L’idea di piantare un segno indelebile nella storia dell’umanità è un virus che ha infettato l’uomo da quando per la prima volta ha avuto la capacità di pensare. Lasciando stare i casi dei grandi uomini che hanno fatto la storia nel bene e purtroppo nel male, mi voglio soffermare a quella nutrita schiera di persone normali che pur non avendo velleità di alcun genere, vogliono per forza lasciare in segno più o meno indelebile nella cronistoria dell’umanità ed è in un’epoca come questa che tutto è alla portata di tutti che scatta quel meccanismo senza ritorno che in qualche modo ci porta a farci sentire immortali.
Ma cosa scatena nella mente di una “persona normale” allorquando decide di non essere più uno spettatore passivo ma bensì un protagonista attivo un nome che entrerà di prepotenza nei libri di storia, cosa spinge una persona ad imbracciare perché no una pistola, un mitra, una mannaia, a vestirsi da Rambo, ad entrare in una scuola magari la stessa che ha frequentato poco tempo prima e fare una nuova strage di innocenti per poi concludere il “lavoro” con un suicidio rituale, memore di quella credenza popolare che solo gli eroi muoiano giovani?
• Perché uccidere?
• Perché un luogo pubblico (scuola, centro commerciale, ecc.)
• Perché il suicidio rituale
• Perché i messaggi (video o lettere)
• Perché nessuno li considera?
• Di chi è la colpa?
Perché spesso chi grida al lupo non viene preso in considerazione? ?Perché chi urla più forte degli altri f non viene sentito? perché siamo sordi agli orrori del mondo?
Cogito ergo sum?
Penso dunque sono…immortale. Un pensiero lontano anni luce da quello di Cartesio ma che riassume in un’orgia di concetti l’attuale pensiero, essere non in quanto apparire ma in quanto lasciare un qualcosa dietro di sé. Per l’anti eroe il pensiero è il diventare in qualsiasi modo immortale —– “penso di essere” e quindi per logica di essere immortale (nel senso più romantico del termine, perché il nostro personaggio sa che morirà in un modo che lui stesso ha già scelto).
L’immortalità, l’essere ricordato nelle generazioni future o più semplicemente come mi piace ricordare, avere un proprio quarto d’ora di notorietà e poco importa sul metodo, l’importante è il risultato.
• Punto primo: perché uccidere.
Perché è semplice, immediato, non occorre una particolare istruzione e perché da un senso di onnipotenza, il togliere la vita riservato una volta solo agli dei.
• Cosa serve per uccidere (domanda collegata alla prima).
A parte le armi e chi ha deciso di compiere un tale gesto la domanda è già stata posta e quindi risolta, ci vuole una discreta dose di coraggio o più comunemente chiamata vigliaccheria o incoscienza o queste due ultime assieme, comunque il confine tra una delle più alte virtù e la più infima delle corruzioni umane è veramente sottile che spesso si confonde.
• Chi uccidere e le motivazioni
Il chi uccidere è relativamente secondario si pesca nel mucchio, io sono dell’opinione che chi compie queste gesta non abbia la più pallida idea del perché e del percome lo faccia. La matrice politica, una vendetta, persino un ordine dall’alto suonano per lo meno come bizzarre scuse. Non v’è giustificazione plausibile per una simile impresa. Uccidere non è mai supportata da alcuna motivazione se non quella di avere almeno quindici minuti di notorietà.
La scuola come un altro luogo pubblico frequentato da molte persone, è una “location” ideale per chi si prefigge simili scopi, come detto più sopra è facile sparare nel mucchio e anche alla cieca ben poche volte si fallisce. I compagni, i professori persino le ignare persone che sono lì per caso, non sono niente e solo il numero fa la differenza e anche il colore della pelle diventa alla fine solo un fatto estetico.
Il suicidio è la morte dell’antieroe, il non mi prenderete mai vivo, il fato divino, il io ho scritto l’inizio e la fine. Il fatto dell’immortalità che si acquisisce solo col suicidio rituale, e non v’è altro modo per ottenere quel’alone di fama che solo il darsi morte per mano propria può concedere. Suicidio come ultima beffa all’ordine costituito, come epitaffio, come condanna, come suono che echeggia nell’eternità.
Il lasciare dietro di se messaggi, video, foto, appunti audio inneggianti a questo o quello, a deliri politici o più semplicemente a allucinazioni personali è solo un grido d’aiuto, un messaggio per dire, fermatemi, io da solo non posso ed è qui che il mito cade e si frantuma, è qui che l’essere umano mostra tutta la sua fragilità ed impotenza, nel chiedere in maniera inconscia aiuto agli altri. Il mito dell’immortalità cade e l’eroe diventa codardo e la viltà va dunque punita, castigata con la morte, meglio se per propria mano. Questo è un circolo chiuso dove non v’è via d’uscita se non quella del sacrificio estremo. Ma tutto questo non avrebbe enfasi se non fosse mitizzato dai media sempre in cerca di capri espiatori da sbattere in prima pagina.
Ragionando come di consueto col senno di poi, si scopre perché certi messaggi così spudoratamente espliciti non vengano presi quasi mai in considerazione e la ragione è una sola ed è quella riportata poche righe più sopra. Lo scoop a tutti i costi, il mercato legale di carne da macello non ha decenza né rispetto neppure per i vivi e nemmeno per i morti. Falsi miti per eroi moderni che come i samurai si immolano per poche gocce d’inchiostro su una carta bianca.
Affannarsi per cercare le cause, ci si dimentica che la colpa di tutto ciò è anche e soprattutto la nostra, inconscia quanto vuoi, ma è una errore che ci rendiamo conto solo dopo averlo commesso e seduti al sicuro nei salotti di casa nostra ci chiediamo in silenzio “chi sarà il prossimo”?