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Wolfenstein: The Old Blood – Finalmente ritorniamo nel Castello

Da Videogiochi @ZGiochi
di Luca "Neuromante" Paternesi

L’uscita di Wolfenstein: The New Order, lo scorso anno, si era rivelata una splendida sorpresa: dopo un capitolo leggermente sottotono (2009) sviluppato da Raven Software la storica saga Id era tornata ai fasti che le competono grazie al sapiente lavoro svolto da MachineGames. The New Order è risultato essere uno dei migliori shooter dei tempi recenti grazie ad un gameplay old style perfettamente calibrato e ad una narrazione di livello non comune per uno sparatutto in prima persona.

Ad un anno di distanza MachineGames ritorna sulle avventure di B.J, Blazkowitz con un’espansione stand-alone che funge da diretto prequel degli eventi di The New Order e se sarà riuscito a mantenere l’eccellente qualità del gioco originario è ciò che andremo a scoprire nel prosieguo di questo articolo.

WILLKOMMEN AUF BURG WOLFENSTEIN

Come sopra accennato gli eventi di The Old Blood si collocano appena prima quelli narrati in The New Order, nel 1946, con il buon Blazkowitz intento ad infiltrarsi nel celeberrimo Castello Wolfenstein, alla ricerca di un importantissimo dossier, che permetterebbe alle forze alleate la localizzazione del complesso in cui il generale Dethshead sta mettendo a punto le mostruose macchine belliche naziste con cui il Reich sta per vincere la guerra e gettare il mondo nella mostruosa ucronia di cui viene narrato in The New Order.

Questo prequel segna in un certo qual modo un ritorno alle origini della saga in quanto per la prima volta dai tempi del meraviglioso Return to Castle Wolfenstein B.J. Blazkowitz si ritroverà a doversi infiltrare e poi fuggire dal castello che da il nome alla saga. La storia è divisa in due macrocapitoli a loro volta composti da quattro episodi ognuno. La prima parte della storia sarà incentrata totalmente nell’infiltrazione e successiva fuga dal Castello Wolfenstein mettendoci contro un villain splendidamente caratterizzato, una location meravigliosa e nemici (organici, meccanici e… Biomeccanici) appassionanti da affrontare e estremamente ispirati. La seconda parte di gioco, ambientata nella città di Wolfsburg, invece, si rivela leggermente sottotono sia per narrazione, per linearità ambientale ed infine per caratterizzazione dei nemici (i vecchi cari nazisti non morti). A scanso di equivoci entrambe le campagne offrono al giocatore svariate ore (11-12 al massimo livello di difficoltà) di divertimento sia ludico che prettamente narrativo ma è pacifico che la prima abbia assolutamente una marcia in più e che, forse per questioni di tempo e\o budget, la seconda finisce per sembrare un filo più arrangiata e meno ispirata. In definitiva, narrativamente parlando, questo prequel offre decisamente meno del capitolo principale virando molto di più verso la pura azione, ma non possiamo comunque non rimarcare che la componente narrativa risulta comunque decisamente al di sopra dello standard medio degli FPS.

OLD BUT GOLD

Per il gameplay di The Old Blood i MachineGames hanno optato (come era prevedibile) per una trasposizione quasi completa di quello del capitolo principale e questo è da considerarsi un enorme pregio in quanto The New Order, con la sua miscela di meccaniche old e adrenaliniche, si era imposto come uno dei migliori shooter degli ultimi anni. Ci sono delle piccole divergenze comunque in questo prequel in quanto, seppur il gameplay sia pressoché identico, esso differisce da The New Order in quanto a level design. Le aree del castello sono estremamente ispirate ed evocative (soprattutto per chi in passato c’è già stato nei precedenti capitoli) ma altresì sovvengono anguste e meno esplorabili rispetto alle ben più ampie location di The New Order, anche quando nella seconda parte di gioco lasceremo Castello Wolfenstein per addentrarci nella città di Wolfsburg avremo sempre la sensazione di essere in uno stretto corridoio. Tutto ciò ovviamente è da intendersi come una precisa scelta ludica ma ciò non toglie che, seppur siano presenti ancora aree segrete da scoprire e parecchi collezionabili da ricercare, The Old Blood risulta decisamente più lineare del titolo da cui deriva. Altra piccola, ma tutt’altro che trascurabile, divergenza col gameplay di The New Order è la presenza tra i “gadget” a disposizione di Blazkowitz di un tubo di metallo componibile che finirà per essere il coltellino svizzero di McGyver per il nostro eroe: potremo usarlo come arma contundente, come piede di porco, come strumenti per spettacolari uccisioni silenzione (al pari del coltello) e last but not least come rampini (una volta disassemblato) per arrampicarsi su pareti verticali e risalire verso location altrimenti inaccessibili.

