Da piccola trascorrevo sempre qualche settimana al mare con la mia famiglia, gli zii e una coppia di loro amici con figli di Bollate (MI).
Un anno, sarà stato il 1988, siamo andati a Silvi Marina (TE) in questo hotel molto bellino, molto familiare, la sera si faceva cena tutti insieme e poi si prendeva il fresco sulla terrazza, si organizzavano tornei di briscola e tressette e se non ricordo male il mio babbo vinse anche il premio di più bello della settimana, grazie a un concorso appositamente organizzato, con tanto di fascia e sfilata.
Di fianco all’hotel c’era un cinema che trasmetteva continuamente film per ragazzi e io, che non scendevo mai in spiaggia dopo pranzo, avevo fatto amicizia con la figlia del titolare e ci passavo dei pomeriggi interi. Una platea di bambinetti cotti dal sole eravamo, i nasi spellati, la sabbia nei capelli, la meraviglia negli occhi.
Gli anni ’80 Diomadonna.
Un giorno al cinema davano Labyrinth, sottotitolo – Dove Tutto è Possibile. Nella locandina c’erano una ragazzina bellissima, un uomo con i capelli strani che teneva in mano una sfera luminosa e un labirinto inquietante sullo sfondo.
Mi ricordo poco di quel pomeriggio. Ricordo soprattutto un uomo vestito di bianco, magro, etereo, con gli occhi di colore diverso e con i capelli strani che si muoveva con l’eleganza e la leggiadria di un ballerino.
Un uomo che cantava.
Vidi due spettacoli di fila.
Quando tornai in hotel era già tutto dimenticato, ma l’immagine di quell’uomo mi era rimasta negli occhi, un po’ come quando osservi la luce diretta del sole per troppo tempo e poi distogli lo sguardo e anche se hai gli occhi aperti non vedi nulla, poi chiudi gli occhi e continui a vedere il sole perché ce l’hai impresso nella retina.
Stamattina mi sono alzata e mentre facevo colazione è comparsa la faccia di quell’uomo lì sullo schermo.
Un giornalista incredulo diceva che era morto. Gli tremava la voce.
Io ho chiuso gli occhi e vorrei riaprirli ora e scoprire che non è ancora mattina.
(Polvere eri ma polvere di stelle tornerai).