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Wild Thing - la storia di chi in Italia ha scritto di musica rock dal 1960 ad oggi - è un lussuoso librone di 320 pagine pieno zeppe di storie, di citazioni, di testimonianze, di fotografie, di link che toccano da vicino tutti coloro che nel nostro paese hanno amato, ascoltato, scritto o letto di musica rock anche attraverso indimenticabili pagine stampate più o meno bene più o meno a colori o più spesso in bianco e nero. L'autore è Max Stèfani, probilmente il più carismatico direttore di riviste musicali nel nostro paese ed un personaggio leggendario, ruvido, scomodo, a volte irritante ma alla fine leggendario e (sempre alla fine), lasciatemelo dire, amabile, uno con cui tutti hanno avuto a che fare, molti hanno avuto scazzi e tanti hanno riavvicinato con affetto. Io, lo ammetto, sono legato a Stèfani da un forte legame di riconoscenza perché è lui che ha rinosciuto molti anni fa (gli ultimi anni settanta, i giorni di Tom Waits, dei Ramones e dei Clash, per datarli) un potenziale nei miei scritti ed è anche grazie a lui che è nato Blue Bottazzi e sicuramente è merito suo della mia più leggendaria collaborazione, quella per il Mucchio Selvaggio degli hey days. Anche a me non è mancata occasione di incazzarmi (quando in occasione di non so quale numero celebrativo si è dimenticato del mio nome) e quello di riabbracciarlo, nella banda della nuova avventura di SUONO, in questi giorni a nord del Rio Grande.
Si dice talvolta che Stèfani non sia uno scrittore troppo dotato: è falso, ha un suo stile preciso e sincero e coraggioso ed evocativo che piacerebbe di certo anche ad Ernesto Hemingway. E la parte più bella del libro è proprio quella introduttiva, che purtroppo esordisce con "gli inizi: e la faccio il più breve possibile". Scrivo 'purtroppo' perché è un capitolo stupendo, coinvolgente, che sa tanto di romanzo, con un colore alla Simenon su un racconto di vita racconato tanto di corsa quanto pieno come un uovo. Solletica la memoria (oltre ad essere una testimonianza importante) anche tutto il periodo del racconto di cosa fosse e cosa rappresentasse la musica rock per noi "giovani" negli anni sessanta e settanta, fino ad arrivare a quel momento topico che fu la nascita de Il Mucchio Selvaggio, la più autorevole (e scalcinata) rivista rock del Bel Paese, in un momento sorprendentemente felice anche per la musica rock (il 1978 fu l'anno più creativo probabilmente dai giorni della summer of love). Con il passare delle pagine e degli anni il racconto si focalizza sempre meno sulla musica e sempre più sui tristi scazzi interni della rivista di Stèfani, il Mucchio Selvaggio, e si fa così più un fatto personale che di interesse generale, fino alla sua uscita ed all'annuncio di una rivista nuova che si è concretizzata in questi giorni con il citato SUONO.
Io di Wild Thing ho acquistato (pagandole) due copie. Consiglio anche a voi di non perderlo, perché sono sicuro che non solo sia una lettura evocativa e straordinaria, ma che da qui a qualche anno rappresenterà una delle testimonianze più pregnanti di questa straordinaria avventura collettiva che è stata la musica rock per una generazione ai confini dell'Impero.
Blue Bottazzi
P.S.: (di Eleonora Bagarotti)
Eppure c'è qualcosa, in Wild Thing, che ancora manca... sì, perché Stèfani anticipa l'ennesima svolta del suo percorso giornalistico, un cambio di direzione che - non a caso - si accompagna all'approdo più bello: quello della stabilità affettiva con la moglie Tiziana Solidoro e di una nuova paternità con la nascita di due splendide gemelline. La svolta professionale di Max oggi si chiama Suono ed è una rivista storica da un lato e sperimentale dall'altro, in cerca di rinnovamento e di nuova linfa vitale che già sgorga sin dai suoi primi numeri, innovativi seppur in via di assestamento. Il tutto, sullo sfondo di un tempo amaro per l'editoria e la cultura in generale. Più che sfida, dunque, quella di Max si potrebbe definire vera e propria crociata. Altro aspetto curioso della questione è che la lista di collaboratori di
Suono pubblicata in Wild Thing è già in parte mutata ed è possibile immaginare un'evoluzione, che di certo meriterà un ulteriore capitolo. Non è solo un augurio a Max e a noi tutti, è la pubblica ammissione di riconoscergli da sempre una trasparenza che a volte rasenta l'ingenuità, a volte una mole di sincerità che può essere scambiata per sarcasmo mentre è in realtà il pensiero diretto di chi non ama i giri di parole. Questo è lo stile di Wild Thing, che unisce aspetti didascalici (come, del resto, tante altre pubblicazioni simili) agli aspetti più personali e accattivanti. Piaccia o meno, questa è la versione di Stèfani. E la storia di cui Max non solo ha fatto parte ma che egli stesso ha iniziato, compiendo una sorta di rivoluzione culturale alla quale più generazioni hanno attinto, è testimoniata dalle splendide immagini delle copertine e delle foto d'epoca.
Chi si sofferma sul refuso o non accetta di leggere la sua visione delle cose (che può essere condivisibile o meno ma proviene da un protagonista, tuttora discusso e costantemente "spiato" come lo è solo chi merita di essere rincorso e non dimenticato), ha capito ben poco del messaggio di libertà intellettuale di cui lo storico Mucchio Selvaggio di un tempo si è fatto portavoce. Per il resto, c'è sempre "Tv Sorrisi e canzoni".
Eleonora Bagarotti
Wild Thing, di Massimo Stefani, gruppoeditoriale, www.suono.it
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