di Giuseppe Leuzzi. Il primo tentativo di inquadrare questo fenomeno novecentesco, l’opinione pubblica, che doveva sostantivare la democrazia come patrimonio dell’individuo, attraverso l’informazione diffusa, è un k.o., autoinflitto. Da parte di un giornalista influente e fondatore di giornali, “New Republic”. Le paort sono già fatte nell’introduzione: “Il mondo reale è insieme troppo grande e complesso, e troppo volatile per una conoscenza diretta”. La cognizione-acquisizione della sua realtà ognuno quindi se la fa col suo bagaglio mentale, soggettivo, prevenuto, e necessariamente limitato. E da solo anzi non ce la fa.
Lippmann, che sarà poi influente commentatore politico (suo è il conio di “guerra fredda”, e del concetto di “stereotipo”), era un democratico, collaboratore del presidente Wilson negli stessi mesi che scriveva questo “Public Opinion”, in qualità di capo ricercatore per i negoziati di pace che concludevano la guerra. Ma il fatto è che “viviamo nello stesso mondo, ma pensiamo e sentiamo in mondi diversi”. Senza per questo essere esclusi dai processi decisionali: il saggio di Lippmann è un’apologia del giornalismo, a cui delega la funzione di chiarire al pubblico i temi in discussione, e soprattutto di mettere in chiaro le azioni e i disegni del potere.
Lippmann condivideva l’illusione “pubblicistica, della openness, di Wilson. Ma conclude a una concezione mediata, anche elitistica contro le premesse (tecnica, autocratica), dell’opinione pubblica. Realistica, certo, e non idealistica.
L’opinione pubblica è giudizio e pregiudizio. Più questo che quello. Ed è una forma di difesa più che di conoscenza. Questo era vero quando Lippmann pubblicò la sua riflessione, nel 1922, al termpo delle ideologie montanti, ed è vero anche oggi, che l’opinione va allo sbando, senz a “linea” e senza argini.
Walter Lippmann, L’opinione pubblica, Donzelli, pp. XX-304, € 13
di Giuseppe Leuzzi. Il primo tentativo di inquadrare questo fenomeno novecentesco, l’opinione pubblica, che doveva sostantivare la democrazia come patrimonio dell’individuo, attraverso l’informazione diffusa, è un k.o., autoinflitto. Da parte di un giornalista influente e fondatore di giornali, “New Republic”. Le paort sono già fatte nell’introduzione: “Il mondo reale è insieme troppo grande e complesso, e troppo volatile per una conoscenza diretta”. La cognizione-acquisizione della sua realtà ognuno quindi se la fa col suo bagaglio mentale, soggettivo, prevenuto, e necessariamente limitato. E da solo anzi non ce la fa.
