti, ma la qualità è altissima, sembra di stare veramente lì e di assistere ai vari eventi in prima persona, grazie anche all’eccelsa fotografia di Emmanuel Lubezki.Uno degli aspetti che mi ha colpito moltissimo è la colonna sonora di Steven Price che sembra un tutt’uno con le scene, anzi sembra proprio dar voce agli eventi. Mi è piaciuta tanto, mi ha messo ancora più ansia e ha guarnito sublimemente la pellicola. Per non parlare della regia curatissima in ogni particolare di Alfonso Cuarón, una guida in un’avventura mozzafiato che mescola dramma e scienza. Il suo è uno stile elegante, silenzioso, ma incisivo. Forse perché è anche sceneggiatore dell’opera insieme al figlio Jonás e quindi ha sentito il progetto nella sua interezza o forse perché il suo innato talento ha trovato qui la massima espressione, non so quale sia il motivo giusto, ma ha dato vita a un prodotto unico nel suo genere, un vero capolavoro visivo, qualcosa di mai visto prima. È semplice e originale e proprio per questo geniale.Per finire vorrei lodare la prova recitativa della Bullock, che interpreta la dottoressa Ryan, e che ha dimostrato di saper reggere un film interamente sulle sue spalle. La pellicola segue praticamente tutto il tempo la sua lotta per la sopravvivenza, ma non annoia mai, e questo anche grazie alla sua convincente e realistica interpretazione. A farle da spalla un sornione George Clooney nei panni del capitano Kowalsky che regala al film qualche attimo più rilassato in un’ora e mezza di costante tensione e che, nonostante il suo minimo tempo in scena, mi è piaciuto.Per me Gravity ha un solo difetto: l’ho visto troppo tardi. Avrei dovuto vederlo immediatamente quando è uscito e, invece, mi sono lasciata scappare questa perla per mesi, ma ogni storia alla fine ha il suo momento e sicuramente è arrivato nel periodo giusto. Reputo questo film uno dei migliori che io abbia mai visto, sicuramente il più ipnotico del 2013, una metafora toccante sulla vita (e qui potrei stare ore a parlare del viaggio introspettivo di Ryan e della figura simbolica di Kowalsky che rappresenta la guida, quel filo a cui deve aggrapparsi per trovare la strada, ma che a un certo punto deve lasciare, volente o nolente, per potercela fare con le proprie forze) e un capolavoro che consiglio a ogni genere di spettatore perché è una straordinaria esperienza visiva assolutamente da vivere. Vi sembrerà di viaggiare realmente tra la Terra e il Sole!


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