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WINE ON THE ROAD: “Viaggio in seconda classe” di Luigi Brasili

Da Silviamaestrelli
WINE ON THE ROAD: “Viaggio in seconda classe” di Luigi Brasili Luigi Brasili, di Tivoli (RM), scrive fin da bambino, ma ci si è messo d’impegno alla soglia dei quarant’anni, ottenendo riconoscimenti in concorsi e selezioni editoriali. Ha pubblicato racconti in numerosi libri e riviste, per vari editori e testate tra cui Fanucci, Rai-Eri, Cronaca Vera, Writers Magazine Italia, Delos Science Fiction. Nel 2009 è stato pubblicato il suo primo romanzo, Lacrime di drago, DelosBooks edizioni. Nel corso del 2011 uscirà il nuovo romanzo, dal titolo La stirpe del sentiero luminoso. Per “Wine on the road”, quinto concorso letterario di Villa Petriolo, ha scrutto il racconto “Viaggio in seconda classe”. Racconto “Viaggio in seconda classe” di Luigi Brasili. “Biglietto, prego.” Il tizio al mio fianco si sporge saltandomi addosso. “Ecco signorina, l’ho timbrato, vede?” La donna in divisa prende il biglietto del tizio e annuisce complice al mio sguardo implorante. “Tenga” dice allungando il braccio e finalmente il tizio si allontana. “Comunque per questi treni non si timbra…” “Pensavo di si! Ma l’importante è che sia tutto a posto…” La donna dopo un fugace sorriso si sposta, lasciandomi in balia del chiacchierone. “Lei pensa che si arriva in orario? Devo essere a Firenze per tempo…” Scuoto la testa e prendo il pc, sperando che capisca l’antifona. Mentre il sistema parte, azzardo una sbirciata di sottecchi al mio vicino: è molto interessato; le sopracciglia lunghe e folte si agitano come processionarie. “Modello vecchiotto direi, io ho l’ultimo grido a casa. Ma com’è sporco, non lo pulisce mai?” I vermi pelosi sono così vicini che quasi li sento sulla guancia. Apro bocca ma lui è più veloce, la voce come in falsetto. “Che gente degenere!” Cerco di dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non mi viene nulla. “Ai miei tempi le cose avevano rispetto. Ma non le hanno insegnato il valore delle cose?” Finalmente riesco a parlare: “Scusi, dovrei lavorare…” Mi fissa come se fossi un ectoplasma. “Certo, faccia pure…” Cerco stupidamente la solidarietà dei due giovani giapponesi seduti di fronte. Il ragazzo mi guarda, sorride non so perché e torna al sudoku elettronico. La ragazza pure sorride tra le cuffie del suo iPod. Niente da fare dal fronte orientale. Annuisco a me stesso e vado avanti con l’articolo. Intanto il tizio prende una specie di palmare e preme un tasto: lo schermo s’illumina e compare un cruciverba. Speriamo che sia bello difficile. Magari per un po’ mi lascia sereno… Allora, dov’ero? …un bianco che in controluce ha una luminosità molto intensa… “Ma è un giornalista!” L’imbarazzo esplode davanti alle facce sull’altro lato del vagone, che mi fissano come se avessero visto la Madonna. Pure i giapponesi studiano il miracolo. “Forse l’ho vista in televisione…” “No, io sono sì, una specie di giornalista, ma per vivere faccio altro, mai andato in tv…” Gli altri passeggeri alzano le spalle o sorridono ironici prima di tornare alle loro faccende. Il tizio borbotta e torna al palmare. “Dunque… Barbera! Sette lettere: In Toscana, zona famosa per vino pregiato e turismo enogastronomico…” Non ci posso credere! Un cruciverba a tema! E si mette pure a declamare le definizioni… Allora… È un vino corto, infatti il sapore ha pochissima persistenza al palato… “La so! Chianti!” Un genio, decisamente… “Cinque lettere: Calice ampio…” Sentiamo… “Facile: coppa!” Gongola come un bambino davanti all’uovo di Pasqua. “…Privo di difetti, sincero…” Scuote la testa, sospira e sospira. Le parole mi escono di bocca da sole. “Franco…” “Come?” “La risposta…” Annuisce e scrive. “Grazie, è un cruciverba così difficile… Sia gentile, ascolti…” Come se potessi fare altro… “Danneggia foglie e radici…” “Fillossera…” “Grazie!” Borbotto un prego e riprendo a leggere, ma neanche il tempo di una riga e rieccolo. Spegne il palmare e si avvicina al mio pc. “Cosa scrive?” “Un pezzo per la rivista…” “Di che tipo?” “Enogastronomia…” Storce la bocca in un sorriso. “Capisco… ma perché non lavora per un giornale serio? Chi vuole che legga quella roba… e poi i giovani non distinguono il vino dalla birra…. “Grazie, preferisco scrivere quello che mi pare, è un hobby…” Come se avessi bestemmiato, si volta a cercare qualche segno di commiserazione nei confronti di questo povero idiota… Infine, torna a fissarmi. “Scusi ma, appurato che lei non è un vero giornalista, che lavoro