L’appuntamento è al Principe di Savoia, forse il più storico e lussuoso hotel di Milano. Arrivo febbricitante per un malanno di stagione e penso che nemmeno la polmonite sarebbe stata capace di impedirmi di intervistare Wilbur Smith. Incontrare uno scrittore che da cinquant’anni domina le classifiche dei libri più venduti nel mondo (120 milioni di copie di cui 22 solo in Italia) è un’esperienza che non capita spesso e da cui ci si augura sempre di trarre qualche insegnamento. Cosa che è puntualmente accaduta.
Wilbur Smith è stato in Italia nei giorni scorsi per presentare il suo ultimo romanzo, Il dio del deserto (Longanesi, 512 pagine, 19,90€) che, a vent’anni da Il dio del fiume, segna il ritorno dello scrittore nell’antico Egitto e soprattutto la ricomparsa di Taita, uno dei personaggi più amati dai lettori, che sarà protagonista anche dei prossimi libri, come ci ha rivelato lo scrittore.
Wilbur Smith riceve il piccolo comitato di blogger e giornalisti nella sua suite, dotata di un comodo salotto dove ci accomodiamo tutti. Lo scrittore sudafricano sorridente e in maniche di camicia (e calzini a righe molto british), dimostra fin da subito un’energia e una lucidità straordinarie per i suoi quasi ottantadue anni (li compirà il 9 gennaio). Per oltre un’ora lo bersagliamo di domande, alle quali Wilbur Smith risponde con estrema generosità, mentre la (quarta) moglie Niso, quarant’anni più giovane di lui, sorveglia la situazione con l’occhio del regista e qualche volta interviene con una battuta.
Le curiosità spaziano dai temi dell’ultimo libro fino a quelle sua lunghissima carriera, inaugurata nel 1964 con la pubblicazione del suo primo romanzo, Il destino del leone, giunta dopo ben 15 rifiuti. Di quei lontani giorni Wilbur Smith ha ricordi ben precisi:
È stato davvero un momento importante nella mia vita, una vera svolta. Improvvisamente, l’unica cosa che desideravo mi era stata offerta su un vassoio d’argento. Mi sono sentito finalmente padrone della mia vita e ho capito di aver dimostrato di valere qualcosa. Una volta qualcuno mi ha chiesto: “se non avessi fatto lo scrittore che cosa saresti stato?” Io ho risposto: morto.
Lo scrittore, l’uomo e la carriera
Una parte delle domande che sono state rivolte a Wilbur Smith riguardavano la sua lunga carriera, gli esordi, i progetti. Eccole.
Come mai nella sua lunga carriera l’antico Egitto ha avuto così tanta importanza? Che cosa l’ha appassionata così tanto da spingerla a scrivere Il dio del deserto?
Credo che l’Egitto sia un luogo speciale prima di tutto perché è in Africa e io sono africano, ma soprattutto perché è il luogo in cui tutto ha avuto inizio. Nella Valle del Nilo gli uomini hanno cominciato a scrivere, hanno scoperto le scienze, la medicina, la matematica, l’architettura e tutto ciò che ci fa essere diversi dagli animali.
Che differenza c’è, per uno scrittore con una carriera lunga come la sua, tra il modo di scrivere dei 30 anni e quello degli 80, sia dal punto di vista del lavoro che della visione della vita?
La prima differenza è che si va più lenti! (Interviene la moglie che lo smentisce, ndr). La seconda differenza è che invecchiando si impara. Ogni storia apre nuovi mondi, a volte mi sento addirittura sopraffatto dalle storie, fatico a scegliere a quale dedicarmi. È un processo affascinante e non so immaginarmi un’altra cosa che mi piacerebbe fare se non essere un “creatore di mondi,” inventarmi battaglie, tagliare teste, massacrare gente sul campo, punire i cattivi. La bellezza sta nel fatto che si tratta di un universo in cui nessuno soffre e alla fine tutti sono contenti.
Quale è stato il momento che più le ha dato soddisfazione nella sua carriera?
Spero che questo momento sia nel futuro, perché so che nulla è perfetto nella vita e tutto si può migliorare. In generale mi ritengo soddisfatto, però io vorrei ancora di più, vorrei attraversare un’altra catena di montagne, inventare un altro personaggio che poi rimane nel tempo. Tutti noi dovremmo fare il meglio che possiamo e poi fare ancora meglio.
Che cosa le piace leggere?
Leggo molto e non necessariamente per piacere. Leggo anche libri che non hanno avuto successo e che sono considerati brutti perché mi interessa scoprire che sbagli ha commesso l’autore. I libri sono magici, ne sono stato affascinato di da piccolo, non ci si può stancare di leggere. Quando qualcuno mi dice che non legge mai mi dispiace per lui, mi viene da dirgli “non lo raccontare a nessuno perché è una debolezza!”. Le storie sono un regalo speciale che ci è stato fatto, basti pensare che prima ancora dell’invenzione della la scrittura gli uomini e le donne più rispettati nelle tribù erano quelli che raccontavano le storie.
Recentemente ha annunciato la decisione di avvalersi di co-writers. Come mai questa scelta?
Molti scrittori utilizzano collaboratori per scrivere i loro romanzi, ma non lo ammettono. Io non ho problemi a dirlo, anche se fino ad ora non è accaduto. Per adesso ho valutato i pro e i contro e ho capito che questo è il futuro. Ho ancora molte storie da concludere e per me il tempo corre veloce, devo accelerare. Avere un po’ di aiuto sarebbe auspicabile. I coautori dovranno prima di tutto conoscere perfettamente tutte le miei opere, io spiegherò loro cosa dovrebbero fare i personaggi e attenderò il loro lavoro per valutarlo. In ogni caso manterrò il totale controllo della storia e dei personaggi principali.
