Origine: USA
Anno: 1971
Durata: 111'
La trama (con parole mie): Joe Benham, partito per il fronte con i sogni e le speranze di un qualsiasi poco più che adolescente, a causa di un colpo di cannone sparato l'ultimo giorno della Prima Guerra Mondiale perde gambe, braccia, volto, vista, olfatto, udito e parola.
Confinato in un letto d'ospedale ed impossibilitato a comunicare con il mondo, che lo ritiene praticamente un vegetale, il ragazzo si trova a vagare con la mente ripercorrendo non soltanto la sua vita, ma anche quello che la stessa sarebbe stata se la guerra non gli avesse portato via tutto.
In questo stato di perenne esplorazione di se stesso, in bilico tra la disperazione e la speranza, Johnny cercherà con tutte le forze di trovare una via che lo riporti alla vita e alla convivenza con il resto degli esseri umani.
Questo post partecipa all'iniziativa War No More, sponsorizzata e vissuta dai blog indicati nella locandina creata per l'occasione.
Fin dai tempi in cui muovevo i primi passi nell'ambito della passione per il Cinema autoriale, cominciai a nutrire un profondo rispetto per Dalton Trumbo: negli anni del maccartismo e delle liste nere che segnarono probabilmente per sempre il mondo dello spettacolo e quello dorato di Hollywood, lo sceneggiatore e scrittore fu uno dei più irriducibili e bersagliati dal sistema, tanto da passare addirittura un periodo in carcere venendo di fatto bandito dai giri che contano fino al ripescaggio occorso per mano di Kubrick, che richiese la sua penna per Spartacus rilanciandone di fatto la carriera.
Alle spalle gli anni bui, Trumbo finì per mettersi al lavoro sull'adattamento cinematografico di quella che è la sua opera più nota, il meraviglioso romanzo E Johnny prese il fucile, manifesto contro la guerra avanti di ben più di un secolo fin dai tempi della sua pubblicazione, sul finire degli anni trenta, nonchè uno dei romanzi favoriti di tutti i tempi del sottoscritto: più antimilitarista che pacifista - di fatto, un anticipo di quello che avrebbe preso corpo progressivamente con l'obiezione di coscienza -, la pellicola che fu evento speciale al Festival di Cannes 1971 rappresentò di fatto una sfida per Trumbo, con ogni probabilità ben cosciente che la magia della pagina scritta non sarebbe stata comunque replicabile al cento per cento su grande schermo, che si affidò ad un approccio decisamente psichedelico in cui la fecero da padroni il confronto tra colore - legato ai sogni e alle speranze del protagonista - e bianco/nero- il presente della vicenda che segue il ritorno dalla guerra -, sfruttati per rendere al meglio e per immagini il dramma del protagonista ed il suo grido di aiuto e dolore all'indirizzo del mondo esterno, come essere umano e giovane dalla voglia di vivere strabordante smorzata improvvisamente da un colpo di cannone sparato nell'ultimo giorno di un conflitto che aveva già chiesto un pesantissimo tributo al mondo e simbolo di quello che non dovrebbe essere, di una manifestazione d'odio che spesso e volentieri finisce per assumere i connotati di qualcosa contro Natura, per quanto non si potrà probabilmente mai cancellare l'istinto predatorio insito nell'animo umano.
Mai - tranne, forse, con il Capolavoro La sottile linea rossa e Full metal jacket, di nuovo firmato dal Maestro Kubrick - un film tecnicamente di guerra è riuscito nell'intento di lanciare un monito di questa portata legato al rifiuto della stessa, reso ancora più dolente in patria dalle ferite lasciate, in quegli anni, dal conflitto in Vietnam, che lacerò un'intera generazione di ragazzi mandati letteralmente allo sbaraglio e tornati in patria senza alcuna prospettiva.
Il risultato è una pellicola potente e sentita, profondamente drammatica eppure con una traccia decisa di ironia - che probabilmente è stata, negli anni peggiori, la salvezza del vecchio Dalton -, capace di toccare il cuore pur non raggiungendo gli apici di lirismo del romanzo, purtroppo l'unica di Trumbo nelle vesti di uomo dietro la macchina da presa - fu in qualche modo un miracolo vederlo esordire come regista a sessantacinque anni suonati -, che segna uno dei punti più alti del Cinema di contestazione made in USA: che valga come monito rispetto all'assurdità della Guerra e dell'arruolamento non volontario o semplicemente come cult dei tempi - e non solo - E Johnny prese il fucile resta un affresco unico nel panorama del genere, ed una lezione di volontà, umanità e passione da parte di un autore che difese le sue idee allo stremo, così come il suo diritto di dire no.
Così come noi bloggers, in questi giorni, diciamo no ad una delle piaghe più antiche e terribili con le quali il genere umano finisce per fare i conti.
Per non avere altri Johnny.
Per non finire noi stessi come Johnny.
E perchè non lo finiscano i nostri figli.
MrFord
"C'era una volta un aeroplano
un militare americano
c'era una volta il gioco di un bambino.
E voglio i nomi di chi ha mentito
di chi ha parlato di una guerra giusta
io non le lancio più le vostre sante bombe,
bombe, bombe, bombe, BOMBE!"
Ligabue/Jovanotti/Piero Pelù - "Il mio nome è mai più" -