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Wizzy – Racconti commemorativi

Creato il 01 agosto 2013 da Visionnaire @escrivere

Era a disagio. Non c’era alcun dubbio. Il bellissimo vestito di pizzo e raso che indossava era troppo fasciante, le scarpe di vernice iniziavano a farle male e aveva una voglia immensa di scompigliarsi i capelli e fumare una sigaretta. Niente di tutto ciò. Doveva stare ferma, sorridere e godersi questa giornata. Era il suo momento. La ricompensa per una vita di stenti, di speranze, di illusioni ma anche di traguardi raggiunti. Il sogno si era avverato e lei era lì.

“Ancora non ci credo. Potrebbe essere un incredibile errore di persona? No, non è possibile. Ho visto la mia foto ovunque e sono proprio io. Cosa succederà domani? Sarò la stessa di ieri? Sì, in fondo nulla cambierà, sarà solo più impegnativo gestire la mia vita. Dopo il rumore di questi giorni, dopo i giornali, le interviste, le telefonate, sarò sempre io, con le mie poesie, con il mio mondo, con le mie visioni e quella voglia di scrivere che mi attanaglia la mente. Non devo perdere tempo, non me ne rimane molto. Mi devo concentrare sui miei progetti e isolare il frastuono della vita che scorre. Quanto vuoto rumore ci circonda. Non esiste più pacatezza. Tutti urlano pensando che sia l’unico modo per farsi sentire”.

In quel momento Wizzy avrebbe voluto avere accanto i genitori, gli amici più cari, suo marito, ma il tempo è bastardo (così lo definiva) ed era rimasta sola, con le sue poesie e la sua fervida immaginazione.

“Pesante è la vita dopo tante perdite, ci si sente incompleti, approssimativi, senza quelle presenze, quelle voci che riscaldano il cuore e scandiscono il tempo. I miei nuovi amici sono il ricordo e il dolore, ma non posso dimenticare e l’accettazione diventa l’unico rimedio. Chi troppo sente, sentirà per sempre”.

Stanca, spossata e sempre più agitata, Wizzy chiuse gli occhi con la speranza di trovare l’ispirazione, per quello che doveva essere il suo discorso di ringraziamento. La sua memoria iniziò a volare, alla ricerca di ricordi, in quel tortuoso labirinto che era la sua mente, troppo piena di passato, satura di emozioni, ma ancora vigile e desiderosa di vita.

“Deve pur esserci un’uscita,
è più che certo.
Ma non tu la cerchi,
è lei che ti cerca,
è lei fin dall’inizio
che ti insegue,
e il labirinto
altro non è
se non la tua, finché è possibile,
la tua, finché è tua,
fuga, fuga.”
Labirinto – Wislawa Szymborska

“Dio mio, quante preoccupazioni mi ha dato mia figlia. Sembrava vivesse in un altro mondo. Non era normale che da ragazzina fosse sempre sola, con una penna, un quaderno e il solito libro di poesie nelle mani. Profondamente intelligente, dimostrava interesse solo per le materie letterarie. Una volta la trovai a osservare le nuvole e a scrivere con una vitalità da non sembrare umana. Mi preoccupai tanto da pensare a un collegio, dove potesse ricevere una buona educazione dietro una costante vigilanza, ma per lei, spirito libero, avrebbe significato la morte del suo essere. Non credevo nella poesia, come non credevo a una vita che non fosse casa, marito e figli. Poi l’ho vista crescere, sposarsi, ma soprattutto ho capito il potere che aveva nel cuore e nella mente. Era diventata una meraviglia, sapeva scrivere come nessun altro al mondo. Le sue poesie diventarono necessarie come il pane quotidiano, anche per me così riluttante ed estranea. Sapeva infondere quella pace interiore, quella serenità che attirava l’affetto altrui. Era impossibile non amarla, piccola creatura che si nutriva del mondo, affamata di emozioni. Quanta disperazione ho provato per non averla capita fin da subito, ma ho cercato di rimediare dandole tutto quell’amore materno che sentivo nel cuore. Avrei voluto essere la madre desiderata, ma ormai lei era figlia della natura, delle nuvole, del sole, del vento, della poesia”.

“In confronto alle nuvole
la vita sembra solida,
pressoché duratura e quasi eterna.
Di fronte alle nuvole
perfino un sasso sembra un fratello
su cui si può contare,
loro invece sono solo cugine lontane e volubili.”
Nuvole – Wislawa Szymborska

