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Il regista questa volta sembra volersi mettere a diretto contatto con il suo pubblico grazie alla trovata di far parlare Boris (ma non gli altri protagonisti, che in realtà lo prendono per pazzo) con il suo pubblico.
La vita dell’uomo sarà dipanata dall’incontro con Melody, avvenente peperina scappata da un sud degli Stati Uniti ancora profondamente bigotto; la ragazzina tenterà il in ogni modo di farsi accettare da Boris e finirà per trascinarlo in uno strampalato matrimonio.
Proprio nel momento in cui tutto la vita tra i due sembrava allinearsi sulla via della conformità giunge a New York Marietta, madre di Melody, alla ricerca della figlia ormai scappata di casa da un anno.
Del tutto contraria al matrimonio con l’attempato Boris, sarà proprio Marietta ,cercando un ragazzo ideale per la figlia, a rappresentare il personaggio di svolta. La donna, nella caotica Manhattan, scoprirà la sua vera natura, trasformandosi da moglie fedele a fotografa dalla vita intima decisamente bohèmienne. Questo svelarsi per quello che è il proprio essere porterà anche gli altri personaggi, attraverso incontri più o meno fatali, a riscoprire la loro intrinseca natura.
Woody Allen non delude, come di consueto si ritrovano nell’opera tutte le figure che da sempre caratterizzano l’Io del regista e la sua produzione, nel caso specifico del film non li ritroviamo solo nel suo alter-ego Boris, ma in modi più o meno differenti, in ogni personaggio della pellicola.
La sceneggiatura si dimostra all’altezza dei migliori film: battute sagaci e ritmo scoppiettante tengono lo spettatore incollato allo schermo; allo stesso tempo la regia segue l’armonia della parola mescolando i tempi cinematografici a quelli teatrali.
Nel suo complesso la pellicola è scevra di sbavature, sia concettualmente che formalmente, e dall’inizio un po’ cinico si ritrova un finale decisamente delizioso che ricorda a tutti che non importa come e quando ma tutto tornerà a funzionare come deve.
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