Witches & Bullshit

Creato il 18 dicembre 2010 da Elgraeco @HellGraeco

19 Settembre 2013

Quale Cameron è meglio? è il nuovo manifesto simbolo della Pandemia. Il primo ministro è stranamente colorato di giallo, come un infetto. Dietro devono esserci gli stessi responsabili dei Yellow Fab Four. Solo che la Cameron sulla sinistra è vecchia, al punto tale che la gente potrebbe preferire comunque l’altro. Quello che ci ha salvato il culo, come recitano gli slogan della propaganda. Più o meno.
Ho qualche linea di febbre. Mi hanno messo a letto, in branda. Riposo forzato, oppure una palla in fronte. A me la scelta.
Confidano nella mia collaborazione volontaria.
Anch’io.
In mattinata mi hanno fatto tre prelievi, ma non mi hanno detto ancora nulla.
L’unica cosa che mi consola è che ancora non mi hanno dato fuoco. Questo vuol dire che sto bene. Per il momento. Ma in questo campo militare le cose evolvono in fretta.
A casa di Zooey, nella Safety Zone, veniva spesso a trovarci un medico. Anche quello faceva dei prelievi.
A Zooey faceva anche delle iniezioni. Sosteneva servissero per tenerla in piedi.
La carne era pericolosa da mangiare. Ma se a un celiaco togli anche quella, lo condanni a morte per inedia. Ragion per cui, giù di ricostituenti. Oppure le flebo nel braccio.
I risultati del test, passato il sangue su dei campioncini reattivi di ultima generazione, simili alle piastrine per la glicemia, venivano trascritti in sede, su moduli dotati di tre colonne, oltre a nome e codice numerico del paziente e ufficializzati, insieme alla verifica della tessera personale, da fare ogni volta.
Ho sbirciato più volte, leggendo i risultati capovolti dei residenti di zona dagli altri moduli lasciati sul tavolo dal dottore sempre più stressato. Ho sempre visto i segni di spunta sulla prima o la terza colonna.  La terza colonna vuol dire niente di buono. Nell’ultimo periodo, sulla mia scheda quello stronzo la spunta la metteva sulla colonna di centro.
I due militari che accompagnavano il dottore, però, mi impedivano di fare domande.
Entra nella tenda. È agitata. Prende lo sgabello, si siede accanto alla brandina e mi fa: “We’re gonna get outta here! Now.”.
Se l’ha detto vuol dire che è vero. E che è già tardi, perché mi ha fatto riposare. Scema.
Provo ad alzarmi.

***

18 Dicembre 2015

L’altro ieri la rete è andata down. Credevo fosse finita. Che i server avessero dato via l’anima. Il mio blog, invece, oggi è ancora online. La benzina per il generatore è poca. Questo significa che d’ora in avanti mi collegherò solo qualche minuto al giorno per far durare il più possibile la batteria del tablet ed evitare ricariche.
Settimana scorsa ci sono stati ben undici visitatori. Sarà merito delle nuove tag sconce che ho adottato, in culo al giallo, yellow anal e via dicendo, oppure qualcuno riesce ancora a trovare interessante ciò che ho da dire. O è proprio disperato.
In ogni caso, ovunque voi siate, non ho buone notizie.
Ficcatevelo bene in testa. Ne ho abbastanza dei vostri buoni sentimenti del cazzo. E delle vostre speranze idiote. E delle vostre stronzate.
Fanculo.

Qualche giorno fa ho compiuto trentanove anni. La cosa non mi ha solleticato. È successo. Come molte altre cose. Non sono rimasto lì a rifletterci come un coglione.
Non dovreste neanche voi.
Ognuno di noi ha fatto il possibile per arrivare fin qui, lo sappiamo. Ora è meglio pensare all’impossibile.
La pressa che ho trovato è ottima. Stamattina ci siamo esercitati a preparare cartucce a pallettoni da 11/0. Nove a cartuccia. Chiusura a orlo tondo con dischetti a frattura.
Mi servono altri inneschi.
Manca ancora qualche mese, dopo di ché diventerò padre. Lei saprà tutto ciò che le occorre in fatto di fucili e munizioni molto prima di dover imparare a fare la mamma.
Faccio del mio meglio per nascondere l’angoscia.
Fa un freddo porco. E non abbiamo trovato ancora del latte in polvere.

Lei vuole che le racconti storie di fantasmi. Le piace ancora spaventarsi. Dice che le serve per distrarsi da tutto il resto. Fuori è indistinto, coperto sotto una decina di centimetri di neve. Tutt’intorno a noi.
Abbiamo intaccato la nostra riserva di scatolette. Zuppa di funghi. Non è prudente mettersi a sparare agli animali. E non sono un cacciatore così abile. So pescare, ma il fiume è ghiacciato.
Ci ho provato lo stesso mantenendomi sulla sponda e facendo un buco nel ghiaccio buttandoci una grossa pietra. Non era così spesso come sembrava. Non ho preso nulla. Non ne vale la pena. Alla fine ero stanco morto e intirizzito dal freddo. E non posso ammalarmi.