Non sono mai stato al primo posto, ma sapevo accontentarmi. Prima di me venivano le sue poesie, le visioni, il mondo interiore, le pubblicazioni, ma io non le ho chiesto più di quello che riusciva a darmi e nemmeno l’ho preteso. Sapevo di avere uno spazio nel suo cuore e questo mi era sufficiente. Amavo tutto di lei, i silenzi, gli umori, gli sguardi, la passione per ciò che faceva. Il suo amore non è mai stato esplicito, ma solo sotterraneo. A ventidue anni accettò di sposarmi e questo divenne il solo sentiero che avrei voluto percorrere. Era tanto giovane, mentre io avevo quindici anni di più, ma mi era sufficiente una carezza della sua mano per riacquistare la forza di credere e di pensare a noi, immerso in quella vita che solo lei sapeva donarmi. Mi piaceva svegliarmi di notte e osservarla mentre dormiva, con il solito foglio in mano, convinta del fatto che l’ispirazione non potesse aspettare. La guardavo e la vedevo indifesa, bisognosa di affetto e di forza per continuare a essere se stessa, nel ruolo scelto nella vita. Contavo i suoi respiri, ascoltavo i gemiti sonnolenti e la amavo, con quella incontenibile profondità che non credevo di possedere. Poi, quando il sonno mi vinceva, le posavo un bacio sulla guancia, una carezza sulla fronte e mi addormentavo, appoggiando la testa sul suo braccio per essere sicuro che nessuno la portasse via da me. Una notte decisi di leggere le poesie che stava scrivendo e mi resi conto di come fosse destinata a un luminoso futuro. In esse sentivo la voce della natura, la solidità dell’amore, l’allegra spensieratezza della mente che viaggia sopra il tempo, incurante del male e dell’inquietudine del vivere. Nei suoi versi non ho trovavo uno spazio tutto mio, ma solo ora capisco che lei descriveva l’amore raccolto e una parte di questo, proveniva da me. Non sono mai stato geloso del suo successo, della fama conquistata, perché lei era dentro di me, come il sangue che scorre nelle vene. La mia esistenza è stata più breve della sua, ma sono sempre al suo fianco, nelle battaglie vinte e, specialmente, in quelle perse. Il suo scritto sarà immortale, figlio e tesoro del nostro tempo. Qualcuno ha affermato che per lei fossi solo un’ombra. Anche il sole crea ombre, ma il suo calore è fonte di vita e io non potevo sperare in una vita più bella”.

“Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.”
Un amore felice – Wislawa Szymborska

“Siamo sempre state amiche. Mi bastava uno sguardo per leggere i suoi pensieri. Sapevo quello che avrebbe detto prima ancora che iniziasse a parlare. Sembrava una persona tranquilla, con tante certezze e nessun dubbio, ma non era così. Era tempesta. Sensazioni, emozioni, paure si scontravano dentro la sua mente in un continuo conflitto e, da queste battaglie, nascevano poesie. Versi belli come la natura, pieni di amore e tenerezza, senza limiti, come un orizzonte infinito, dove lo sguardo non trova barriere. Non si accontentava mai e viveva nella costante paura di non essere all’altezza. Erano questi dubbi a spingerla in territori sconosciuti, lei che sentiva la voce di ogni cosa e sapeva raccontarla a noi, perennemente ciechi e sordi. Era bello stare insieme, come sorelle, unite da un forte legame, che l’amore rinvigoriva ogni singolo giorno della nostra esistenza. Sapevo che sarebbe arrivata lontano, superando confini, attraversando terre e mari, per diventare la voce di tutti noi”.

“La poesia-
ma cos’è mai la poesia?
Più d’una risposta incerta
è stata già data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come all’àncora d’un corrimano”.
Ad alcuni piace la poesia – Wislawa Szymborska

Wizzy aprì gli occhi, il momento era quasi arrivato. Tra poco le sarebbe stato consegnato il premio Nobel. Era emozionata, ma ora sapeva cosa dire e chi ringraziare.

“Dedico questo premio all’Amore, in tutte le sue forme, perché è l’Amore che mi ispira, che mi tiene in vita, che mi fa sorridere anche nei giorni bui. Ho ricevuto tanto di quell’affetto che una vita non basterebbe per raccontarlo. Che sia quello di una madre, di un compagno, di una cara amica, non ha importanza, perché la parola Amore può contenere tutto questo. Noi dobbiamo parlare e scrivere di questo Amore. L’Amore è gioia, scrivere è gioia”.

“C’è dunque un mondo
di cui reggo le sorti indipendenti?
Un tempo che lego con catene di segni?
Un esistere a mio comando incessante?
La gioia di scrivere.
Il potere di perpetuare.
La vendetta d’una mano mortale.”
La gioia di scrivere – Wislawa Szymborska.


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I racconti commemorativi di È scrivere

Evento: Un anno e mezzo dalla morte di Wislawa Szymborska

Biografia (da Wikipedia):

Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012) è stata una poetessa e saggista polacca.

Premiata con il Nobel nel 1996 e con numerosi altri riconoscimenti, è generalmente considerata la più importante poetessa polacca degli ultimi anni. In Polonia, i suoi volumi raggiungono cifre di vendita che rivaleggiano con quelle dei più notevoli autori di prosa, nonostante in un’occasione Szymborska abbia ironicamente osservato, nella poesia intitolata Ad alcuni piace la poesia (Niektorzy lubią poezje), che la poesia piace a non più di due persone su mille.

L’autore:

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    Pagu

    Chi sonoMi piace la buona lettura, la musica, il cinema, il fitness e il karatè. Penso che avere tanti interessi aiuti a vivere bene, per cui mi auguro e vi auguro di avere il tempo per fare le cose che ci piacciono.


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