Apriamo settembre con una recensione tardiva e inaspettata.
Ancor più, la apriamo con un film che mai avrei creduto di poter apprezzare. Invece è andata così: Warm Bodies, contestualizzato nel genere horror young adult/paranormal romance, è un discreto film. Ringrazio Lucia Patrizi per avermi messo la pulce nell’orecchio, viceversa non credo che lo avrei visto, nemmeno tra un trilione di anni.
R è uno zombie. Si chiama solo con la prima lettera di quello che era il suo nome perchè non riesce più a ricordarlo, la vita da morto vivente gli ha gradualmente prosciugato la memoria e tolto l’entusiasmo verso qualsiasi cosa che non siano i bisogni primari della sua razza: ciondolare e cibarsi dei cervelli dei pochi umani rimasti. In una razzìa di gruppo ai danni di alcuni ragazzi in cerca di medicine, R incontra July e ha un colpo di fulmine, il primo sentimento che prova nella sua vita da zombie. Peccato che July sia non solo viva, ma anche figlia del generale che guida la resistenza contro i morti viventi. (fonte: MyMovies)
Ho utilizzato questa sinossi, una delle più decenti tra le tante che si trovano in giro, per darvi il quadro generale della situazione.
Quindi abbiamo la zombie apocalypse, i sopravvissuti, una storia d’amore tra la bella umana e lo zombie.
Uno schema che si ripete all’infinito nel genere paranormal romance. Sostituite lo zombie con un vampiro, un demone, un licantropo, uno stregone: ai fini della storia cambia poco. Le trame si concentrano infatti sull’amore tra diversi e il mostro scelto di volta in volta è soltanto uno strumento di convenienza.
Con Warm Bodies abbiamo il medesimo canovaccio, ma narrato bene.
Innanzitutto i toni sono da commedia brillante. Nicolas Hoult è un bravo attore. Lo zombie che interpreta è ironico (ebbene sì), non fa affatto paura, ma nemmeno è un belloccio dal colore smorto che fa innamorare la belloccia di turno.
Ripeto ancora una volta che parliamo di un film young adult. Gli zombie sono (inizialmente) classici, ma non fanno molta paura. Unica eccezione sono gli Ossuti, morti viventi ridotti a scheletri, che non mantengono alcuna traccia di umanità. Attraverso la storia d’amore tra R e July – raccontata con una certa delicatezza e con sense of humor – assistiamo al riscatto sociale degli zombie, che improvvisamente (e in maniera molto, troppo repentina) scoprono di poter ancora provare dei sentimenti, di smettere di mangiare i vivi.
Warm Bodies può – con qualche sforzo – rientrare nella categoria di film che hanno cercato di evolvere la figura degli zombie dallo stereotipo romeriano a qualcosa di diverso. Scelta – questa – che farà inorridire i puristi. Una parte di me non può che dar loro ragione. Questo non è horror. Siamo proprio in un’altra categoria, del tutto derivativa, che nel 90% dei casi offre dei prodotti indegni.
Ma non questa volta.
Warm Bodies non è un film scemo; offre spunti di riflessione e qualche risata.
Poteva andarci peggio.
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(A.G. – Follow me on Twitter)