Magazine Cinema
Quando Erica (e chi altri?) del Bollalmanacco ha proposto a noi blogger una doverosa giornata in memoria di Wes Craven, non ho avuto dubbi che avrei approfittato dell'occasione per vedere finalmente un film da cui fino a grossomodo un paio d'ore fa scappavo disperata agitando scenicamente le braccia in aria.
E avevo ragione a scappare, maledetti che siete, avevo ragione io.
Perché Craven è (era, sob, mi riesce difficile il pensiero di dover sistemare tutti i verbi) uno stronzetto. E sappiamo bene che tali appellativi, se pronunciati da qualcuno che ama un certo genere, diventano dei complimenti.
Date in mano ad uno stronzetto l'argomento che più mi sconvolge e il risultato sarà The last house on the left.
Mari (questa non solo si chiama come me, ma c'ha dei capelli pari ai miei, io voglio morire) e la sua amica Phyllis incontrano il giovane Junior, al quale chiedono un po' d'erba. Junior, però, è parte di una banda decisamente poco raccomandabile con la quale le due ragazze dovranno fare i conti.
Non entro nello specifico, con la trama, perché suppongo che tutti quanti la conosciate nel dettaglio. Se la conoscete ma ancora non avete il visto il film, come era successo a me, non sperate di uscirne indenni solo perché già sapete gli eventi, non c'è scampo.
E non sperate nemmeno di nascondervi dietro ai banalissimi 'Eh ma tecnicamente insomma fa un po' piangere!', oppure 'Sì va beh ma che filmetto mediocre!'.
Balle.
Cioè no, non sono balle, è vero che si tratta un lavoretto pseudo amatoriale e che i virtuosismi tecnici vivono altrove. Qui abbiamo peni staccati a morsi, nomi incisi sul petto come se si stesse marchiando il territorio...e io ho visto solo la versione tagliata.
Il punto però non è questo: è che non ce ne frega niente, perchè a fine visione avremo più o meno la sensazione di essere stati investiti da un autobus. O proprio da un treno merci. Se a fine visione ci arriviamo, il che non è assolutamente scontato dal momento che si parla di violenza sessuale. E io con la violenza sessuale non ce la faccio. Non so se sia legato al mio essere femmina, ma spero di no, è solo che non le riesco a guardare, le scene di stupro, mi lasciano devastata, come un animale ferito che si lecca le ferite in un angolo. Non mi importa se, come ci ricorda la locandina, è solo un film, se l'attrice in questione non sta davvero subendo violenza.
Quella ripugnante bocca sbavante, quegli occhi rovesciati all'indietro, io so che mi tortureranno a lungo. E so che tu, Wes, sarai lì a gongolare, vedendomi così scossa. Quanto ti ci vedo, soddisfatto del tuo lavoro.
Non sono stata l'unica a ricordare Craven, oggi, leggete un po' cosa ne dicono loro:
Il Bollalmanacco di Cinema
Non c'è paragone
Scrivenny
Combinazione Casuale
White Russian
Cinquecentofilminsieme
Pensieri cannibali
In central perk
Il zinefilo
Director's cult
Montecristo