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Wall Street: non c’è euforia per il Pil

Da Pukos
Wall Street: non c’è euforia per il Pil

Vola il Pil, ma non i listini di Borsa

Bene i petroliferi, nuovi record per Dow Jones e S&P500, in calo i farmaceutici. Sul Nasdaq crolla il comparto biotech.

Certo, il Dow Jones e lo S&P500 hanno ritoccato i loro massimi storici appena stabiliti, il DJ ha superato, per la prima volta da quando viene calcolato, i 18.000 punti e lo S&P500 i 2.080 punti, ma dopo un dato del Pil così esaltante ci si potevano attendere rialzi ben più consistenti.

Il Nasdaq, poi, ha addirittura terminato la seduta con un ribasso zavorrato dai titoli biotecnologici che, sull’onda del crollo avuto ieri da Gilead Sciences, oggi hanno subito vendite da panico, e probabilmente siamo solo all’inizio.

Ma in una giornata così intesa come quella odierna è d’obbligo mettere un po’ di ordine.

I futures, in mattinata, erano già ben intonati, vuol dire che qualcuno … subodorava il dato sul Pil che di lì a poco sarebbe stato reso noto, ed ecco che puntuale alle 14:30 ora italiana il Dipartimento al Commercio comunicava quella che, in base alle sue stime definitive, risultava la crescita del Pil del terzo trimestre di quest’anno: +5%!!!

Un incremento che non si verificava esattamente da 11 anni!!! Il dato era nettamente migliore delle attese (+4,3%) ed era accolto da Obama con termini trionfalistici “E’ l’anno della svolta”!

Il PCE Core, ossia l’indice più monitorato dalla Fed per quanto riguarda l’inflazione è risultato pari alle previsioni: +1,4%.

Sempre alla stessa ora, però, lo stesso Dipartimento del Commercio comunicava un dato che sembrava in netta contraddizione con l’esaltante Pil, a novembre, infatti, gli ordini di beni durevoli sono sorprendentemente diminuiti (-0,7%) mentre gli economisti avevano previsto un corposo aumento (+2,7%).

Ma eravamo solo all’inizio perché a mercati aperti arrivava un’altra ondata di dati macro che ancora una volta risultavano a due facce, l’indice di fiducia dei consumatori calcolato dall’Università del Michigan è salito a 93,6 punti, il valore più elevato da oltre sette anni, il dato, però, è leggermente inferiore a quello comunicato in prima lettura (93,8 punti).

In crescita oltre le attese, sempre nel mese di novembre, le spese per consumi (+0,6%), mentre le vendite di nuove case sono scese dell’1,6% ai minimi degli ultimi quattro mesi.

E per concludere la Federal Reserve di Richmond rendeva noto il proprio indice salito a 7 punti, il mercato, però, si attendeva un dato ancora migliore (8 punti).

E concludiamo con il prezzo del petrolio, salito del 3,4% oltre i 57 dollari al barile mentre contemporaneamente il dollaro si è apprezzato nei confronti dell’euro scendendo per la prima volta dal gennaio 2012 sotto quota 1,22.

Ed ecco allora il quadro completo, con queste premesse non è sembrata esaltante la risposta del mercato e certamente risulta preoccupante il forte storno del comparto biotech che ha condizionato la performance del Nasdaq, il settore è cresciuto molto, quindi uno ritracciamento poteva anche starci, ma il timore che questo possa solo essere l’inizio di uno storno più generalizzato  è reale.

Dow Jones (+0,36%) ovviamente protagonisti i titoli del comparto petrolifero: Chevron (+1,71%), a seguire Coca Cola (+1,46%) ed E.I. Du Pont (+1,42%)

Male i farmaceutici, Merck (-2,97%), Johnson & Johnson (-2,30%) e Pfizer (-1,99%).

S&P500 (+0,17%) Massimo storico per Walgreen (+3,02%) che ha completamente superato lo choc del 6 agosto scorso, proseguono il loro recupero Apache Corp. (+2,65%) ed Occidental Petroleum (+2,61%)

Sul fondo Biogen (-4,69%), Amgen (-4,26%) ed Abbvie (-3,91%).

Nasdaq (-0,33%) ancora un record storico per Express Scripts (+4,31%), cercano perlomeno di non terminare l’anno sui minimi Vimpelcom (+3,34%) e Wynn Resorts (+2,85%)

Pesantissime vendite hanno penalizzato Celgene (-6,50%), Alexion Pharma (-4,93%) e Regeneron Pharma (-4,58%).

Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro


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