Tra l'autore e John Millington Synge - che pure, insieme a Lady Gregory, dirigevano l'esperimento dell'Abbey Theatre - non correva un'identica visione dell'arte e della vita. In particolare, si ha l'impressione che il concreto Yeats considerasse Synge uomo di un'altra era e di un'altra pasta, un fuoriuscito dalle isole Aran, dalla sua scrittura realistica e insieme esotica. Attraverso il ritratto che si stende qui di Synge, ricaviamo un temperamento acceso e romantico, capace di cogliere il particolare e di affrontare, insieme a un problema, gli snodi essenziali dell'estetica attuale e di un'etica della felicità.
In particolare, Yeats difende la poesia quale forza primigenia capace di aprire le menti, di spalancarle al mondo, di combattere le chiusure ideologiche, il dominio dell'accademia sulla purezza del verso e dell'immaginario. E tuttavia, l'immaginario non è un astratto fantasticare:
[...] ho sentito nel mio corpo le sensazioni chiamate in causa e ho creduto che se fossi riuscito a elevarle a contemplazione, avrei reso possibile una letteratura che, trovando l'oggetto delle proprie attenzioni già pronto nelle menti di tutti gli uomini, sarebbe stata - diversamente dalla nostra - d'interesse per gli studiosi, ma possesso del popolo.
Per questo, William Butler Yeats riesce a trovare sintonia anche con quegli scrittori - come Shaw e Wilde - che certo gli sono lontani come interesse e stile, o a favorire chi, come Joyce, sente appartenere a un mondo nuovo. Attraverso la nuova letteratura, il nuovo teatro e la risposta - non di rado deludente - del pubblico, Yeats si apre all'intera tradizione moderna occidentale, regalandoci qui osservazioni dense e colme di buon senso, quando non di illuminata saggezza.
Su un piano più strettamente editoriale, chi (come me) non ha competenze di prima mano sulla letteratura irlandese apprezzerà senz'altro i brevi profili biografici alla fine di ogni sezione. Il più felice dei poeti è, in effetti, una finestra aperta in un mondo sostanzialmente lontano nel tempo e nello spazio e, anche se con le sue 177 pagine non colma un vuoto, si fa apprezzare per la chiave d'accesso a un orizzonte anche più fertile e vitale di quanto si immaginasse.