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Sulla falsa riga de "L'Odio" di Kassovitz, anche Schütter, per narrare i suoi fatti, si affida all'eleganza della fotografia in bianco e nero e a una serie di protagonisti adolescenti che, più per divertimento e hobby che per idealismo, abbracciano l'ideologia del nazismo come respiro ossigenante di un paese che ancora fatica a guarire da una dittatura che, perlomeno dicono alcuni, era in grado di fornire delle certezze positive e benefiche ora irrintracciabili. Secondo una delle ragazze del branco infatti, la libertà porta alla solitudine, mentre sotto il comando di Hitler, nonostante le aspettative fossero basse, esisteva almeno la certezza di restare tutti quanti uniti. E questo è solo uno dei tanti pensieri confusi che si danno il cambio nel corso delle due lunghe ore in cui "We Are Young. We Are Strong" tenta di tracciare un profilo per individuare come mai, il chiodo del nazismo, riecheggi ancora nelle menti di alcuni tedeschi fermamente convinti che la dittatura (intesa anche come comportamento umano) e la violenza siano le uniche vie da intraprendere per portare avanti un paese a la sua crescita.
Tuttavia una risposta concreta a questo cruccio Schütter non riesce ad elaborarla. Ci prova, ogni tanto tenta di dire la sua, ma preferisce entrare nella realtà oggettiva di qualcosa che comunque sarà sempre presente perché esistita e tramandabile (forse sempre meno) di generazione in generazione. La speranza però fortunatamente c'è, e risiede in quella parte della popolazione più sensibile e intelligente, che pensa con la sua testa prima di decidere di agire o meno con la massa, quella disposta a mandar giù bocconi amari affinché il peggio - tribolato in passato - non venga riesumato e torni in auge. Motivo per il quale allora i punti di vista di "We Are Young. We Are Strong", decidono di ampliarsi e di coinvolgere anche un politico democratico (padre di uno dei ragazzi) e una vietnamita sicura dei suoi diritti e determinata a non lasciarsi spaventare dalle continue minacce che spesso per strada gli capita di ricevere: due figure importantissime che, seppur messe in secondo piano in termini di presenza scenica, non smettono di far sentire la loro voce all'interno di quel chiasso generale dall'eco stonato.Dimostra così di essere un regista attento e preciso, Schütter, che oltre a conoscere e a prendere sul serio un tema delicatissimo come quello che tratta è in grado di fare lo stesso anche con lo strumento che utilizza: come quando nel finale guerresco decide di ridare colore alla sua pellicola restituendo una verità più marcata rispetto a quella del bianco e nero.
Per tutti questi motivi, e per altri ancora, "We Are Young. We Are Strong" merita quindi di non passare inosservato, di essere visto e apprezzato. Poiché trattasi di un opera di grande potenza, rilevanza e bellezza.
Trailer:NON DISPONIBILE
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