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Il rapporto genitori/figli analizzato con leggerezza e profondità. Momuro Hosoda confeziona una splendida fiaba moderna che ci fa riflettere su quanto sia difficile educare e crescere.
Genitori e figli. Educare e crescere. Il numero delle opere letterarie e cinematografiche che si basano su queste semplici coordinate si sprecano. Eppure, nonostante questo, il complicato compito di prendersi cura al meglio della propria prole e l’altrettanto difficile diritto e dovere di farsi largo nelle strade della vita, sembrano non essere mai sviscerati abbastanza. D'altronde è un tema complesso, così ricco di possibili variabili, così imprevedibile nei suoi sviluppi, così arduo da mostrare e analizzare, soprattutto in una narrazione con un tempo e uno spazio limitato, come i minuti di un film o le pagine di un libro. Come si fa, allora, a prendersi l’onere di raccontare la vita nel suo svolgersi? Come si può fare a farlo senza banalizzare o senza estremizzare i suoi avvenimenti? Come si può farlo in un film d’animazione di nemmeno due ore, dove, tra l’altro, tra i protagonisti troviamo dei licantropi?Per tentare di dare una risposta a queste questioni (soprattutto all’ultima), un’ottima idea sarebbe quella di trovare un po’ di tempo e guardarsi Wolf Children, ultimo film di Mamuro Hosoda (1967), passato nei nostri cinema un solo giorno ( 13 novembre 2013) e ora disponibile in DVD e Blu-ray. Il film narra la vicenda di Hana, giovane studentessa universitaria, che tra lezioni e lavoretti part-time si innamora di un ragazzo misterioso e taciturno. I due iniziano una relazione, fino a quando il ragazzo non svela ad Hana uno scioccante segreto: quello di essere un licantropo. Nonostante questo, l’amore tra i due non viene meno e Hana dà alla luce due bambini, Yuki e Ame, nati anche loro con la stessa capacità del padre. Quando questi sono ancora piccoli il padre muore tragicamente. Di conseguenza Hana è costretta a farsi carico da sola dei propri figli e decide, quindi, di trasferirsi dalla città alla campagna per proteggere la natura dei piccoli , fino al momento in cui essi sarebbero stati abbastanza grandi per decidere dove voler vivere, nel mondo degli umani o nella natura, come lupi, in tutto e per tutto.
Dopo aver letto la trama, potreste pensare che Wolf Children sia una favoletta fantasy per bambini e quindi decidere di snobbarlo come tale. In tal caso fareste un grosso sbaglio. Hosoda, infatti, ha realizzato un’opera ambiziosissima, che si propone di lasciar fluire la vita davanti ai nostri occhi, ponendo enfasi sulle tantissime sfaccettature dei rapporti famigliari e mostrando con delicatezza il peso dell’esistenza e delle scelte che essa ci obbliga ad affrontare. L’elemento fantastico della doppia natura umano/lupo ci conduce a diversi riferimenti metaforici. Esso, infatti, sottolinea il sentimento di inadeguatezza che una madre prova nel confrontarsi con il compito di crescere i suoi figli (una madre completamente umana per due bambini metà uomo e metà lupo), inoltre enfatizza la problematica di conoscere se stessi, proponendo una scissione di partenza che deve essere accettata e ricomposta e, infine, ci pone davanti al dovere, proprio di ognuno di noi, di scegliere il nostro posto nel mondo.Il film è cosparso di momenti davvero memorabili, dove i sentimenti esplodono in immagini stupende e i personaggi rivelano tutta la loro complessità e fragilità. Così, dietro i perenni sorrisi di Hana, si nasconde la paura di non aver fatto abbastanza per i suoi figli, dietro l’apparente timidezza di Ame, c’è il carattere fiero di un lupo solitario che sente il richiamo della foresta e nell’esuberanza di Yuki si cela una profonda insicurezza. Wolf Children punta ad un realismo nella descrizione delle relazioni umane che è straordinario per un’opera d’animazione. Hosoda contrappone ai fantastici voli di Miyazaki, un’ eccezionale attenzione per il quotidiano, che non punta a sconvolgere e meravigliare, ma “solo” a farci comprendere e partecipare delle tortuose vite dei personaggi e delle loro decisioni, fino a quel “ Vivi la tua vita!” finale, gridato al cielo come un selvaggio ululato alla luna.
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