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Women for Science, men for science

Creato il 16 dicembre 2012 da Fisiciaroundtheworld

ImageQualche mese fa ho letto questo libro, “Women in Science. Then and now” di Vivian Gornick.
Si tratta di un re-edizione di un libro pubblicato negli anni ottanta il cui intento era quello, oltre al ribadire la discriminazione imperante nel mondo accademico nei confronti del genere femminile, di chiarire il ruolo del movimento femminista come punto di riferimento per questa categoria di donne, così “diverse” dalle altre.

Non è propriamente un saggio in senso accademico ma una raccolta di riflessioni miste a interviste che l’autrice fece negli anni 80 a donne ricercatrici, docenti o comunque legate al mondo accademico e della ricerca. Si tratta di storie tanto di donne che hanno saputo ribellarsi all’ostracismo maschile (e maschilista) e che oggi ricoprono ruoli importanti in diverse università americane, quanto di donne che, viceversa, hanno subito ruoli imposti limitandosi irrimediabilmente a ricoprire posizioni di secondo piano nonstante decine di anni di esperienza sul campo.

Leggendo le storie di queste donne si resta affascinati dalla varietà di percorsi che hanno portato – e portano ancora oggi – a vite totalmente dedite alla ricerca scientifica. Vite dedicate a qualcosa che appare quasi come una missione, una passione o una necessità vitale.
E quello che diventa evidente al lettore (maschile) è che questi percorsi, declinati al femminile, non soltanto attraversano contraddizioni e ostacoli esterni ma hanno a che fare con l’auto-determinazione dell’individuo rispetto ai riferimenti indotti dalla propria educazione (ruolo delle madri) e rispetto alle responsabilità verso le generazioni future (i figli).

Vi scrivo però di questo libro, che peraltro inizia già ad essere datato, perché c’è qualcosa che mi ha colpito al di là della questione di genere in sé… si tratta di due osservazioni fatte dall’autrice:

- “The evidence demonstrates that anyone lacking the work-and-family support traditionally provided by a “wife” is at serious disadvantage in academe [..] About 90% of the spouses of women in academic science hold full-time jobs; less than half of the spouses of male faculty work full-time. A majority of male scientists testify that their wives are responsible for 80% of the child rearing and home-making that make their working lives possible.”

- molte delle donne intervistate riconoscono direttamente o indirettamente al femminismo un ruolo determinante anche per la causa delle “scienziate” perché, dicono, “science, feminism [..] came to seem methapors for each other”: e la metafora è quella della realizzazione come individuo.

Allora, lo “scienziato”, sembra ancora oggi così profondamente incardinato su una società strutturata e “solida” che lo sostiene e al tempo stesso gli consente di esprimersi in un lavoro che egli considera la chiave per la propria realizzazione d’individuo.

Quindi la mia domanda adesso è – e mi piacerebbe tornare in futuro su questi argomenti – questo mestiere di “scienziato”, come si può adattare a questa “modernità liquida” (come la chiama Baumann) in cui regnano i principi di produttività del “publish or perish” ? Che strade avete trovato, voi?



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