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E non è di certo perchè io guadagni centinaia di migliaia di pounds al mese, ma solo perchè sorella Petulans ha gentilmente acconsentito a darmi asilo nel suo appartamento.
Chelsea è il cuore pulsante della Londra bene: qui potrete trovare mammine alte, magre e alla moda (una versione albionica delle MA.FI italiane, insomma) che vanno a mangiare con le amiche a pranzo fuori scolandosi bottiglie di champagne, in compagnia di passeggini con dentro chiassosi e biondissimi bambini, che vengono lasciati a correre nel pub come piccoli demoni viziati; anziani facenti parte della camera dei Lord che la mattina presto vanno a fare footing nel parco; anziane signore dell'aristocrazia britannica che passeggiano cani altolocati che fanno pupù solo nelle toilette per cani; papini bell'imbusti lavoratori nella City che possiedono esemplari di Ferrari e Porsche, vestiti inamidatissimi e mocassini scintillanti.
E' in questo quartiere che risiedono i cani più fortunati di tutta la gelida Albion: pettinati, profumati, vestiti, viziati con ciotole d'acqua "con due cubetti di ghiaccio dentro. A Rupert l'acqua piace fresca." "Ma vuole un bicchiere per suo figlio?" "Ma RUPERT è il mio cane."
Era il cane, Rupert, capito? E io che pensavo fosse il bambino.
Splendidi cagnolini che passano la domenica al pub ad alitare e puntare piatti di gentili clienti, mentre i loro padroni leggono la rassegna stampa del giorno, invitando i Rupert del caso (sia Rupert un piccolo esemplare di maltese tutto profumato, un minuscolo e isterico Chihuahua o un grande, gigantesco alano) a sedere sui divani.
Cagnolini che vengono portati a correre insieme agli altri amici cani al parco da amorevoli dog-sitter, che li fanno saltellare e cacare, prima di compiere il duro lavoro del cane di Chelsea: passare la domenica al pub sdraiato sul divano leccacciando stancamente ciotole d'acqua con cubetti di ghiaccio.
Beati siano i cani di Chelsea.
Nella prossima vita voglio essere un maltese, e abitare a Chelsea.
E nella ciotola ci voglio pure l'oliva. E un po' di Martini bianco.
Chelsea è anche il quartiere dove risiedono le ragazze più bionde, alte e magre di tutta Albione. E i ragazzi più alti, fisicati e capelloni di tutta Albione.
E' qui che abitano gli Sloaney Ponies: i fighetti made in Uk.
Gli Sloaney Ponies (nome che deriva dalla piazza del ridente quartiere, chiamata Sloane Square) sono tutti dei gran pezzi di fichi, fondamentalmente.
Fichi con una smisurata passione per il mocassino a ciabbatta color marrone merda. Fiche con una smisurata passione per ballerine senza calze.
I ragazzi mi indossano jeans extra small, le ragazze, che sono anche proprietarie di stacchi di coscia mica indifferenti, tutte leggings e pantaloncino-ino-ino.
La vita dello Sloaney Pony è difficile e dura quasi quella dei cani posh di Chelsea: se non sono nelle loro costose università, si rintanano nei pub a bere Bloody Mary e Vodka lime e soda, e bottiglie di vino rosso di cui ignorano qualsiasi cosa. Pure che sia rosso.
"Ciao, una bottiglia di Pino con due bicchieri."
"Pinot grigio o Pinot Noir?"
"Mah, è uguale."
Allora se vai sempre dritto fuori sulla sinistra trovi un pino, verde. Che secondo me te la differenza tra un Pinot Noir e della resina mica la noti.
Se non passano la vita al pub, soprattutto le ragazze, passano la vita a fare shopping. Che vita grama.
Le Sloaney Ponies non hanno alcun problema finanziario, quello era chiaro fin dall'inizio. Giusto?
