Al Santamaria è un genio. A quattro anni già legge, scrive e parla meglio di sua sorella più grande. Il suo mondo è la sua famiglia. Per lui è perfetta. Stanno insieme, ridono, giocano. La madre Agnese è bellissima e fa i ciambelloni più buoni del mondo, il padre Mario Elvis è divertente, fissato con Elvis, appunto, ed è un astronauta travestito da autista di bus. Al passa i giorni a godere di questo guscio caldo e, essendo più intelligente di tutti gli altri, a fare progetti per salvare il mondo, ma visto che è difficile farlo tutto insieme, capisce che bisogna cominciare casa per casa e quindi parte dalla sua famiglia. E questo progetto di perfezione e salvezza impegnerà Al praticamente per tutta la vita.
è un libro che fa ridere, fa commuovere, fa riflettere e insegna. E che, per questo, amerete.
Fa ridere perché le avventure di Al, il suo punto di vista, la sua ironia, la sua intelligenza mettono insieme una serie di battute, scene, teatrini da piegarsi in due ogni volta. Fa commuovere perché, ben nascosto dietro il brillante e divertente Al e la sua energica famiglia c'è un dramma che viene fuori a poco a poco. E non posso dire di più, perché sennò vi svelo troppo.
Fa riflettere dal punto di vista sociale, perché, come appunto dice Al,"c'è stato un boom economico e la famiglia Santamaria nemmeno se n'è accorta". Ci parla, in maniera diretta della condizione degli italiani degli ultimi 40 anni, del "boom" e di quanto effettivamente abbia toccato le persone 'normali', quelle oneste, quelle che cantano in macchina con i figli, che giocano con loro e che hanno come più grande aspirazione quella di dare loro un tetto sopra la testa che non sia in affitto. Fa riflettere dal punto di vista dei sentimenti, di come certi rapporti, quelli tra fratello e sorella, per esempio, siano inevitabili, ristoratori, incomprensibili e vitali. Al e Vittoria sono 'la' famiglia. Quello che Vittoria fa per Al, l'accettazione, la leggerezza con cui gli permette di vivere, assecondandolo ma proteggendolo, è uno dei regali più grandi che un fratello possa fare a un altro.
E ci insegna anche che certi sentimenti che noi sentiamo come complicati in realtà sono semplici; la spiegazione dell'amore di Al è una vera e propria lezione di vita, in tutta la sua tenera semplicità: "Significa che non ho dubbi, che tutte le domande hanno la stessa risposta. Chi voglio? Te. Cosa voglio fare? Te. Dove voglio andare? Te. Cosa voglio mangiare? Te".
We are family ci insegna anche a ritornare un po' bambini, come Al, che bambino lo sarà per sempre. Ci insegna che 'famiglia' è dove ci sono le persone che ami e che 'giocano' e lottano insieme a te; che la casa promessa è un posto nel cuore, indipendentemente dalla catapecchia dove andrai a vivere. We are family ci insegna a credere anche un po' di più nei sogni, e che è possibile 'costruirsi' pezzo dopo pezzo, con determinazione e un pizzico di follia, nonostante tutto sembri remare contro. Se la causa è giusta, almeno per noi, niente dovrebbe fermarci.
È un libro che si legge velocemente, nonostante la densità e le emozioni che suscita. È un libro veramente divertente che può essere apprezzato anche da chi lettore forte non è. Fabio Bartolomei è uno scrittore che sa quello che fa, dosa bene dramma e divertimento e, davvero, scrive benissimo. È un vero piacere leggerlo. Di lui avevo già letto e apprezzato Giulia 1300 e altri miracoli e La banda degli invisibili, ma, forse per questo mio preciso momento storico, We are family è quello che tra i tre mi è piaciuto di più.
Per chi ha dei fratelli e non ha capito quanto sono fondamentali; per chi non ce li ha, ma è circondato da persone che potrebbero tranquillamente esserlo; per quelli che si sono impantanati nel cercare di realizzare i propri sogni. Per quelli che si complicano la vita, crescendo. E per quelli che si sentono un po' diversi, perché non hanno perso la spontaneità infantile e la leggerezza, nonostante il mondo intorno a noi faccia in modo che sembri una cosa brutta.