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world invasion

Creato il 27 aprile 2011 da Albertogallo

BATTLE: LOS ANGELES (Usa 2011)

locandina world invasion

Dopo aver visto un film così, in un sonnacchioso martedì sera di questa primavera vagamente autunnale, con un po’ di vino rosso calabrese in circolo a far volare pindaricamente il mio pensiero in ogni dove, non posso che pensare a una sola cosa. Ovvero alla faccia (di bronzo) di chi ha pensato di proporre a un produttore un simile soggetto. Ma ve lo immaginate? “Ehi mister, senti qua: alieni invadono la terra! Ma – aspetta che adesso viene il bello – una squadra di marines tenta di fermarli! Non è geniale? Dài, me lo finanzi ‘sto film? Eddài!” E quell’altro pirla che invece di premere il pulsante della botola e dire alla sua segretaria di non fare entrare mai più in ufficio quel tizio per nessun motivo al mondo ha staccato un assegno da, presumo, milioni di dollari. Perché World invasion (inspiegabile non-traduzione dell’originale e altrettanto brutto Battle: Los Angeles) è una specie di kolossal, un film lunghissimo, pieno di attori (alcuni anche famosi: Aaron Eckhart, Michelle Rodriguez…) e di effetti speciali: 120 minuti di nulla assoluto.

Il fatto è che se decidi di girare un film la cui idea è già stata sfruttata almeno un milione di volte (mi viene in mente il recente e orrido pure quello Skyline, ma l’esempio per antonomasia è sicuramente Independence day), ci sono due possibilità: o lo fai strabene (ma strabene davvero, come lo avrebbe fatto Kubrick, e con un budget da capogiro) o ci metti qualche trovata innovativa. In World invasion, diretto da un certo Jonathan Liebesman, non succede nè l’una nè l’altra cosa, e il film si riduce a un videogiocone fumettoso e noiosissimo che non va da nessuna parte e che, soprattutto, non riesce a coinvolgere nessuno, nemmeno lo spettatore (come me ieri) che si sarebbe accontentato di emozioni a buon mercato. Per non parlare dell’insopportabile retorica militaresca in stile John Wayne che pervade tutta la pellicola e della banalità di questi alieni, che sembrano già visti mille volte e non fanno paura nemmeno un po’. Ecco, appunto, non parliamone.

Alberto Gallo



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