WHO ARE YOU | Lino Cannizzaro, l'invenzione di un teatro mentale

Da Roberto Arleo @robertoarleo

Doppia luce © Lino Cannizzaro

Sono nato e vivo a Genova. Occupo parte del mio tempo curando il sito mio e di mia moglie Viviane Ciampi www.progettogeum.org da circa 6 anni. In passato sono stato funzionario di una società pubblica di trasporti e mi sono occupato del settore noleggi turistici. Parte importante del mio tempo lo dedico alla fotografia. Utilizzo una Nikon D5000 con un 300 fisso. Prediligo la post produzione e i lavori grafici utilizzando programmi di disegno. Con queste parole si descrive Lino Cannizzaro, che continua dicendo: Non ho soggetti preferiti. Anzi in realtà non credo all’idea di “soggetto”. È – mi pare – un falso problema. Il vero soggetto è quel certo sguardo che l’autore porta sulle cose. E che cosa sarà capace di farne. Per esempio, se prendiamo un’altra arte, la poesia, molti dicono “ormai non si può più scrivere una “lettera alla madre” o poesie sui gabbiani. In realtà, è una grande scommessa parlare di argomenti molto sfruttati e trovare le parole per dirlo in modo nuovo. Da molto tempo fotografo i fiori, anche i fiori sotto casa. In realtà quando fotografo un fiore so di toccare non solo l’argomento della bellezza ma soprattutto l’idea del nostro disfacimento. Guardare la morte in faccia può aiutare a vivere, a meglio affrontarla. Fotografare un albero, un fiore è molto meno innocente di quello che potrebbe sembrare. Quando non mi dedico alla fotografia vado a camminare ovunque, nei boschi o anche per le strade dei quartieri della mia città. Lì faccio il pieno d’idee. Tra l’altro Genova è una città tutta in salita, si fatica, bisogna conquistarla. Ed è una città poetica. Io non ho mai scritto una sola poesia ma fotografare, ne sono certo, è vivere poeticamente.
Lo abbiamo intervistato ed ecco le sue risposte.

Due giovani bianco e nero © Lino Cannizzaro

La prima cosa a cui pensi appena sveglio?
Amo quello stato indefinibile tra il sonno e il risveglio. Mi concentro sui rumori che sento per la strada, sulla lama di luce presente o meno sotto la porta della camera. Queste prime informazioni mi danno già un’idea su quale giornata mi aspetterà, anche dal punto di vista creativo. Spero che ci sia la possibilità di dare un senso a quella giornata. Ecco, il senso, in fondo è quel che conta. Poi, penso a quel che sarà accaduto nel mondo mentre dormivo, perciò accendo la radio.
Di cosa hai una scorta?
Di matite e pennarelli, di gomme e agendine, di temperamatite. Forse in altra vita avrò avuto un negozio di cancelleria perché me lo hanno già fatto notare.
Una parola o un'espressione che ami? E una che odi?
“Vivi e lascia vivere”. Ma anche “non tutti meritano risposta” che ascoltai da Rita Leivi Montalcini.
Per spirito di ribellione, non amo coloro che dicono “te l’avevo già detto”.
Di cosa hai bisogno per essere felice?
Di non pensare a dover lottare per essere felice.

Due pinze © Lino Cannizzaro

In questo mondo le persone si dividono in?
I nati sotto una buona stella… e gli altri.
Un politico, una popstar o un artista che ammiri particolarmente per vari motivi?
Sono rimasto fermo a Pertini. Non vedo all’orizzonte nessuno di quella tempra.
Sono troppi gli artisti che ammiro. Potrei dire Duchamp, Cartier-Bresson. Ammiro soprattutto gli innovatori, quelli che hanno saputo rischiare. Impossibile fare un solo nome, per fortuna.
Il luogo più importante di casa tua?
La cucina. Spesso è lì che si prendono decisioni importanti. Poi noto che quando vengono gli amici, mangiamo nel salotto ma è in cucina che si dicono le cose più interessanti, magari mentre qualcuno prepara il caffè.
Tre posti dove non sei mai stato e che vorresti vedere?
Vorrei soggiornare in un eremo vicino a Katmandu. Mi è capitato di vedere foto di un monaco buddista immerso in quella natura spettacolare e se potessi vorrei provare quell’esperienza. Poi vorrei cercare luoghi dove esistono alberi secolari, in qualunque paese. Ho una speciale passione per gli alberi che hanno senz’altro una sorta di linguaggio. Da lì è nata una mia iniziativa “Il linguaggio degli alberi” che chiunque può trovare sul sito.
Il terzo luogo è l’isola di Ré in Francia. Ma vorrei visitarla d’inverno quando si svuota dei turisti e gli abitanti restano quasi isolati.