Le Sloaney Ponies, se lavorano, hanno di solito i lavori più fichi dell'universo intero: tirocini pagati alla BBC, internship di 3 mesi da Karl Lagerfeld pagati, stage in studi di avvocati che nemmeno Her Majesty si potrebbe permettere, tirocini al Times anche se non sanno nemmeno che cos'è il Times.
E uno si chiede, ma come fai, Sloaney Pony? Che poi al pub parli solo di culi da rassodare e locali e Jagermeister e Redbull? Come cazzo fai?
Sarà lo stacco di coscia. O il doppio cognome, altro segno di riconoscimento della figa UK.
O il tuo nome: Pilippah detta Pippah, Annabella detta Bella, Rebecca detta Bekks, Georgina detta G.
Come fai a dire di no ad una che si presenta e ti dice: "Hello, my name is Philippa Digby-Dubrois-Fenton?"
Alla faccia dei nostri Rossi, Bianchi e Esposito. E alla faccia mia, che mi vanto di avere il secondo cognome più lungo d'Italia.
La Pippah, in questo caso, mi fa una pippah nel vero senso della parola.
I ragazzi invece non fanno shopping, si danno allo sport: corsette, tennis, bicicletta, calcio con gli amici.
Di solito lavorano in banca, e ogni volta ti tengono li un tre quarti d'ora a rispolverarti le filiali delle banche a Londra: "Lavoro in HSBC" "Lavoro in Barclays" "Lavoro in LLoyd". Oppure lavorano nelle multinazionali del caso, e hanno iniziato a lavorare appena usciti dall'università, a 21 anni, primo colloquio, bam! Assunto in Johnson&Johnson, reparto finanza, molte molte sterline sul conto corrente.
Loro sono quelli che sbattono le carte di credito sul bancone, e hanno quel modo così irritante, con un pizzico di sufficienza, di parlare con chi non lavora in banca-da Karl Lagerfeld- non si chiama Pippah Sti-grandissimi-cazziemazzi.
Poi arriva il venerdì, weekend: litri e litri di alcool, sigarette, un po' di droga, limoni in discoteca.
E il Kensington Roof Gardens. Dove sono andata anche io, questo venerdì.
A fare la posh squattrinata.
Ah, il Kensington Roof Gardens, dove uno shot di tequila costa 10 pounds, un cocktail 14, una birra 6. Il paradiso dello Sloaney Pony: erano ovunque. Una massa ballante e ubriaca di bionde, vestiti cortissimi e sandali Manolo Blanik senza calze. Una massa di testosterone con bottiglie di vino in mano in camicie perfettamente stirate e mocassini.
In coda all'entrata, mi metto a parlare con Miss Sloaney Pony di fronte a me, per sapere quanto dovrò digiunare questa settimana dopo questa serata, se dovrò cedere un rene all'ingresso, se dovrò ipotecare la casa o il guardaroba. Ordinaria amministrazione.
Segue dialogo.
"NO WAY! Sei italiana! C'è un party italiano stasera!"
"Si, i miei amici sono dentro, li vorrei raggiungere e..."
"Ma cosa fai a Londra?"
Segue breve racconto della mia vita londinese e spiegazione che per il momento sono barista.
"NO WAY! Se non mi avessero presa appena laureata a lavorare in pubblicità alla Saatchi&Saatchi, avrei voluto fare la barista anche io."
"Eeeeh, lavori in pubblicità, insomma? In Saatchi&Saatchi, eh?" (non erano lacrime sulla mia faccia, stava piovendo. Davvero.)
"Si si! Ma mi piacerebbe mooooolto di più fare la barista, vuoi mettere!!!"
Porca vacca, ho cambiato idea.
Nella prossima vita non voglio essere cagnolino di Chelsea, voglio nascere ragazza Sloaney Pony: potrei essere figa, ricca e paracula e con un bel lavoro.
Ma soprattutto ci terrei ad essere dotata di questo ineffabile, superlativo e stupefacente senso dell'umorismo della mia nuova amica Sloaney Pony.
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