Anche lei molti anni fa ha avuto diversi rifiuti prima di trovare un editore. Secondo lei oggi è più difficile per un giovane scrittore venire pubblicato?
Non saprei dire se oggi è più difficile per i giovani perché a me sembra che pubblichino continuamente. Forse la cosa più difficile è farsi conoscere. Nel mio caso io ho avuto la fortuna di conoscere l’uomo che ha poi pubblicato tutti i miei libri e che è diventato anche il mio agente (Charles Pick, scomparso nel 2000, ndr). Abbiamo lavorato insieme 40 anni. Per me è stato non solo il mio editore, ma anche il mio mentore. Ricordo che dopo l’uscita de Il destino del leone, che aveva avuto un grande successo, gli chiesi: “E ora che cosa devo scrivere?”. Lui mi disse: “Non sta a me dire cosa devi scrivere. Tu devi sapere che cosa hai voglia di scrivere”. La morale è che bisogna avere fiducia in se stessi.
A proposito de Il dio del deserto e di Taita
Per i fan del ciclo egizio, curiosi di saperne di più sul personaggio di Taita, ecco cosa ci ha raccontato Wilbur Smith.
Il personaggio di Taita le mancava? L’ha ritrovato in forma?
Mi è mancato molto anche se non se ne era mai andato veramente. È sempre rimasto in un luogo ove io potessi contattarlo rapidamente e adesso siamo di nuovo insieme. È l’unico dei miei personaggi che parla in prima persona e, come sapete, di personaggi ne ho molti. Ma lo fa per parlare direttamente a me.
Il ritorno di Taita dipende dal fatto che per lei era un personaggio che non aveva ancora finito di raccontare la sua storia o ha influito l’amore del pubblico nei suoi confronti?
Aveva un’altra storia da raccontare e ci saranno altri episodi in futuro che lo vedranno protagonista.
Ne Il dio del deserto Taita, accompagnando le figlie della regina Lostris a Creta per motiv politici, ricorda il mito di Teseo e Minosse. È un riferimento voluto?
Sicuramente la leggenda di Minosse ha esercitato un grande fascino su di me, almeno quanto le vicende degli egizi. Il fatto che un’isola così piccola come Creta sia riuscita a diventare così importante nella politica e negli affari nel mondo noto di quell’epoca e poi sia sparita, sopraffatta dall’arrivo dei greci e degli italiani, mi ha sempre interessato. Ma ho preferito concentrarmi sull’Egitto perché le storie di Creta sono già state raccontate in tutti i modi. Voi italiani dovete ritenervi molto fortunati perché siete nati in un Paese che ha rappresentato il centro del mondo, uno dei più importanti della storia, poi con i romani siete venuti anche in Inghilterra, ci avete insegnato a parlare e a toglierci quelle brutte pelli di animali con cui ci vestivamo. Ci avete civilizzati perciò grazie!
Taita è il suo personaggio preferito tra tutti quelli che ha creato?
Sicuramente è uno dei miei preferiti e abbiamo un rapporto speciale, infatti è l’unico che parla in prima persona. Anche Sean Courtney, il protagonista de Il destino del leone, riveste un’importanza particolare. Prima di questo libro ce n’era stato un altro, ma lo chiamerei un romanzo di prova perché in quel libro credo di aver fatto tutti gli errori che può fare un giovane scrittore, infatti fu rifiutato da 15 editori. Ne esiste ancora una copia e penso che la porterò nella tomba.
Il suo rapporto con Taita si è evoluto negli anni o è rimasto lo stesso?
Nulla rimane uguale, ma più cambia e più rimane se stesso. Questa è una strana legge del mondo. Taita è cambiato, ma allo stesso tempo è rimasto uguale. Anche io mi sento lo stesso di quando ho scritto Il destino del leone, però so che non è così, mi sono evoluto, ho imparato molto e quando rileggo i miei vecchi libri mi capita di dire: “Non è possibile che io abbia scritto questa roba” oppure: “Wow, questo è davvero un colpo di genio!”.
Ne Il Dio del deserto l’amore trova più spazio rispetto ad altri romanzi. Crede che questo sentimento sia cambiato nei secoli?
Mi direte che è un cliché, ma per me è vero che è l’amore il motore che fa girare il mondo. Siamo il frutto di un atto di amore ed è incredibile come a volte accada di entrare in una stanza, incrociare uno sguardo e sentire una specie di dinamite che esplode, perché si sente che quella persona potrebbe cambiare la nostra vita. È bello anche vedere i giovani alle prese con il primo amore, io ho un esempio sotto gli occhi perché il nipote di mia moglie ha sedici anni e mi dice: “Tu non puoi capire, io sono diverso, lei è diversa, staremo insieme per tutta la vita” e io gli rispondo: “Si certo, finché non arriva la prossima ragazza…”. L’amore è l’aspetto più bello che si ritrova nelle storie e si perpetua nei secoli, pensiamo a Romeo e Giulietta. È qualcosa che non smetterà mai di affascinarmi.
Wilbur Smith ha accettato di fare da testimonial alla video-campagna di promozione della lettura #LeggerePerché. Il suo messaggio rivela uno sconfinato amore per i libri: “Le storie sono il sale della vita”. Guarda il video di Wilbur Smith.
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