Qualche volta non diamo il giusto valore a quello che abbiamo davanti agli occhi tutti i giorni, non lo consideriamo più come qualcosa di speciale. Ci accade con le persone che abbiamo accanto, gli oggetti che usiamo abitualmente e i luoghi che frequentiamo più spesso.
Sono talvolta le piccole cose che ci fanno riaprire gli occhi. Sono spesso gli incontri inaspettati che rasserenano le nostre esistenze.
Al lavoro all’aperto (foto di repertorio)
Più o meno questo è quello che mi è capitato con questo piccolo tempio, Wat Pathumwanaram. Ci passo davanti almeno una volta al giorno, c’entro almeno una volta alla settimana, quando posso mi ci rifugio per lavorare o per mangiare il mio pranzo o anche solo per fuggire dal freddo glaciale dell’aria condizionata… Eppure solo oggi mi sono reso conto di come Wat Pathumwanaram sia diventato speciale per me.
Difficilmente qualcuno ve lo consiglierà fra i templi da visitare venendo qui a Bangkok. Alzi la mano chi in visita nella città degli angeli è entrato a Wat Pathumwanaram. Ve lo dico di cuore: non sapete cosa vi siete persi!!! Questo tempio buddista è in primo luogo facilissimo da raggiungere - si trova fra il centro commerciale di Paragon (fermata dello Skytrain-BTS Siam) e quello di Central World. Venne costruito nel 1857 per volere di Re Rama IV, a pochi anni dalla sua ascesa al trono, sul luogo dove originariamente venne costruita la sua residenza (Sra Pathum Palace).
Il complesso religioso si compone dal Phra Ubosot (sala principale dell’ordinazione e della preghiera) e il Vihan (sala secondaria ma altrettanto bella) entrambi decorati con bellissimi affreschi e statue e finemente rifiniti con stucchi in oro, pietre e specchietti in tipico stile tailandese; i 2 edifici sono separati da un Chedi candidamente dipinto di bianco, dove sono conservate le reliquie sacre (ma non chiedetemi quali che ancora non lo so).
Chedi - parola thailandese per stupa o pagoda -con alle spalle l’edificio dove lavoro
Una lunga premessa - così ho fatto pubblicità ad un monumento di Bangkok per il quale non si paga neppure il biglietto d’ingresso. Una premessa per dire che anche un qualcosa di semplice può nascondere delle bellezze inaspettate e non mi riferisco solamente agli edifici e alle sue statue. Siamo in in Thailandia e un incontro casuale, una chiacchiera con uno sconosciuto, può rivelarsi illuminante.
Giovane novizio
La bellezza che si cela fra le mura di Wat Pathumwanaram sono i suoi monaci, figure più o meno esili che solitamente si aggirano a piedi nudi indaffarati evitando il contatto con gli estranei. Molti, ma non tutti. Ho appena trascorso un’ora intera a filosofeggiare con un perfetto sconosciuto. Sarei stato tutto il giorno ad ascoltarlo. Un giovane tailandese che da 13 anni dedica la sua vita a diffondere il buddismo in Nuova Zelanda. Un monaco dalla voce pacata al quale ho potuto chiedere tutto quello che mi passava per la testa.
Dopo aver parlato del più più e del meno ha iniziato una sorta di catechesi in versione “Bignami”. Partendo dai “precetti buddisti”, che non sono comandamenti, non sono imposizioni, sono i suggerimenti che se perseguiti ci daranno la serenità nell’esistenza, ci preserveranno dallo stress facendoci vivere in armonia con quello che ci circonda fino ad arrivare al Nirvana (concettone… non pretenderete mica che ve lo spieghi in 2 parole, vero?). Ma quanti sono? SOLO 5 per noi laici… ben 227 per i monaci. E nel parlarne ha usato astenersi (mica il brusco NON):
- astenersi dall’uccidere e dal far del male agli esseri viventi
- astenersi dal rubare e dal prendere il non dato
- astenersi dall’avere una condotta sessuale irresponsabile
- astenersi dal mentire, dall’offendere, dai pettegolezzi e dalle calunnie
- astenersi dall’abuso di sostanze inebrianti come l’alcol o droghe fino ad avere comportamenti negligenti.
In realtà niente di trascendentale ma vi paresse poco! Ovvi il passo fra il non uccidere e la dieta vegetariana il passo è stato breve: sfatiamo il fatto che i monaci buddisti siano tutti vegetariani! Non so perché lo pensavo convintamente. No… si astengono in modo assoluto da certe carni (cane, serpente, gatto, elefante e ratto) e non uccidono per procurarsi da mangiare. Considerano l’abuso di carne (come tutti gli abusi) dannoso per il corpo e, per non entrare in uno stato di sofferenza, non si domandano mai cosa stanno mangiando. Da Siddhartha Guatama in poi la tradizione tramanda le quattro nobili verità (vivere è soffrire, il soffrire è causato dal desiderio, la sofferenza può finire quando si eliminano le passioni, le passioni si eliminano percorrendo il nobile sentiero) che non sono una religione ma un modo di vivere che può conciliarsi con qualsiasi religione. E poi…
Gli sciocchi aspettano il giorno fortunato, ma ogni giorno è fortunato per chi sa darsi da fare.
Buddha
Buddha sdraiato a Wat Pho
Nota: su Minube avevo già parlato di Wat Pathumwanaram.
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