Alcuni anni fa sarebbe stato difficile prevedere che in breve tempo ci si sarebbe ritrovati con un gran numero di band dedite ad una forma più o meno classica di doom, mentre oggi ce ne sono talmente tante che la scena è satura. Sempre che di scena si possa parlare, dato che – in realtà – il fenomeno dello stoner doom fronteggiato da una cantante riguarda tanto gli USA quanto l’Europa e l’Australia. Già nel periodo 2008/2009 s’intravedevano gli effetti collaterali di questo proliferare di formazioni fatte con lo stampino, ma è ora che inizia a essere davvero complicato comprendere chi possa farcela e chi no. Esiste però l’eccezione che conferma la regola. The Great Depression non ha un aspetto che possa essere considerato positivo, dato che sia il riffing (banale e ripetitivo), sia le linee vocali (maschili e femminili) lasciano a desiderare. Essendo il recensore di turno un tipo assolutamente pacifico e bonario, non vorrebbe far credere che l’album sia inascoltabile (cosa che non è), ma è evidente che in mezzo alla marea di dischi a esso assimilabili che girano per la rete, questo al confronto ne esca tristemente sconfitto. Poi ovvio che se proprio non ce la fate ad accontentarvi dei Rituals Of The Oak e ne volete ascoltare una versione più groovy, magari questa band di Sunderland può fare al caso vostro.
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