Weekend

Creato il 23 settembre 2015 da Eraserhead
C’è una scrittura forte dietro a Weekend (2011), prodotto semplice (ma anche raffinato) il cui movimento è trasportato nel continuo confronto fra due uomini, ovviamente diversi, che incontrandosi in un lembo temporale brevissimo partoriscono l’albeggiare una relazione fatta di titubanze e indecisioni ma inverata da una partenza imminente che dilata il tempo e accelera i sentimenti: due giorni come due anni o due secoli, Glen e Russell sulla soglia del turbine, vederli lì – davvero – venirsi incontro, incastrare i caratteri, provare a smussare gli spigoli. E poi, appunto, la scrittura. Perché ammettiamolo, il film di Andrew Haigh, emergente regista britannico che vanta collaborazioni prestigiose in passato (Ridley Scott!), ha uno scheletro omologo al 90% delle pellicole sentimentali; la conoscenza, prima fisica e poi intima, l’innamoramento e la conseguente nonché inevitabile rottura sono i capisaldi del genere e Haigh non si preoccupa di apportare alcuna modifica alla struttura, ciò che invece appare chiaramente come il suo obiettivo da raggiungere (che, per chi scrive, viene raggiunto) è il pronunciarsi sull’omosessualità da dentro l’omosessualità senza far uso di cliché stantii e senza naufragare in una apologia magniloquente del tema, bensì ancorandosi alla vita che nasce di una coppia gay, raccontandoli, l’uno e l’altro, così come sono in maniera accattivante, con anche (evviva) un po’ di autoironia e di ironia tout court che di certo non guastano, infiltrandosi nei loro passati e nei loro presenti, un po’ nostalgici per entrambi con il tic che li accomuna di annotare le avventure amorose vissute e poi, inevitabilmente, svanite.
C’è laparola come assunto in Weekend. Ci sono parole, tante, che modellano due sfere concentriche come l’amore omosessuale in privato e il suddetto calato nella realtà sociale. Ci sono, è il caso di dirlo, due interpreti eccellenti (Tom Cullen e Chris New) che incarnano due modi di vivere il proprio orientamento sessuale in maniera inversa, e dalle frequenti conversazioni fra Russell e Glen emergono punti di vista che creano un dialogo capace di superare il mondo-intimità appena generato, gli alterchi, le carezze, le diatribe, le tenerezze, per giungere ad una interrogazione leale sull’identità omo nella contemporaneità; tale ricerca nel suo svolgersi assume connotati divergenti come lo sono le personalità dei protagonisti (uno pacato, l’altro risoluto, uno mimetizzato, l’altro scoperto, uno è conforme l’altro è rivoluzione) la cui fusione di appena quarantotto ore secerne una chiosa che ha nell’uguaglianza il suo contenuto, perché il tramonto su una città, le luci spente di un palazzo, e un bacio tra due persone vicino alla finestra non cambiano: non esistono crepuscoli etero e crepuscoli gay, le differenze stanno nella cultura e non nella natura.

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