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Cosa spinge un regista di successo a disfarsi della proprie abitudini cinematografiche per tornare a frequentare quelle forme di linguaggio utilizzate negli anni degli esordi. Nel caso dei lungometraggi realizzati per il progetto di “Words with Gods” il motivo emerge in maniera netta dal filo rosso che attraversa le tante storie raccontate nel film, incentrate sul rapporto tra l'uomo e il divino. Il tentativo di individuare il legame che unisce l'esistenza delle persone con le forme di religiosità che normalmente le appartengono, costituisce di per sé una sfida alle regole del gusto e del commercio, che un autore ambizioso non si lascia sfuggire.
Aiutati e insieme costretti dalle limitazioni del minutaggio, i nove registi che firmano l'opera non si sono fatti pregare ne in termini di fantasia che di poetica, allestendo uno spettacolo che in ogni singolo frammento si mantiene coerente all’assunto di partenza. A far la differenza in questo caso non sono i contenuti del soggetto, ne i dettagli di un rapporto con il divino caratterizzato da sentimenti di inadeguatezza e di smarrimento, descritti così efficacemente dalla pioggia di sangue che conclude il segmento diretto da Guillermo Arriaga; oppure condensati nella disperazione di un uomo che cerca di comprendere il perchè di una tragedia che gli ha portato via moglie e figli, nel passaggio che Hideo Nakata dedica alle vittime dello tsunami del 2004. Perché “Words of Gods” è soprattutto un confronto di realtà geografiche e sociali diverse e di punti di vista spesso agli antipodi: si pensi al grottesco contrappasso della commedia degli equivoci proposta da Alex de la Iglesia, in cui un killer in fuga si ritrova sul letto di morte di un vecchio moribondo per impartirgli l’estrema unzione, accostato alla messinscena teatrale e solenne di Amos Gitai, con la declamazione di brani tratti dall'antico testamento utilizzati per commentare scene di ordinaria belligeranza che rimandano al conflitto israelo palestinese.
Come spesso accade nei film realizzati a più mani, anche "Words with Gods" mostra i suoi difetti quando si tratta di trasformare le peculiarità che lo contraddistinguono in un unicum organico e compatto. Il risultato è necessariamente altalenante e subordinato al desiderio dello spettatore di non perdersi il pezzo di bravura del proprio beniamino. Tra quelli qui presenti (ricordiamo tra gli altri Mira Nair, Warwick Torton, Hector Babenco, Jose Padilha) ritroviamo con piacere Emir Kusturica, corpo massiccio e spirito indomito, prestato alla cinepresa per il percorso d’ascesi del sacerdote ortodosso da lui stesso interpretato. Il tormento gratuito di quella via crucis e l’estasi che ne consegue, è solo uno dei molti percorsi che il film ci propone, ma in eguale misura concorre alla definizione di un’anima che“Words with Gods” dimostra comunque di possedere.
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