In una Budapest da apocalisse, i cani senza pedigree vengono abbandonati per strada, a loro stessi, a causa di una nuova tassa di possesso, che nessuno intende pagare. Ad un certo punto i cani si ribelleranno al loro status di indesiderati, scatenando una violenta e sanguinosa rivoluzione per le strade della città. Alla base di questo splendido film, c’è un ragionamento lucidissimo e disperato, una metafora di un mondo, il nostro, sull’orlo di un baratro. Da un lato ci sono i reietti, i randagi, i meticci bastardi senza arte ne parte, i dimenticati, i disperati senza identità, dall’altra ci sono le leggi, gli uomini che quelle leggi le fanno e le costose regole di un mondo che non intende assumersi le proprie responsabilità. Ecco quindi che i meno fortunati, impossibile non vedere nei cani i nostri profughi e tutti quei macilenti fantasmi che appartengono alle frange invisibili e più disperate della nostra società, sono destinati a soccombere o a combattere per rivendicare un fazzoletto di terra, uno straccio di dignità, un insignificante frammento di normalità. Film terrificante, per la potenza delle immagini e per l’assoluta urgenza del messaggio che veicola, White God è un esempio perfetto di genere al servizio di un significato. Anche se nel finale c’è il tempo per un soffio di speranza, colorata dall’empatia delle note di una tromba, White God resta la rappresentazione urlante, lucidissima e commovente di un domani che è già oggi.