Fiore © Lino Cannizzaro

Pensando all'Italia, qual è la prima cosa che ti viene in mente?
Che – malgrado tutto – sono fortunato di vivere in Italia.
Quale città d'Italia ti attrae per il suo ambiente creativo?
Siena, Bologna, Mantova. Ma potrei citarne molte altre. In questo momento di crisi terrificante dobbiamo fare un grande sforzo per essere creativi all’interno delle nostre città, dei luoghi dove abitiamo; ma è l’unica cosa che ci è rimasta, la nostra mente.
Cosa volevi fare a 14 anni?
Non avevo le idee molto chiare ma di sicuro immaginavo un futuro di grandi cose.
Cosa non indosseresti mai?
I calzini corti e bianchi che lasciano intravedere un pezzettino di caviglia. Cose troppo attillate che m’impediscono nel movimento. Il kilt… tranne a carnevale! Le ciabatte infradito.

 Fiore bianco e nero © Lino Cannizzaro

Che cos'è per te la creatività?
Occupandomi di fotografia è saper guardare il mondo con occhi “lavati”, ma anche sentirlo, annusarlo. Avere il dono della meraviglia.
Da cosa trai ispirazione per i tuoi progetti?
Da tutto. Da ogni dettaglio. Da una parola “catturata” per la strada, nei mercatini. Ricordo che i Latini chiamavano “otium”, non l’ozio; piuttosto quel momento in cui non si fa niente, in cui si sta immobili ma che in realtà precede la creazione. Amo molto quel che Jean-Jacques Rousseau chiamava la flânerie, quel bighellonare camminando assolutamente creativo.
Che definizione hai per la fotografia?
Ce ne sono un’infinità, perché la fotografia come tutte le arti, come la vita, porta con sé un bel po’ di mistero.
Per me è l’invenzione di un teatro mentale. Il mio terzo occhio, che è quello della macchina fotografica cattura un precipitato di tempo, di tempo allo stato puro. E cattura la crudeltà e la poeticità del mondo. Il mio terzo occhio ha preso posizione di fronte alle cose che vede.

 Fiore di cappero © Lino Cannizzaro

Qual è il posto dove riesci a trovare più idee?
In Francia, nella regione del Languedoc tra Sète e Montpellier dove vado ogni estate con mia moglie che è francese. È una zona tra il mare e i grandi stagni. Amo essere circondato d’acqua per creare.
Che cos'è per te il lusso?
Al costo di sembrare noioso ed ecumenico rispondo che è la facoltà di poter dare e ricevere amore.
Non ho mai visto gente tanto infelice come quelli che hanno tutto e quindi più niente da desiderare, quindi il vero lusso non m’interessa. Provengo da una famiglia di gente umile che ha sempre dovuto sgobbare (mio padre sarto e mia madre lo aiutava. La mia casa era piena di fili. Quei fili costituiscono la trama della mia vita, i nodi da poter sciogliere. No al lusso, quello che s’intende normalmente per lusso, ma vivere dignitosamente, quello sì.
Un film recente che ti è piaciuto? Perché?
Ho amici che sono cinefili sfegatati e mi hanno trasmesso il virus. Spesso ci riuniamo nelle rispettive case per vedere film d’autore. Recentemente abbiamo fatto le tre di notte con un film di Jean Renoir (figlio del grande pittore Auguste Renoir) “La règle du jeu” (La regola del gioco), del 1939. È un film, di humour e crudeltà, perfetto in tutti i suoi aspetti. Il regista aveva previsto tutto: il diffondersi dell’antisemitismo, l’ascesa del nazismo. Ci mostra il crepuscolo di un mondo coi disperati tentativi dei personaggi di liberarsi dal peso dell’epoca, che impedisce all’amore di volteggiare. Dal punto di vista tecnico è il film che fece nascere il “piano sequenza”. Un film che i cinefili studiano in ogni inquadratura. Da vedere e rivedere.

Fiori sfumati © Lino Cannizzaro

L'ultimo libro letto?
Un libro di Bernard Noël Romans d’un regard (romanzi di uno sguardo). In realtà, malgrado il titolo non si tratta di un romanzo ma di una serie di saggi in cui l’autore, negli anni, è andato negli ateliers di grandi artisti contemporanei per dire in modo “altro” in che cosa consiste il lavoro del pittore. Entra nei segreti della creatività.
Una colonna sonora delle tue giornate?
Si divide in lunghe ore di silenzio e altre in cui ascolto la radio. I miei gusti musicali sono molto vari: dalla musica classica a qualche musica che io stesso amo comporre. E ogni sera accompagno per qualche minuto mia moglie (Viviane Ciampi) alla chitarra, la quale compone e interpreta le sue canzoni (parole e musica), per lo più ballate, sia in italiano sia in francese. È per noi un momento molto distensivo al quale non sappiamo rinunciare.

