Senza voler peccare di lesa maestà nei confronti di uno dei grandi cineasti del nostro temo, e consapevoli del rischio che certi paragoni possono creare in termini di pressapochismo e superficialità, non possiamo fa a meno di notare li punti di contatto tra il capolavoro postumo di Stanley Kubrick, quell'"Eyes Wide Shut" che a suo tempo aveva fatto molto discutere per motivi estetici (il montaggio ultimato da Steven Spielberg dopo l'improvvisa morte del regista) e pettegolezzi di bottega (la fine del matrimonio tra Tom Cruise e Nicole Kidman, logorato dalla forzata convivenza nel set di lavorazione interminabile) e "Gone GIrl", il lungometraggio di David Fincher campione d'incassi e di dibattiti, provocati dagli scottanti contenuti della sua storia.
Radiografato
fino all'ultimo fotogramma, di "Eyes Wide Shut" sappiamo quasi tutto
(perche quando si parla del genio americano l'imponderabile è sempre
dietro l'angolo) a cominciare dalla sua derivazione letteraria (Arthur
Schnitzler) per continuare con le implicazioni di un discorso che
attraverso un viaggio reale e metaforico, pone una pietra tombale sui
rapporti di coppia e sull'istituzione matrimoniale, esplorata attraverso
la rappresentazione del desiderio e della sessualità. Di "Gone Girl"
invece comimciamo solo adesso a ragionare ma tanto basta per azzardare
un minimo di analisi. Per approcciarlo con coerenza, il film e chi lo ha
diretto, è bene disfarsi del concetto d'autore così come lo si intende
dalle nostre parti. Fincher lo è almeno dai tempi di "Zodiac" e "Fight
Club", nonostante le accuse (oramai scemate) di realizzare un cinema di
"seconda mano", viziato secondo alcuni, da eccessi di virtuosismo
visivo, - ora considerato rigoroso dagli ex detrattori - da un gusto
oltremodo legato al cinema di genere, e per ultimo dal fatto di non
essere titolare della sceneggiatura dei suoi lavori; particolare che non
ha impedito a gente come Alfred Hitchcok e Martin Scorsese di diventare
figure assolutamente imprescidili. Solo partendo da questa premessa e
considerando perciò "Gone Girl" il risultato di un'arte altrettanto
leggittima è possibile accostare il lavoro del discepolo a quello del
maestro.
Ma di tutto ciò non sarebbe sufficiente a scomodare simili paragoni se non fosse che in entrambi i casi il "viaggio" dei protagonisti mette in scena il disvelamento di una mistificazione (individuale e collettiva) e insieme la sua inevitabile accettazione, con le scene conclusive ambientate in luoghi tipici della mondanità, a sancire il ritorno dei transfughi in un alveolo di conclamata normalità.
Un gioco di specchi tra realtà e apparenza e soprattutto- In Gone Girl- tra bene e male, di volta in volta individuato dalla cangiante personalità dei personaggi. In questo senso i Bill e Alice di "Eyes Wide Shut" come pure Nick e Amy del film di Fincher sono talmente esemplari nell'intercettare gli umori del proprio tempo da diventare una sorta di nuovi Adamo ed Eva, uniti dalla complicità di un peccato, compiuto, oppure, ma fa lo stesso, soltanto desiderato.