Bisogna subito dire che questo film lo si trova sul tubo qui, in russo con sottotitoli in inglese. Appartiene a un discorso tutto a se, quello misterioso e insondato dei film fantasy russi.
I russi girano fantasy, con qualche piccolo e inevitabile strafalcione, non cavandosela per niente male. Il film è affrontabile anche sottotitolato in inglese, dal momento che i dialoghi non è che siano propriamente molto profondi. Giusto giusto necessari per capire chi sono i cattivi e chi sono i buoni.
Nikolai Lebedev deve aver intuito, però, che la distribuzione di un film fantasy russo poteva non essere semplice, pur trattandosi di un buon prodotto: ha quindi facilitato le cose spingendo la mimica facciale dei suoi attori tanto da rendere quasi stigmatici i loro tratti caratteriali. C’è Volkodav (ovvero Wolfhound), che ama la solitudine ma alla fine no perché è un cuore impavido e coraggioso; c’è la principessa Helen che incarna tutta la bontà e la bellezza della terra; c’è il cattivo davvero molto cattivo che uccide bambini e donne incinte (Zhadoba). Insomma, si capisce subito da che parte sia meglio stare e il comparto visivo aiuta a non necessitare di altre spiegazioni se non quelle che si apprendono osservando la condotta dei personaggi.
La trama: il sacerdote Zhadoba stermina un villaggio uccidendo donne e bambini e dando fuoco alle case. Lascia un solo sopravvissuto, il quale viene marchiato e fatto schiavo: si tratta del piccolo Volkodav che assiste impotente all’omicidio del padre e della madre.
Anni dopo, fuggito dalla schiavitù e divenuto abile e coraggioso combattente, va in cerca di vendetta, uccidendo prima il Man-eater (un compare sacerdote che partecipò alla strage voluta da Zhadoba) e quindi mettendosi in cerca del suo principale nemico che porta sulla mano destra un marchio di lupo e pratica riti sacrificali su povere bestie innocenti. Sulla sua strada incontrerà la bella principessa Helen promessa sposa al figlio di Men-eater e ne diverrà la guardia del corpo personale. La principessa nasconde però un segreto, per il quale è ricercata da Zhadoba.
Balza all’occhio lo sforzo per ottenere una buona resa dal punto di vista della fotografia e degli effetti speciali che, a sorpresa, sono migliori di certe presunte superproduzioni americane (come esempio in negativo, ricordo sempre 47 Ronin, una roba atroce) e risultano non troppo invasivi. Una buona parte del film è girata, però, in set naturalistici che aggiungono un’aria vichinga al film, qualora ce ne fosse necessità.
Prevalgono i toni freddi e cupi con poca concessione al colore se non per la bella veste nuziale della Knesinka Helen che spicca sul cupo grigiore di una cittadina condannata a non subire le variazioni stagionali vedendo sempre e solo l’inverno a cingerla.
Il montaggio non spicca particolarmente, se non per un interessante tentativo di incutere timore mostrando in parallelo la scena dell’addio della Knesinka e quella del sacrificio animale del potente e crudele Zhadoba, con la sua orribile doppia maschera a celargli il volto.
Buono il lavoro operato sulle scenografie, soprattutto nell’immaginare e ricostruire una città che è un insieme di richiami al Medioevo più cupo con qualche infiltrazione quasi horrorifica senza spingere troppo su nessuno di questi due aspetti.
I difetti maggiormente evidenti sono una certa ingenuità e semplicità nel caratterizzare i personaggi (giustificabile unicamente poiché trattasi di film di genere) e un pout-pourri di elementi eccessivo sul finale. Risente fortuitamente di alcune risonanze à la Peter Jackson ben sfruttate.
La durata (due ore e quindici minuti circa), potrebbe scoraggiare la visione di questo riuscito fantasy russo, ma la scorrevolezza narrativa garantisce di giungere sino alla fine del film senza interromperne prematuramente la visione.