Gabbiano stagno d'Ingril © Lino Cannizzaro

Un sito che tutti dovrebbero visitare?
Il mio naturalmente!
Cosa o chi consideri sopravvalutato oggi?
Le persone che hanno successo senza saper far niente e che spesso fanno comodo al teatrino dello spettacolo. Sono un cattivo esempio per i nostri giovani che s’illudono di poter arrivare al successo con la facilità. Ma non è colpa loro: la colpa è di chi li manovra e li sfrutta.
Certi architetti contemporanei che pensano più a creare opere “eclatanti” e qualche volta inutili (come il cosiddetto bruco di Genova, una sorta di passaggio pedonale che attraversa Brignole, divenuto un ammasso di ruggine rifugio d’ogni sorta di miseria umana dove in pochi osano passare).

Tromba marina a Nervi © Lino Cannizzaro

Un aneddoto indimenticabile legato alla tua attività?
L’anno scorso andai a passeggiare a Nervi all’altezza dei parchi, con l’idea di fare qualche foto. Stavo guardando il mare a metà pomeriggio quando mi accorsi che il cielo assumeva colori quasi irreali. E potei assistere al formarsi di una tromba d’aria all’orizzonte. Uno spettacolo inquietante e nello stesso tempo terribilmente affascinante per il susseguirsi di “miracoli visivi”, di colori che sarebbero piaciuti ai grandi pittori coloristi del passato. Cominciai a scattare e finii soltanto una ventina di minuti dopo al disgregarsi della tromba marina. Il cielo diventò presto normale, come se nulla fosse accaduto. Ecco, quelli sono i momenti in cui uno potrebbe lasciarsi andare a pensieri quasi mistici! Inviai la foto al quotidiano Il Secolo XIX della mia città (Genova) che la pubblicò in prima pagina.
Ma sono dell’idea che la foto più bella è quella che ho in testa e non farò mai.
Un giorno vidi bambini di un asilo vicino a casa mia che giocavano in cortile. D’improvviso scoppiò un temporale, tutti i bimbi corsero verso l’interno dell’asilo per ripararsi. Dietro ne rimasero due, maschio e femmina col grembiulino. Si voltarono di scatto e non visti dagli altri si dettero un rapido bacio… sulla bocca. La scena più tenera che si possa immaginare. Non avevo la macchina, quel giorno. E l’ho sempre rimpianto!

Luce radiante © Lino Cannizzaro

Con chi ti piacerebbe lavorare?
Visto che è lecito sognare, se fosse ancora viva, con Susan Sontag, una grande figura della scena letteraria newyorkese, la quale ha scritto i più bei saggi sull’immagine, sulla rappresentazione del dolore. Lei si concentrava unicamente sulla fotografia di reportage di cui aveva una conoscenza attraverso la storia della fotografia ma anche attraverso la sua personale storia. Si chiedeva per esempio, davanti al dolore degli altri, come deve comportarsi il fotografo? Sia che si tratti dei campi di sterminio, sia che si tratti di Fukushima o del terremoto in Irpinia o della solitudine dei malati di mente o del dolore scolpito negli occhi dei tanti clochard che popolano le nostre città.
Avrei voluto viaggiare con una donna così, per meglio pensare ciò che vedo.
Cosa provi quando rivedi alcuni progetti di due o tre anni fa?
Cerco i punti deboli. Provo la necessità di vedere che cosa si potrebbe migliorare. E di solito c’è sempre qualcosa da migliorare. Un lungo tempo di sedimentazione è sempre necessario.
L'ultima cosa che fai prima di dormire?
Oddio, che domanda. Dipende dalla situazione!

 Nocciolo © Lino Cannizzaro

Progetti per il futuro?
Sono sempre in fermento. Mi frullano sempre diversi progetti per la testa. Dedicarmi alla foto di scena, per esempio, esplorare nuovi campi. Fare un libro di foto in collaborazione con poeti. Non per illustrare ma per accompagnare la foto. Tra qualche giorno inizia a Genova il Festival Internazionale di Poesia a Palazzo Ducale, diretto da Claudio Pozzani (è la diciannovesima edizione). Con mia moglie (che è poeta e traduttrice) abbiamo ideato all’interno del Festival una iniziativa: “la fotografia incontra la parola” dove l’immagine dialoga con la parola dei poeti.
Link dove è possibile vedere quello che fai o dove seguirti?
www.facebook.com/lino.cannizzaro.7 e www.flickr.com/photos/progettogeum
Una frase o un pensiero per concludere l'intervista?
Chiudo con un detto cinese: “Possa tu, vivere in tempi interessanti!”.
Roberto Arleo ---

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