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Weekend - Recensione

Creato il 09 marzo 2016 da Lightman

Con Weekend, il regista britannico Andrew Haigh firma un'analisi intensa e genuina sullo stato dell'amore e dell'innamoramento, vissuti all'interno di condizionamenti di spazio e tempo. Opera che veicola grandi valori di equità sociale ed emotiva.

Weekend - Recensione

Dopo un salto a casa degli amici di sempre, Russell ( Tom Cullen) abbandona anzitempo la compagnia per tornare a casa. Ma in realtà non ne ha voglia. Invece, la sua necessità di evasione e avventura lo spingono a entrare in un locale notturno dove, poco dopo, incontra Glen ( Chris New). Una serata come tante che si trasforma però subito in qualcosa di diverso, speciale, regalando ai due ragazzi il tempo di un Weekend per conoscersi, concedersi, lentamente amarsi e capirsi. Dal risveglio insieme a tutto ciò che seguirà in quelle 48 ore, Russell e Glen vivranno passione, emozione, e sentimento, tutti stadi emozionali che sia costretti nella dimensione di un attimo o proiettati nella lunghezza di una vita, hanno sempre la stessa genesi e contemplano sempre la stessa trepidazione, energia, paura. I momenti clou dell'innamoramento che qui si sommano all'elemento di un coming out sommesso, interiore, manifestato attraverso la complicità e la fiducia messe in risalto proprio e soprattutto da quel sentimento in divenire.

Before Monday

Weekend - Recensione

Con il suo Before Sunrise e seguiti, Richard Linklater ha fatto scuola nel campo degli incontri 'di fulmine', proiettati nel potenziale di qualcosa di speciale e poi interrotti dalla realtà che avanza, la cronologia preordinata e preimpostata delle vite. Eppure, in quell'attimo che si coglie e si è capaci di cogliere prima che l'alba o il lunedì (o qualunque "ora X") sopraggiunga, risiede tutto il romanticismo di un incontro speciale, vissuto nella fugacità del momento ma con l'intensità del sempre, dell'infinito, quello di norma accordato al sentimento amoroso. Con il suo Weekend, invece, Andrew Haigh rielabora il disegno di questa idea alla realtà più introversa, condizionata, di un incontro tra due uomini in un piccolo sobborgo inglese, pieno (come tante, troppe altre realtà) di pregiudizi e mala-accettazione. Dal 'rimorchio' in un locale omosessuale, al risveglio con un caffè versato in tazza del mercatino dell'usato, tutto qui ha la dimensione raccolta, silenziosa di un appartamento di periferia che diventa il luogo raro, unico dove vivere in libertà la propria identità, e sessualità. Un luogo dove oltre i cui confini (la finestra o la porta), fa subito capolino una realtà di strada sgradevole, ostile, mai conciliante. E infatti la paura di rivelare e rivelarsi, all'altro così come all'intero mondo circostante, fa qui da collante e da 'tono' alla realtà estemporanea dell'incontro stesso. Meno romantico e ben più empirico delle pellicole di Linklater, Weekend rielabora attraverso quella fotografia da cinema sociale inglese (la British New Wave) e l'asprezza contestualizzante dei dialoghi, il discorso sull'accettazione, sulla bellezza di un incontro da " farfalle nello stomaco" associata al dolore di un tempo che scorre ignaro e incurante di quell'imprevisto, uno sliding doors che potrebbe anche rimettere in gioco le carte del destino, regalando una chance di 'luce' in più. Isolando il romanticismo per preferirgli invece la luce del naturalismo, dove il peso delle frustrazioni, delle paure inespresse e potenziali è tutto in emersione, Haigh inizia con Weekend (sua opera prima datata 2011, ma ripescata dalla distribuzione solo ora sull'onda del successo di 45 anni) il discorso sui resoconti della vita, che rappresentano qui lo stadio preventivo delle evoluzioni e involuzioni relazionali affrontate, appunto, nel film successivo. Due toni e due film diversi che cavalcano in qualche modo lo stesso quid di base così come un'analisi fresca e genuina sull'armonia (e disarmonia) sentimentali. Quanto valgono, in fondo, il momento (o la vita) di un amore?

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