fa? Seriamente, dico.” Mi trattengo dallo sputargli in faccia di farsi i cazzi suoi, e, cosa di cui, dopo, mi pento sempre, gli dico che faccio il programmatore. Di nuovo la faccia sorpresa. E gli altri passeggeri con le antenne puntate. “Senta, ho un problema al pc a casa: non legge le mappe del TomTom…” Stavolta è il mio turno di guardare sorpreso: “Il checosa?” I sorrisini mi circondano tra facce allibite. Sono davvero un fenomeno da baraccone. Pure i giapponesi sono sconvolti, le mandorle trasformate in noci. “Ma come? Il navigatore, ce l’hanno tutti!” Scuoto la testa e sospiro a denti stretti. “A quanto pare, non tutti…” dico, tentato di chiudere di scatto il pc sopra le sue dita poggiate sul bordo del mio portatile. “Capisco… non lo sa…” mormora con piglio teatrale annuendo davanti agli altri spettatori non paganti. È una regola fissa: ogni volta che nomino il mio lavoro, tutti a tempestarmi di domande sui computer, come se per programmare fosse necessario conoscere tutto lo scibile; come se uno che conosce un linguaggio di programmazione li deve conoscere tutti, o sapere come si monta e si smonta un pc in quattro nanosecondi! Hai voglia a spiegargli che tra Java e Cobol passa la stessa differenza che esiste tra cinese e inglese… Gli spiego con calma sorprendente questi particolari, e che quando il computer si rompe anch’io lo porto all’assistenza, che esiste proprio per quello… “Sarà, ma se lei si intende di vino come di computer fossi in lei cambierei hobby…” Forse è una mia impressione ma le teste intorno si muovono tutte dall’alto in basso… “Senta” gli dico dopo aver respirato lentamente, “pensi come vuole ma per favore mi lasci in pace, occhei?” concludo con un paio d’ottave in crescendo. Il tizio aggrotta i vermi pelosi e sorride sinistro: “Ma perché s’inalbera?” Questo è matto! Mi sporgo per cercare di individuare la capotreno ma è scomparsa oltre la fine del vagone. “Non vendo né aggiusto computer! Mi limito a scrivere programmi per i clienti…” “E che tipo? Io conosco il Fortran, l’ho studiato all’università, sono ingegnere… centodieci cum laude… e lei?” Scorro i visi inchiodati nella mia direzione. “Solo un diploma” rispondo sottovoce, imbarazzato. “Ecco! L’immaginavo” commenta praticamente urlando. “Bene… se non le spiace…” Grugnisce qualcosa e riaccende il palmare. È questo un vino con struttura morbida e liscia, quasi vellutata al palato… “Senza velature… limpido, giusto?” Lo fulmino con lo sguardo e intono un mantra silenzioso. Incrocio le dita delle mani. Le articolazioni schioccano come fruste. “Lo sa che non le fa bene?” “Senta, glielo chiedo…” “No, senta questa, se non sa nemmeno questa… bicchiere tradizionale veneto…” Mi guarda come un maestro d’altri tempi pronto a battere la stecca sui palmi del malcapitato di turno. Basta! “Gotto” rispondo esasperato, poi schizzo via nel corridoio. Dopo due vagoni trovo un sedile vuoto, accanto a una signora che armeggia al computer. Rifletto, poi azzardo: “Scusi signora, è libero?” Lei annuisce, senza neanche guardarmi. E vai! Torno indietro e recupero ogni cosa, poi fuggo senza voltarmi. Mi sistemo al nuovo posto col cuore ricolmo di gioia e apro il pc. Finalmente. La signora si volta e sorride. “Sa come si fa a connettersi, ho il segnale ma non riesco, ci vuole una password?” Bastaaaaaa! Trovo un altro posto vuoto e chiudo la porta. Certo, viaggiare ore seduto sul water non è il massimo, ma vediamo il lato buono: si unisce l’utile al dilettevole… L’arrivo è puntuale. Meno male, almeno quello… E ora di corsa al convegno, speriamo bene… L’applauso al relatore di turno è una standing ovation. Difficile fare meglio, ma ci provo… Ecco, adesso calma, respira, cammina piano verso il palco, dai che ce la fai… La mano del presidente della cantina sociale è una tenaglia. La mia è un panno umido e non riesco a guardarlo in faccia, che ansia… “Allora, è pronto?” Respira, uno, due, tre… “Presidente carissimo! Ma lei conosce questo ragazzo? Pensi, ho viaggiato con lui…” Rialzo la testa e vedo i vermi cespugliosi strisciarmi addosso. “Ma dov’era finito, è scappato come se avesse visto il diavolo!” Ignoralo, sali sul palco! Ora! “Ma che fa, il relatore? Quello? Ma non capisce nulla di vino!” Aiutooooo! Alla fine è andata bene. Certo mi aspettavo più di un applauso tiepido… “Ce ne sono di tipi strani in giro… Ma che gli avrò fatto? L’ha visto? Quel ragazzo non sta bene!” …Ma rovesciare un calice di vino pregiato sulla faccia di qualcuno non ha prezzo. Prosit!

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