a cura di Iannozzi Giuseppe
“Il dominio è stato ucciso dagli Stati Uniti”. Così Wikileaks sulla sua pagina Twitter. Dall’alba fino a metà mattinata non è stato possibile collegarsi al sito.
In Europa il sito è raggiungibile soltanto tramite l’indirizzo diretto, ovvero http://213.251.145.96/ o digitando il nuovo indirizzo www.wikileaks.ch.
Il sito della tv americana Cnbc ha spiegato che il provider EveryDNS.net, che forniva il dominio wikileaks.org, aveva oscurato il dominio alle 22 di ieri (ora della costa orientale americana).
In una nota di EveryDNS.net si evidenzia: “Il servizio è stato interrotto per violazione della clausola che afferma ‘il membro non deve interferire con l’utilizzo o la fruizione del servizio da parte di un altro membro o con l’utilizzo e la fruizione di servizi simili da parte di un altro soggetto. L’interferenza sorge dal fatto che wikileaks.org è diventato l’obiettivo di numerosi e diffusi attacchi di rifiuto di servizio (DDOS). Questi attacchi hanno minacciato (e quelli futuri potrebbero minacciare) la stabilità dell’infrastruttura di EveryDNS.net, che premette l’accesso a quasi 500.000 altri siti web”.
Wikileaks sarebbe ora ospitato da un server in un bunker dentro una montagna svedese. Il sito di Julian Assange è stato buttato fuori da Amazon.Com e da Tableau Software. La decisione sarebbe stata presa sotto specifiche pressioni del senatore statunitense Joe Lieberman, presidente della Commissione del Senato Usa sulla sicurezza nazionale.
Il quotidiano britannico Guardian (uno dei 5 organi di stampa internazionali che stanno pubblicando i file segreti delle ambasciate) denuncia che “d’altra parte l’agenzia Usa per la Sicurezza Sociale ha persino informato i suoi dipendenti che anche leggere i cablogrammi in questione potrebbe configurarsi come un reato”. Tuttavia far sì che il pubblico non veda i documenti è una impresa pressoché impossibile.
Oltre al Guardian, il New York Times, El Pais, Le Monde e Der Spiegel pubblicano i documenti di Wikileaks.
Inoltre i files si trovano facilmente in rete usando Google o il servizio di file sharing Bittorrent.
E’ praticamente impossibile, almeno per il momento, far sì che il mondo non acceda ai files diffusi da Wikileaks, né si può obbligare ben 5 quotidiani – di cui tre statunitensi – , tra i più influenti al mondo, a cessare le pubblicazioni. Una simile azione di maccartismo è impensabile, anche per gli USA.