Come viene detto nella puntata pilota della serie tv The Affair: “Tutti riescono a scrivere un libro. Quasi nessuno riesce a scriverne un secondo valido.” La stessa cosa vale per il cinema. Tutti possono fare un film, soldi permettendo. Il difficile viene quando devi farne un secondo. Zach Braff dentro alla sua pellicola d'esordio come regista e sceneggiatore La mia vita a Garden State c'aveva messo tutto se stesso. Quella era la sua vita, quella era la sua storia, quello era il suo film. Per farne un altro non ha voluto forzare i tempi. Proprio per niente, visto che gli ci sono voluti ben 10 anni. Tante cose da allora sono cambiate. Il cinema indie ha preso quel suo gioiellino di debutto come esempio da imitare, al punto che un decennio dopo quel modello suona ormai abusato. A Zach Braff però questo non importa. Lui ha voluto fare un film come se fosse ancora il 2004 e in questo sta il limite principale di Wish I Was Here. È un lavoro che oggi appare fuori tempo massimo. Fuori moda. In questo sta contemporaneamente pure il suo pregio maggiore. È un film che se ne frega di cosa è cool oggi. Zach Braff prosegue dritto per la sua strada e per la sua idea di cinema che rispetto al suo esordio non è cambiata per niente. Wish I Was Here è un altro film esistenzialista. Un'altra commedia malinconica. Un'altra pellicola che parla di famiglia e del rapporto con il padre. Un'altra colonna sonora super indie che 10 anni fa apriva la strada alla moda neo-folk e oggi sembra accodarsi a essa. Tra l'altro il pezzo più fico risulta essere l'unico non indie-folk presente, ovvero la brasileira e stilosissima “Kilo” dei Bonde Do Role, segno che forse rinnovarsi un po', anche da un punto di vista musicale, non sarebbe stata così una cattiva idea.
Il personaggio messo in scena da Zach Braff, che possiamo immaginare dalle forti connotazioni autobiografiche, è anche in questo caso quello di un attore/aspirante attore non troppo di successo. Questa volta il suo personaggio è cresciuto, almeno anagraficamente, è un uomo sposato con Kate Hudson (dopo la cotta per Natalie Portman nel film precedente, pure qui se n'è presa una brutta) e ha due figli. Uno è quella faccia da sedere (sia detto con simpatia, eh) di Pierce Gagnon, il bambino insopportabile di Looper e della serie tv Extant; l'altra è Joey King, la grande rivelazione del film, una specie di nuova Chloë Grace Moretz pure lei già vista in tv, nella serie di Fargo.
Apriamo il capitolo tv? Apriamolo. Il capitolo tv è importante, perché Zach Braff deve il suo successo a Scrubs e non l'ha mica dimenticato. In una scena di questo Wish I Was Here possiamo assistere alla reunion con il suo vecchio amico della serie, il Dr. Turk... ehm, intendevo Donald Faison. Il resto del cast vede quindi impegnati Jim Parsons di Big Bang Theory, Mandy Patinkin di Criminal Minds e Homeland, il simpatico Josh Gad della sitcom 1600 Penn, e in un minuscolo ruolo compare pure James Avery, lo zio di Willy, il principe di Bel-Air, qui alla sua ultimissima apparizione prima della morte. Un cast molto televisivo (sia detto in senso positivo), cui si aggiunge pure la bella (ma non Bella Swan) di Twilight, ovvero Ashley Greene. Fine del capitolo tv.
"Se stai cercando di apparire più ridicola che in Twilight, mi spiace Ashley,
ma non ci riuscirai mai. Manco conciata così."
In Wish I Was Here tutto appare già visto ed è tutto troppo cariiino, il finale è eccessivamente buonista, oserei quasi dire fabiofaziesco, e manca la cattiveria dello sguardo a Hollywood presente ad esempio in un Maps to the Stars. Allo stesso tempo è anche tutto così genuino e sentito, che non ce la faccio a volergli male. Questo è Zach Braff nel 2014 ed è lo stesso identico Zach Braff del 2004. Oggi può apparire meno cool, si può dire che il suo cinema è rimasto fermo a un decennio fa, che non si è evoluto, che non è cambiato, che quello che aveva da dire l'aveva già detto e meglio in La mia vita a Garden State. Eppure, nonostante tutto questo, a me la sua visione del mondo era mancata. È sempre la stessa, ma è ancora un bel vedere. (voto 6,5/10)