Premessa necessaria: il primo film non l'ho mai visto, se non a pezzi nelle sue messe in onda a tarda ora su Rete4. Mea Culpa.
Detto ciò, mi sono avvicinata a questo sequel un po' titubante, più per gli argomenti trattati e la durata complessiva che per il ritorno di Michael Duglas.
Sembra, infatti che sia ormai un obbligo ad Hollywood produrre e realizzare film che sforino le due ore di durata se non di più.
Il rischio però è quello di annoiare o di voler trattare così tanti argomenti finendo però per non approfondirne veramente nessuno.
E questo è ciò che succede a Wall Street con i suoi 133 minuti.
Tornando ad analizzare il mondo intricato e perfido della borsa, Oliver Stone cerca di mostrarne infatti tutte le sue sfaccettature: l'aggiotaggio, le energie ecosostenibili, il conflitto morale, la speculazione edilizia.... troppo, insomma. Ma ciò che il film tenta di fare è portare la luce su questo mondo, sulle sue leggi e sui suoi errori.
E per farlo, l'eccesso è necessario.
Così cifre allucinanti scorrono di mano in mano, voltafaccia e inganni, calcolate freddezze.
Il ritorno di Gordon Gekko non può avvenire dunque che alle porte della grande crisi che nel 2008 ha colpito Wall Street (e di cui tuttora continuano le conseguenze) cercando di rifarsi un nome, un conto in banca e -forse- una famiglia.
Sua spalla questa volta è il giovane idealista Jake Moore interpretato da Shia LeBeouf in coppia con la sempre bellissima e elegantissima Carey Mulligan, che come abbiamo visto di strada ne ha fatta parecchia.
I tre assieme regalano momenti di grande recitazione, entrambi perfetti per i loro ruoli.
Al di là della retorica di molti dei dialoghi e delle frasi ad effetto -incisive e tristemente vere gridate da Douglas- di repentini salti nel passato e di un finale frettoloso e scontato, Wall Street rimane in piedi grazie soprattutto alle interpretazioni e alla mano sempre ferma e sapiente del grande Stone.
Il regista riesce nello scopo di far conoscere il lato marcio dell'America che rimane però ancora difficile da comprendere e da giustificare in un film solido ma non così epocale.
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