Nonostante la sua bontà, comunque, il gameplay di The Old Blood non è propriamente perfetto e se, come nel titolo di origine, si può definire (e apprezzare) una scelta stilistica l’IA dei nemici che tende ad affrontarci spesso “di petto” non possiamo chiudere un occhio sullo sbilanciamento delle due sezioni di gioco. Esattamente come nel comparto narrativo la seconda parte dell’avventura di Blazkowitz sembra quasi realizzata in maniera sbrigativa sia per una linearità ancora maggiore rispetto al castello (seppur si sia in una location virtualmente aperta) sia per la tipologia di nemici che passano dall’essere senzienti soldati nazisti in grado di darci discreto filo da torcere a ebeti non morti decisamente meno gustosi da affrontare. Ovviamente non ci riferiamo a una diminuzione della difficoltà di gioco in quanto The Old Blood è e rimane anche in questa seconda parte un gioco decisamente ostico, ma non possiamo non notare che i tremanti (così vengono definiti i non morti), seppur attacchino in “branco” e per questo sono in grado di darci parecchio filo da torcere, risultino decisamente meno gustosi da affrontare della loro controparte senziente finendo per apparire più come carne da cannone che come veri avversari. Le due campagne differiscono in quanto a qualità anche per il villain di turno: memorabile il primo sia come caratterizzazione che come gusto nello scontro, mediocre il secondo che ci conduce alla fine del gioco a un boss decisamente sottotono.

Nonostante queste piccole storture comunque promuoviamo appieno il gameplay di The Old Blood nel suo complesso in quanto, come il capitolo originario, si presenta adrenalinico ed estremamente godibile nella sua classicità sia che lo si affronti gettandosi nella mischia brandendo una (o due contemporaneamente) delle tante (e ottimamente realizzate) bocche da fuoco presenti nel l’arsenale di Blatzkowitz, sia che lo si affronti in maniera più ragionata e “stealth” propendendo per uccisioni singole e silenziose. Rimarchevole infine, anche visto il prezzo budget d’acquisto, sovviene la longevità: oltre dieci ore affrontando il gioco alla massima difficoltà sono un traguardo ragguardevole per il genere e seppur siano più o meno la metà di quello che offriva il capitolo principale ci sembrano assolutamente commisurate al prezzo richiesto per l’acquisto. Completano l’offerta ludica gli immancabili collezionabili da ricercare, una modalità sfida che permette di riaffrontare alcune situazioni presenti nei vari livelli dandoci una valutazione per il completamento ed infine la possibilità di rigiocare tutti e nove i livelli del primo episodio di Wolfenstein 3D (Escape from the Castle Wolfenstein) nei sogni di Blazkowitz ogni qual volta ci troveremo a dormire in apposite location segrete nei livelli di gioco.

COME PRIMA, Più DI PRIMA

Il motore di gioco, come era ovvio aspettarsi, è lo stesso di The New Order con qualche piccola rifinitura, come una migliore realizzazione delle textures e vari effetti luce migliorati che permettono all’engine grafico di fare una figura più che dignitosa anche a distanza di un anno dall’uscita del capitolo originario. L’aspetto artistico del titolo MachineGames è, come nel capitolo originario, assolutamente eccellente con location ispiratissime capaci di scorci notevolissimi e di altrettanta atmosfera e con personaggi (soprattutto i vari nemici) assolutamente ispirati e ben caratterizzati. Oltre alla versione Xbox One, oggetto di questo test, abbiamo avuto modo di fare qualche prova anche con la versione PC e ci sentiamo di dire che, a parte un aliasing decisamente meno marcato, non abbiamo notato molte differenze con una versione per console assolutamente ben realizzata. Di buon livello sovviene infine il comparto sonoro che, seppur privo della stratosferica colonna sonora ucronica del capitolo originario, presenta accompagnamenti ed effetti sonori assolutamente azzeccati e funzionali. Di eccellente livello infine il doppiaggio (completamente in italiano tranne i dialoghi in tedesco) assolutamente caratterizzante per i vari personaggi e perfettamente contestualizzato.


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