William Butler Yeats, Il più felice dei poeti e altri scritti (a cura di Nicola Manuppelli)

Creato il 12 febbraio 2014 da Spaceoddity
Il più felice dei poeti (e altri scritti) è una raccolta di testi brevi del poeta irlandese William Butler Yeats. L'antologia, nell'intento di Nicola Manuppelli, che ne ha curato scelta e traduzione, dovrebbe ripercorrere da un lato - e da lontano - l'intera opera del suo autore, dall'altro vorrebbe affiancargli chi, nel sottobosco intellettuale dublinese e non, a cavallo tra XIX e XX secolo, riusciva a farsi strada.
I testi prescelti sono tutti d'occasione e spesso sono lettere inviate direttamente ai diversi autori o ad altri personaggi a noi meno noti a proposito delle penne più prestigiose in Irlanda. Tra i nomi che si riconoscono anche al di fuori della sua terra fatata ci sono Oscar Wilde, George Bernard Shaw e James Joyce. Non direi, però, che questi siano in assoluto gli scritti più interessanti - anche se Manuppelli giustamente sottolinea l'intervento dell'autore nei confronti di Joyce. Forse, il testo che più colpisce per la profondità del suo intento e la ricchezza delle prospettive è il "carteggio Synge". In queste pagine (99-140), mi pare che si possa racchiudere buona parte del grandioso volto intellettuale di William Butler Yeats.
Tra l'autore e John Millington Synge - che pure, insieme a Lady Gregory, dirigevano l'esperimento dell'Abbey Theatre - non correva un'identica visione dell'arte e della vita. In particolare, si ha l'impressione che il concreto Yeats considerasse Synge uomo di un'altra era e di un'altra pasta, un fuoriuscito dalle isole Aran, dalla sua scrittura realistica e insieme esotica. Attraverso il ritratto che si stende qui di Synge, ricaviamo un temperamento acceso e romantico, capace di cogliere il particolare e di affrontare, insieme a un problema, gli snodi essenziali dell'estetica attuale e di un'etica della felicità.
In particolare, Yeats difende la poesia quale forza primigenia capace di aprire le menti, di spalancarle al mondo, di combattere le chiusure ideologiche, il dominio dell'accademia sulla purezza del verso e dell'immaginario. E tuttavia, l'immaginario non è un astratto fantasticare:
[...] ho sentito nel mio corpo le sensazioni chiamate in causa e ho creduto che se fossi riuscito a elevarle a contemplazione, avrei reso possibile una letteratura che, trovando l'oggetto delle proprie attenzioni già pronto nelle menti di tutti gli uomini, sarebbe stata - diversamente dalla nostra - d'interesse per gli studiosi, ma possesso del popolo.
Oltre che nello sviluppo del proprio linguaggio (e su questo piano, splendido il confronto con George Moore, in un ritratto con toni quasi sprezzanti), l'interesse del poeta è sempre orientato alla costruzione di un dialogo: William Butler Yeats appare qui come l'uomo della sintesi, la penna che seppe fondere in un unico afflato la tradizione gaelica e la lingua inglese, nella piena e totale coscienza dell'importanza di Londra quale terreno fertile per la nascita di una nuova generazione di intellettuali. Quello di Yeats per l'Irlanda è in definitiva un interesse profondo, serio, inesauribile, però non ciecamente intransitivo.
Per questo, William Butler Yeats riesce a trovare sintonia anche con quegli scrittori - come Shaw e Wilde - che certo gli sono lontani come interesse e stile, o a favorire chi, come Joyce, sente appartenere a un mondo nuovo. Attraverso la nuova letteratura, il nuovo teatro e la risposta - non di rado deludente - del pubblico, Yeats si apre all'intera tradizione moderna occidentale, regalandoci qui osservazioni dense e colme di buon senso, quando non di illuminata saggezza.
Su un piano più strettamente editoriale, chi (come me) non ha competenze di prima mano sulla letteratura irlandese apprezzerà senz'altro i brevi profili biografici alla fine di ogni sezione. Il più felice dei poeti è, in effetti, una finestra aperta in un mondo sostanzialmente lontano nel tempo e nello spazio e, anche se con le sue 177 pagine non colma un vuoto, si fa apprezzare per la chiave d'accesso a un orizzonte anche più fertile e vitale di quanto si immaginasse.

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