Il sogno, questo grande mistero in parte svelato che continua ad affascinarci, è il tema principale di un film che mi ha particolarmente incuriosito: Waking Life diretto da Richard Linklater nel 2001. A colpire immediatamente è la tecnica d’animazione utilizzata, il rotoscoping, tecnica in cui si sovrappone al live action girato dal regista americano il lavoro dell’animatore Bob Sabiston che ricalca in maniera approssimativa le scene filmate precedentemente. Trascorsi i primi minuti la nostra attenzione viene poi catturata dai discorsi/monologhi che permeano la pellicola: si susseguono come onde vari personaggi che trattano temi filosofici quali l’esistenzialismo, il libero arbitrio, l’evoluzionismo, l’esistenza di Dio, l’edonismo, l’autolesionismo creando una sensazione di incalzante tensione nello spettatore. Infatti, nonostante la bellezza e lo spessore di ogni singolo discorso, la trattazione di argomenti così impegnativi in rapida successione può letteralmente sommergere di pensieri e considerazioni. Probabilmente una più accentuata lentezza e fluidità nella presentazione delle tematiche care al regista avrebbe portato a una maggiore leggibilità della prima parte dell’opera, che invece anche grazie alla colonna sonora curata da Glover Gill (che utilizza rivisitandole sinfonie di Astor Piazzolla eseguite dalla Tosca Tango Orchestra) mantiene un costante ritmo incalzante.
Malgrado la presenza di numerosi argomenti, il tema principale della pellicola resta quello del sogno: è infatti con l’affermazione “il sogno è il destino” che, nella prima scena del film, Linklater presenta la chiave di lettura dell’intera narrazione. Perché gli innumerevoli discorsi filosofici non sono altro che lo strano sogno di Wiley Wiggins, protagonista della vicenda che successivamente a un incidente non riesce più a svegliarsi e resta intrappolato nella fase REM, proprio quella in cui percepiamo immagini e suoni apparentemente reali, in cui per dirla in breve sogniamo. Così quello che sembra la vita vera, gli incontri con i vari personaggi, le considerazioni non sono che sogno, un sogno prolungato e inarrestabile: vano è infatti ogni tentativo di Wiley di svegliarsi. Ma se tutti quei bei discorsi sul libero arbitrio e la capacità di esercitare realmente la nostra volontà, sulla memoria collettiva non sono che un sogno; e se lo stesso si può affermare di tutte quelle critiche all’indifferenza e alla deresponsabilizzazione dell’individuo, all’individualismo, al consumismo e alla società capitalistica, forse la nostra vita da svegli per il regista non è che un sogno controllato. È difatti ad una massima famosa del filosofo George Santayana che si riallaccia il titolo: “Sanity is a madness put to good uses; waking life is a dream controlled”. Eppure pensare a una vita vissuta in uno stato di sogno, seppur controllato, mi richiama alla mente la famosa iscrizione contenuta in un’acquaforte di Francisco Goya: El sueño de la razón produce monstruos. Niente di più pericoloso che vivere senza ascoltare la voce della ragione.
Altro grande tema affrontato dal regista è quello della morte, forse mistero ancora più grande e insondabile del sogno, carico di timore e inquietudine ma che non riesce a non essere presente tra le mille domande che tormentano l’uomo. Impossibile credere che qualcuno non si sia chiesto cosa ci sia dopo e in diverse scene del lungometraggio Linklater ci propone una risposta alla famosa domanda: dopo la morte ci attenderebbe uno stato onirico frutto dell’attività del cervello, funzionante anche per alcuni minuti successivi al decesso. E in questo stato onirico post mortem il tempo subirebbe una dilatazione, per cui i minuti diventerebbero anni. Un’ipotesi affascinante di ciò che potrebbe aspettarci dopo. Ed è in questo connubio tra morte e sogno che si svolge l’intera narrazione, che grazie alle tecniche di animazione utilizzate e alle linee stilizzate dei disegni mantiene una costante aura onirica, una leggerezza visiva che contrasta con le tematiche trattate stemperandone i tratti retorici. Sicuramente un’opera degna di nota che rappresenta un contributo assolutamente non banale all’introspezione e alla riflessione, da vedere più di una volta per cogliere appieno il significato e le varie sfumature dei numerosi temi che la caratterizzano.