Comincio a essere imprudente. Il rifugio è ben nascosto e, con la neve che s’è posata, anche mimetizzato. Così mi sono concesso il lusso di accendere la stufa a legno per ben cinque notti di fila. Potrebbero esserci degli sciacalli, in giro. Lo so. Ma non me ne frega un cazzo.
Abbiamo rinunciato con piacere ai pesanti giacconi di pile e agli scarponi. Almeno per qualche ora. Sufficiente a tenerci stretti sotto i sacchi a pelo aperti. Tutto normale. Va tutto bene. A parte il fatto che un mal di denti può ucciderci.
La quinta notte è accaduto, proprio nel mezzo di una storia di fantasmi:
una risata femminile, là fuori, isterica e furibonda. Un misto di dolore e follia. Sempre più vicina, sempre di più. Finché non ha cominciato a sbattere con violenza sulla porta sprangata. Non la voce, ma il corpo infetto che la sosteneva.
Rideva, ma sembrava che piangesse. Poi ha iniziato a urlare. E non ha smesso fino alle prime luci. Come lo spirito irlandese che annuncia la morte di un familiare.
E neanche lei ha smesso di tremare.

La mattina dopo sono uscito armato di fucile, nonostante il suo parere contrario. Mi sono voltato a guardarla. Mi ha detto di non farlo più, in quel modo. Quello sguardo se l’è visto addosso troppe volte… le mette i brividi.
Eccola lì, la nostra banshee. Raggomitolata per terra. Senza più un briciolo di forza. E, nonostante il gelo, ancora viva.
Non appena ha sentito il rumore degli scarponi ha sollevato la testa nella mia direzione e ha digrignato di denti. Un giallo livido, labbra annerite per il freddo e la denutrizione. Occhi vitrei. Eppure continua a ringhiare. Ha allungato una mano, le unghie scorticate, alcune dita scure, probabilmente fratturate. L’ho colpita con il calcio del fucile sui denti, facendogliene saltare almeno quattro. Sentire l’impatto e il rumore dei denti che si spezzavano sotto il colpo mi ha dato gusto. Quasi quanto vedere le gocce di sangue nere uscirle dalla bocca e chiazzare la neve.
Le ho dato un nome in fretta: Carla.
È una cosa che faccio da quando ho visto quel prete e il suo esorcismo. Do loro dei nomi. Per acquisire potere su di essi. Carla è una strega gialla. E io devo trovare dei contro-incantesimi. O finirà per fotterci. Lei o quelli come lei.
Carla mi era sembrata morta. Poi ho scoperto che era solo svenuta.
Ecco una novità: svengono, questi figli di puttana.
Ho fatto per spararle, poi ho cambiato idea.
Penso al fumo del fuoco che ho acceso.
Se persino questa troia schiumosa l’ha visto, è il caso di aspettarsi delle visite. Oppure di farne qualcuna io: giocare d’anticipo.
Vorrei fare due chiacchiere con quel cazzo di prete. Subito. Ho visto una parabola, sul tetto di casa sua. Voglio sapere che danno sulla BBC.

***

1 Ottobre 2012

Ha tossito, si è portata una mano sul naso. L’ha ritratta che era imbrattata di sangue. Il suo. Mi ha fulminato, poi, mentre ero ancora a cavalcioni su di lei, ha detto:
“Rescue’s here”.
E ha anche aggiunto: “Fuck off!”.
Si chiama Erica. Lavorava da Harrods.
E, per qualche ragione, ora ha una tessera arancione, proprio come me. l’arancione identifica il settore della popolazione addetta ad arte e intrattenimento, ovvero tutta quella gente che, coi suoi racconti e le sue stronzate pseudo-culturali, riesce a distrarre le persone serie, oltre che insegnare a leggere e scrivere. E che viene anche pagata per questo, almeno in teoria. Le giornate sono diventate lunghe.
È stata Zooey a farcele avere. Così come i rispettivi alloggi nella SZ013, una delle tante Safety Zone.
A dispetto del nome, le SZ appaiono come normali complessi di villette a schiera. Ma lì dentro, sostiene il primo ministro Cameron, si è al riparo dal contagio. Acqua e alimenti sono controllati, il resto sta a noi. Niente colpi di testa, quindi.
Esistono altri tre colori:
tessera blu, raggruppa tutti i tecnici, dal semplice elettricista, al fornaio, al fisico nucleare.
tessera rossa, medici.
tessera nera, vip e politici.
I militari sono tesserati per i fatti loro.
Tutto il resto è carne da macello. Non viene detto apertamente, ma è così che stanno le cose.
È iniziata in sordina la politica dei rimpatri. Su gentile invito. Altrimenti ti danno volentieri un calcio in culo.
Io non posso essere reimpatriato. Devo prima essere giudicato per omicidio. Zooey s’è offerta di coprire tutte le spese legali.
Ma, essendo i casi di aggressione e violenza in incremento costante, tutto fa supporre che mancherà il tempo anche solo per preparare la documentazione necessaria a incriminarmi. E poi, ho già la tessera. E questo dovrebbe far precipitare la situazione. Oltre al fatto che le carceri non servono più a nulla.
Erica è preoccupata per i suoi rimasti a Brighton. Non rispondono al telefono.
Zooey è preoccupata per la sua famiglia. E per suo marito a L.A.
Anche io ho perso i contatti. Ma ero solo anche da prima che scoppiasse l’epidemia. E senza un soldo. Gli ultimi li avevo spesi per venire fin qui a trovare un amico e farmi ospitare. Non l’ho più visto.
Seduto davanti alla porta di casa. Chiacchiero con Erica che ha sulla faccia una maschera protettiva. Riesco a farla ridere. Dubito che voglia ancora ammazzarmi per la storia del naso rotto. Anche il mio orecchio va meglio.
Mi ricordo una cosa, mentre Erica mi descrive i dintorni di Brighton e casa sua: la bolletta della luce è scaduta da più di un mese e non pago il condominio da almeno quattro.
Mi metto a ridere. Erica ride anche lei. Forse crede che sia il caso, anche se non sa perché.

fine quarto episodio

Altri episodi QUI


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :