C’è del marcio, in Svezia, e Stieg Larsson – morto prima di conoscere Wikileaks e Julian Assange – aveva già raccontato tutto nella sua trilogia Millennium. Nella Regina dei castelli di carta, i servizi segreti deviati svedesi costruiscono prove false per incastrare la protagonista Lisbeth Salander, con l’imbelle complicità di un pubblico ministero. Un copione che sembra scritto su misura per lo scandalo sessuale imbastito a carico di Assange, minuziosamente ricostruito da Richard Pendlebury, cronista investigativo del Daily Mail, che così conclude la sua inchiesta: “…più si impara a conoscere il caso, più ci si rende conto che le accuse semplicemente non suonano vere”.
Stieg Larsson
La magistratura svedese esce da questa storia con le ossa rotte. Ieri il sito della Procura di Stoccolma è stato oscurato da un attacco di hacker etici, sostenitori della causa di Wikileaks. Il quotidiano svedese Aftonbladet riporta la notizia in prima pagina, sottolineando l’imbarazzo dei vertici giudiziari.
L’iter delle indagini nei confronti di Assange è stato perlomeno singolare. Prima il pubblico ministero Eva Finne ha emesso un mandato di cattura, poi lo ha revocato, dicendo che l’accusa di stupro era caduta, ma che comunque era sua intenzione perseguire il fondatore di Wikileaks per violenza sessuale. Poi il capo della Procura, Marianne Ny, ci ha ripensato, confermando l’accusa per stupro.
Insomma, dilettanti allo sbaraglio. Oppure la chiave di lettura (borgesiana?) potrebbe essere tutta nei libri di Stieg Larsson. Non a caso, prima di diventare scrittore di fama (postuma), l’autore di Millennium è stato un grande giornalista investigativo, autore di inchieste scottanti sulle connivenze tra settori deviati dello Stato svedese e movimenti di estrema destra.
La storia di Assange, con i documenti top secret sulla guerra fredda pubblicati dalla rivista Millennium, gli hacker, i falsi testimoni, i corpi separati dello Stato e la superficialità (connivenza?) della magistratura, sembra proprio tratta dai romanzi di Stieg Larsson.
POST SCRIPTUM
”Julian Assange ci ha reso un enorme servizio. All’umanita’ e al giornalismo. Quello di WikiLeaks e’ il giornalismo migliore: e’ dire la verita’, fare inchieste, scoprire come stanno le cose. Tutte azioni che dovrebbero essere celebrate, non finire in un’aula di tribunale a Londra”. A parlare e’ John Pilger, ex inviato speciale del Daily Mirror, autore del celebre documentario ‘Year Zero: the Silent Death of Cambodia’.
Pilger si e’ presentato ieri in tribunale per testimoniare a favore di Assange – ”di lui ho la piu’ alta stima”, ha detto al giudice durante l’udienza – e per mettere a sua disposizione 20mila sterline – cosi’ come Ken Loach e Jemima Khan - per pagare l’eventuale cauzione. ”Continuero’ a sostenerlo”, ha detto ai giornalisti dopo l’udienza. ”L’ ingiustizia – ha concluso – non e’ stata commessa da questa corte, che stava facendo il suo lavoro. L’ingiustizia e’ in Svezia, dove il sistema giudiziario e’ chiaramente allo sbando”.
POST POST SCRIPTUM
A proposito di Wikileaks e informazione, segnalo l’ottimo intervento di Stefano Rodotà – Il potere digitale - oggi, su La Repubblica.