Su gentile invito dell’amico e collega blogger Kris Kelvin, amministratore di Solaris, partecipo anche io all’iniziativa “War No More”, lanciata nella Blogosfera come momento di riflessione sul dramma della guerra – purtroppo sempre attuale – in concomitanza con due date storiche, tragicamente importanti: ovvero il 28 Luglio – che nel 1914 segnò l’inizio della Prima guerra Mondiale – e il 6 Agosto, che nel 1945 registrò uno degli abomini peggiori della storia dell’umanità, l’utilizzo della bomba atomica.
Da un blog di Cinema, portare un messaggio attraverso i film è la scelta migliore.
L’opera di cui voglio parlarvi in questa occasione è “Gott Mit Uns”, film italiano diretto da Giuliano Montaldo nel 1969. Partendo da un fatto realmente accaduto, racconta la follia e la drammatica deriva della Seconda Guerra mondiale anche negli ultimi giorni del conflitto, quando anziché guardare alla pace e alla fine dell’odio e della distruzione, avevano ancora la meglio la prepotenza e il maledetto orgoglio dei nazisti sconfitti.
LA STORIA
Tra fine Aprile e inizio Maggio del 1945, in Europa, gli Alleati hanno costretto alla resa finale i tedeschi, che stanno ancora combattendo per una guerra ormai perduta. Intanto, il guardiamarina Bruno Grauber (Franco Nero) e il caporale Rainer Schültze (Larry Aubrey) hanno disertato e cercano di tornare a casa, con ogni mezzo possibile. Grauber è un militare esperto che però da tempo ha smesso di credere alla causa della Germania, lasciando la divisa, e ha convinto adesso Schültze a tentare l’impresa, tra pericoli e avversità, col rischio di venire scoperti sia dall’esercito tedesco in ritirata che dagli Alleati in avanzata. Dopo varie traversie, finiscono in un ex-campo di concentramento tedesco, occupato adesso dalle forze canadesi, che sostengono nella liberazione dell’Europa gli anglo-americani. Trovano un appoggio nel caporale Jelinek (Bud Spencer), l’addetto alle approvvigionamenti e ai rifornimenti di vario genere, che li prende come suoi “aiutanti” e trova loro un alloggio provvisorio. Ma all’interno del campo la situazione non è delle migliori: il capitano canadese Henry Miller (Richard Johnson) fatica a tenere sotto controllo la situazione, dato che i prigionieri tedeschi non collaborano e, guidati dall’intransigente colonnello Von Bleicher (Helmut Schneider) applicano al loro interno il codice di guerra per chi non rispetta le regole e la disciplina militare, con un atteggiamento di sfida nei confronti degli Alleati e punendo chi tra di loro volesse disertare. Quando vengono a conoscenza della presenza di Grauber e Schültze, pretendono e riescono a catturare i due, sottoponendoli a interrogatorio, condannandoli alla fucilazione per diserzione e rinchiudendoli in cella. I canadesi fanno poco o nulla per risolvere la situazione, ancora meno il capitano Miller che, dopo un duro confronto con Von Bleicher – durante il quale rifiuta di dare ai tedeschi le armi per eseguire la “sentenza” di morte – ottiene anzi delle pesanti proteste dai prigionieri, che riesce a placare solo con la forza. Proprio mentre è in visita al campo il generale canadese Snow (Michael Goldliffe), che annuncia a Miller una prossima promozione e gli ricorda che in guerra, e non solo, occorre rispettare anche gli ideali militari dei nemici, facendogli intuire che se i tedeschi hanno deciso per la fucilazione, così sia.
La mattina del 13 Maggio, cinque giorni dopo la resa della Germania e la fine della guerra in Europa, Miller, anche per ambizione e sperando di essere ben visto dai superiori rispettando il “consiglio” del generale, infrange il regolamento e consegna i fucili ai tedeschi. Grauber e Schültze, che per giorni hanno gridato disperatamente aiuto e si sono ribellati a una condanna assurda emessa da dei criminali – invasati dall’odio e dalla presunzione di affermare ancora una volta la propria autorità sebbene sconfitti – vengono così uccisi.
ALL’ALBA DEL QUINTO GIORNO
Non è mia abitudine raccontare per intero la trama di un film, ma in questo caso era necessario. Anche per poter renderci conto di come spesso la guerra, persino quando appare conclusa, continui invece a pervadere le menti, instillando in queste il seme dell’odio e del disprezzo verso gli uomini. E, peraltro, “Gott Mit Uns” è basato, come dicevo, su una storia vera, accaduta in un contesto del quale poco si conosce.
La fucilazione dei soldati Bruno Dorfer e Rainer Beck è stata eseguita in Olanda, proprio a cinque giorni dal termine del conflitto, in un campo che conteneva dei prigionieri tedeschi sotto il comando delle forze canadesi. Le quali si trovavano a dover gestire una situazione molto delicata, mostrandosi per lo più inadeguate a tale compito, permettendo ai militari della Wehrmacht di gestirsi da sé attraverso le proprie disposizioni, giungendo a conseguenze tragiche come in questo caso. Dal racconto di quei giorni il giornalista Andrea Barbato condusse un’inchiesta per approfondire il tema, e da qui Giuliano Montaldo, Ottavio Jemma e Lucio Battistrada presero spunto per scrivere la sceneggiatura del film.
