Magazine Cucina
Giovanni Taddei è nato nel 1961 a Fucecchio ed abita ad Empoli (FI). Nel 2009 è finalista premio letterario-teatrale Città di Empoli con la commedia "Vita da Mario". La versione narrativa appare sulla rivista Novelle letterarie. Inizio della collaborazione con il bimestrale il Grandevetro. Nel 2010 è segnalato al premio letterario Castelfiorentino con "La cucina". Il pezzo esce sul n. 120-121 del trimestrale Erba d'Arno ed è il 1° capitolo di un romanzo inedito.
Il suo racconto “Supplizio”, con la suggestiva immagine a corredo, partecipa a “Wine on the road”, concorso letterario di Villa Petriolo edizione 2011.
Racconto “Supplizio” di Giovanni Taddei
... supplizio, certo, e ditemi voi come diavolo la volete chiamare una roba così... cioè, io, senza, non ce la fo a starci, non ce la fo... hanno voglia di dire ma basta che tu ti ci abitui, basta che tu ti convinca... io... ma poi scusate, è da quando che ero ragazzotto... prendevo la vespina, un fiasco del rosso di babbo e andavo da Rosa... biii, biii... lei usciva di volata con un foulard in capo e gli occhiali neri e si partiva... la collina scende, la collina sale... d'estate, tutto giallo... Rosa mi stringeva e io guidavo e... sentivo le sue puppine... la collina scende, la collina sale... s'andava fino ai cipressi, un po' d'ombra via via, e da lì giù alla fattoria della Bianchina... che po' po' di fattoria... era, era... e l'avevano lasciata cascare giù a pezzetti, che grulli... tutto intorno il giallo e appiccicate le puppine, la sentivo respirare Rosa... e s'arrivava... il fiasco sempre fermo ai piedi, perchè io lo tenevo fermo mentre andavo con la vespina che non mi poteva cascare mai il vino del mio babbo... nini, questo è il rosso sincero, nini, io non ci metto nulla, nulla, è uva spremuta, tu ne puoi bere quanto te ne pare, quanto te ne pare... Rosa in borsa c'aveva la coperta, s'andava giù in cantina e ci si metteva vicini alla finestra, che c'era un po' di luce e si vedeva se arrivava qualcuno... c'era fresco, fresco e io morivo dalla voglia d'ignudarla... due baci e una sorsata, due baci e una sorsata... a lei, una volta, gli sgocciolò dappertutto e mentre si rideva io gli mangiavo le gocciole addosso, era aspro, era aspro il rosso del mio babbo e lei... lei mi faceva schiantare... il diaframma, mm, tirava fuori il diaframma... tutte, tutte, anche quell'altre sue amiche di classe, si vede era il periodo... e a metterselo ci veniva anche da ridere... chiappalo, tiralo, stendilo e poi sopra c'andava messa una roba... cioè, lì per lì si perdeva un po'... ma poi si beveva a garganella e dopo, ragazzi miei dopo... no, no, non è possibile, è un supplizio, una sofferenza, io non ce la fo a stare senza... come fo a rinunciarci... anche con Franca, sì, lei c'era fissata di per davvero, e era anche brava, se tu vedevi come dipingeva, anzi, pittava, era di Napoli e s'era trasferita qui con tutta la famiglia intera, nonni zii... ma come gli piacevano i toscani, il vino e gl'omini... per me ci prese una sbandata, sì, lei era un fiume in piena, davvero, m'agguantò la vita e me la rigirò... e l'andai anche a aiutare a vendemmiare, certe colline ritte c'aveva, altro che ginnastica a portare le bigonce in su e giù... e poi lei c'era fissata, fissata, lo voleva fare sempre, dappertutto, la sua sorella ci trovò due volte, lei si scompose a per a punto, io non sapevo più... ah!, ma quella volta del suo babbo, porco Giuda, tra le viti... lei non sentiva ragioni, avevi voglia di spiegarglielo, dipingeva e gli venivan certe idee, s'accendeva... s'era finito di vendemmiare e erano andati via tutti, allora cominciò a ridere, mi disse che c'aveva un'immagine nel capo, me lo ricordo come fosse ora... e rideva, con quei denti bianchi che gli brillavano anche gl'occhi... e io... bimba, oh, ma te tu hai sentito troppo Battisti, vien via, e poi ci si sta anche male sulle zolle... non ci fu verso, non ci fu verso... c'era un'ariettina tiepida tiepida, l'odore dell'uva appiccicato dappertutto... e lei, nino mio, con quelle mani furbe... no, s'ebbe una fortuna sola, che il suo babbo girava sempre con il cane e quella santa bestia arrivò un minuto prima... sì, ma dopo cena ci si rifece, si bevve un paio di bocce di quello buono, che se ne intendevano tutti in casa sua, un rosso delle loro parti, non mi rammento neanche il nome, però, questo me lo rammento bene, ti rimaneva in bocca e... oh, a me mi pare che mi mettesse voglia, cioè, per me quel vino lì... dopo m'accompagnò alla macchina, e lì non sentì ragioni, appoggiati al cofano... e arrivò il cane un'altra volta, oh!, ma no, eh, il suo babbo no... era di già andato a letto gonfio gonfio, ci credo, con tutto quello s'era scolato... però non è giusto, non è possibile, io voglio sentire se c'è il modo, ci deve essere un modo per continuare, perchè io, io questa tortura non me la merito, non è possibile che io... cioè, che vuol dire più?!, che diavolo vuol dire che io non posso più.... un supplizio, se vi dico un supplizio!... ora, ora poi che con Luisa... e che gli racconto a Luisa?!... cioè, tanto lo so che non ci credete, ma lei, lei l'ho tirata su io... davvero, e non fate codeste facce costì, lei era... sì, lei non l'aveva... cioè, davvero, davvero... lei era vergine, sì, vergine e anche astemia, ditemi voi... e ora, ragazzi, ora... e è tutto merito mio, tutto merito mio, cioè, voglio dire... ah!, col vino ancora ci capisce il giusto... mi garba bianco, freddo e frizzantino... ma per il resto... ecco, allora mi dovreste spiegare come faccio io a dirgli che io e lei, cioè, che quando s'arriva nei momenti nostri... no, ecco, che io non posso più... porco d'un Giuda!... nemmeno bagnarmici le labbra accidenti a 'sta gastrite puttana!!... porca di una miseria porca e lurida e ladra... ma io dico se mi doveva capitare a me una roba così... cioè, proprio a me... no, ve l'ho detto, non c'è nulla da fare... è un supplizio.
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