Si dice che spesso i grandi geni e gli artisti senza tempo siano figli di situazioni e scelte in cui si è preferito rischiare qualcosa invece che compiere l’azione più pratica e ragionevole.
In musica, il caso più celebre è forse quello di Django Reinhardt, che invece che arrendersi alle conseguenze di un incendio che divorò la sua roulotte e gli causò una menomazione alla mano sinistra che sarebbe stata ritenuta invalidante al proseguio dell’attività musicale da qualsiasi persona (l’anulare e il mignolo furono saldati insieme dalla cicatrizzazione) ma non da lui, che realizzò così quel jazz manouche che fece storia e che lo rese una leggenda assoluta
Una storia meno nota ma altrettanto genuina è quella di Wes Montgomery, che quando mise le mani (anzi il suo pollice) sulla sua prima chitarra semiacustica, rivoluzionò per sempre la chitarra jazz. La leggenda vuole che l’allora musicista part time Wes poteva suonare la chitarra solo al rientro dal suo lavoro di operaio. Purtroppo l’orario residuo a disposizione era quello notturno, il più sbagliato per riuscire a suonare senza incorrere nelle lamentele del vicinato. Wes, per poter contemporaneamente suonare e avere buoni rapporti con tutti, si sbarazzò del plettro e imparò a suonare la chitarra utilizzando solo il pollice della mano destra e sviluppando così una completa padronanza e un tocco ammaliante, felpato e, appunto, notturno.
Ecco in una canzone tutto Wes Montgomery e come è possibile immaginare, in musica, un Humphrey Bogart stanco, solo ed inquieto che percorre lentamente una strada secondaria della West Coast, alla ricerca di una risposta all’ennesimo enigma della notte o alla propria spontanea irrequietezza.
Come testimonia questa canzone e l’album da cui è tratto, “Tequila” (1966, con una cover di Yesterday da sciogliere l’ascoltatore in un oceano di morbidezza), dal singolo episodio narrato in poi, Wes Montgomery divenne un chitarrista di fama imperitura e pubblicò una ventina abbondante di dischi in pochi anni, in cui ha lasciato una impronta indelebile nell’interpretare la chitarra elettrica attraverso uno stile elegante e composto d’improvvisare e quel “gioco delle ottave” che è il suo marchio di fabbrica più studiato nelle scuole di musica a venire.
Bumpin’ On Sunset è un brano da brividi, di cui esiste una altrettanto irresistibile cover di Brian Auger in “Live at the Oblivion” del 1974, la registrazione su vinile di un suo concerto al celebre Whiskey a Go Go di Hollywood, che vanta un Hammond costantemente in primo piano e uno sviluppo musicale sensazionale, in cui questo nostro Humphrey Bogart immaginario approda finalmente in un locale notturno isolato e mondano, ed immerge ogni amarezza tra un cocktail, una sigaretta e una visione furtiva di donna.
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