Dalla pellicola possiamo trarre delle importanti riflessioni. Franco Nero e Larry Aubrey interpretano perfettamente i due protagonisti, Bruno e Rainer. Che in “Gott Mit Uns” hanno cognomi differenti dai due uomini realmente esistiti ma si pongono la stessa domanda: perché? Perché a guerra finita si può morire fucilati da un plotone che non dovrebbe esistere, giudicati da una consiglio militare durante un processo che non dovrebbe aver luogo, catturati da soldati prigionieri e rinchiusi dentro delle celle, trattati come delle bestie? Non si può dare una risposta, in realtà, perché quanto è stato non sarebbe mai dovuto accadere. Il film racconta, dunque, l’ennesimo drammatico paradosso di una tragedia senza precedenti e senza fine come è stata la Seconda guerra Mondiale. La frase “Gott Mit Uns”, ovvero “Dio è con Noi”, presente sui cinturoni dei militari della Wehrmacht, rappresenta, a mio parere, quale fosse la mentalità di quei soldati tedeschi, ancora, nel Maggio 1945: Dio è con loro soprattutto per potersi prendere la stessa autorità di una divinità, decidere sulla vita o sulla morte di un loro simile, guardando dall’alto verso il basso chi non seguiva alla lettera dei codici e delle regole, potendosi permettere di giudicare due disertori, che umanamente tentavano di tornare a casa, quando per la Germania non erano ormai che macerie e devastazione.
Giuliano Montaldo riesce, con estrema abilità, a raccontare la drammaticità della vicenda, una sequenza dopo l’altra, seguendo dapprima il percorso di Bruno e Raìner e il loro tentativo per tornare in Germania, tra paura e speranza; poi il momento della cattura e dell’inspiegabile prigionia; quindi la disperazione verso un destino tragico, ma ecco che qui il film si accentra più su quanto accade tra i militari, sia fra Miller e Von Bleicher che fra lo stesso capitano canadese e i suoi superiori. E proprio Miller è in fondo un ambizioso, che resta quasi deluso dalla fine del conflitto perché questo gli frenerà la scalata ai gradi più importanti, e per ottenere la fiducia del proprio generale non esiterà ad assecondare la volontà dei nazisti prigionieri del campo.
A scandire il film è la colonna sonora di Ennio Morricone, che ha composto delle marce dal tono militare e brani con effetti che richiamano i rumori di un campo di prigionia. Ma ha scritto anche uno dei temi più belli e celebri che il Maestro abbia mai realizzato, ovvero “Lontano”, che descrive la solitudine di Bruno e Rainer e la voglia di tornare alla propria vita. Negli anni successivi, Morricone arrangerà il pezzo anche in altre varianti, ed è ancora oggi uno dei principali momenti dei concerti che dirige pubblicamente, e fa parte praticamente di ogni raccolta a lui dedicata.
Qui di seguito, la versione integrale utilizzata in più momenti del film:
e qui la versione nuovamente arrangiata del 1974, che dà un tocco ancora più struggente al brano:
La Scheda del Film
“Gott Mit Uns” (Dio è con Noi), regia di Giuliano Montaldo – Italia 1969 – Drammatico, Guerra
attori e ruoli: Franco Nero (Bruno Grauber), Larry Aubrey (Rainer Schültze), Richard Johnson (cap. Henry Miller), Helmut Schneider (col. Von Bleicher), Bud Spencer (cpl. Jelinek), Michael Goldliffe (gen. Snow), Emilio Delle Piane (Gleason), Relja Basic (ten. George Romney), Renato Romano (serg. Malley), Enrico Ostermann (serg. Trevor), Osvaldo Ruggeri (Warner), T.P. McKenna (Nick), Graham Armitage (Mark), Sven Lasta (Bosch), Torello Angeli (s.ten. Vaschel), Demeter Bitenc (Brandt), Zlatko Madunic (Moller), Mato Grkovic, Jan Larsson, Rada Serbetasja, Ivan Angeli
Soggetto: Andrea Barbato da un fatto realmente accaduto
Sceneggiatura: Ottavio Jemma, Giuliano Montaldo, Lucio Battistrada
Montaggio: Franco Fraticelli; ass. montaggio: Adriana Benedetti
Fotografia: Silvano Ippoliti
Scenografia: Zeliko Senecic
Costumi: Raja Galoso
Ambientazioni: Ezio Frigerio
Musica: Ennio Morricone, diretta da Gianfranco Plenizio
Prodotto da Silvio Clementelli per Clesi Cinematografica (Roma), Jadran Film (Zagabria), colore Eastmancolor, durata 123′
Giuseppe Causarano
Il banner di “War No More”