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Web Wars made in China, + un libro per capire come funzionano i media cinesi

Creato il 08 gennaio 2011 da Milleorienti

La Grande Muraglia Informatica cinese diventa ancora più alta? Dopo le tensioni con Google – che ha spostato i server a Hong Kong – e dopo aver messo nel Web Wars made in China, + un libro per capire come funzionano i media cinesimirino Facebook e You Tube, in Cina ora si annunciano grossi guai per Skype. Secondo lo Shanghai Daily ( citato qui) il Ministero dell’Industria e dell’Information Technology di Pechino ha fatto sapere che i servizi di telefonia da computer e tablet saranno presto illegali, anche se non ha ancora rivelato quando entreranno in vigore le norme che li metteranno fuorilegge. Un settore, quello del VoIP (Voice over Internet Protocol) di cui notoriamente è leader Skype e che potrà venire pesantemente danneggiato in Cina – dove questi servizi sono ampiamente utilizzati – a favore invece delle compagnie China Telecom e China Unicom.
Questa ennesima puntata delle Web Wars made in China non ha mancato di provocare numerose polemiche nella stessa web community cinese, cui risulta ancora più stridente il contrasto con la realtà americana, dove è stata recentemente approvata la regolamentazione della neutralità della Rete.

Tali notizie ripropongono con forza interrogativi su una realtà, quella dei media cinesi,  ancora troppo poco conosciuta in Occidente: come funziona oggi il

Web Wars made in China, + un libro per capire come funzionano i media cinesi
sistema mediatico cinese? Qual è al suo interno il peso dei new media? A quali restrizioni sono soggetti oggi i mass media cinesi e quali sono invece le loro potenzialità di sviluppo?
A questi e altri interrogativi sulla materia cerca di dare risposte un libro di grande interesse e qualità: Media in Cina oggi. Testimonianze e orientamenti, a cura della giornalista e sinologa Emma Lupano (Franco Angeli editore, 2010, pp.190, euro 21). Il volume nasce da un convegno internazionale promosso dal  Conteporary Asia Research Centre dell’Università degli Studi di Milano e dal China Media Observatory dell’Università della Svizzera Italiana. La quarta di copertina del libro sottolinea la complessità di una situazione in rapida evoluzione:


«In occidente se ne parla quasi solo a proposito di censura. Eppure negli ultimi trent’anni i mezzi di comunicazione cinesi hanno subito una mutazione importante, dalle conseguenze potenzialmente dirompenti. In che direzione stanno viaggiando i media cinesi? Quale tendenza prevarrà tra apertura e controllo?»

Per avere un’idea dell’evoluzione in corso partiamo dal più classico dei media, la carta stampata.  Alessandra Lavagnino (direttrice dell’Istituto Confucio di Milano) nella sua analisi su Informazione e stampa nella Cina delle riforme: un quadro generale cita un dato molto significativo:  «Nel 1970, nel pieno della Rivoluzione Culturale, erano rimaste solo 21 le pubblicazioni periodiche riconosciute dall’Ufficio Nazionale Cinese di Statistica….(mentre) nel 2007 ne vengono elencate 9468» (p.56). Tutte sotto ferreo e omogeneo controllo del Partito?La realtà è molto più complessa…e sorprendente. Come testimonia anche l’analisi di Giuseppe Richeri su Internet in Cina: «A metà del 2009 gli utenti internet in Cina, secondo le stime ufficiali, erano 338 milioni, con una crescita del 33,6% negli ultimi 12 mesi e una penetrazione del 25,5% sulla popolazione totale» (p. 78); ma, osserva più oltre Richeri, «i controlli e la censura ‘politica e culturale’ non rappresentano, secondo una ricerca della Markle Foundation, la maggiore preoccupazione della maggior parte degli utenti di internet. L’87% ritiene che sia necessario controllare prima di tutto i contenuti pornografici, l’86% i contenuti violenti, l’83% gli spam, il 66% la pubblicità, il 50% i giochi online. Più in generale la principale preoccupazione che emerge riguarda la quantità di contenuti inutili, negativi, pericolosi e la vasta gamma di imbrogli che si realizzano attraverso internet» (p. 83).
Molto ci sarebbe da discutere su ciò che questi dati dicono e su ciò che “non” dicono, così come molto ci sarebbe da soffermarsi sui cambiamenti del mondo della comunicazione televisiva, sottolineati da Chwen Chwen Chen nel suo intervento su L’evoluzione del mercato televisivo cinese e da Cinzia Colapinto su L’internazionalizzazione della televisione in Cina. Ma un’analisi di tutti i contenuti di questo originale e attualissimo volume esula dalle possibilità di un post su un blog. Pertanto vi invito a leggere il libro, cari amici di MilleOrienti, e il mio invito è particolarmente rivolto a quelli fra voi che fanno i giornalisti. Ricordando che la risposta alla domanda posta nella quarta di copertina – Quale tendenza prevarrà tra apertura e controllo? – non è affatto scontata.



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