Nel 1968 George Romero diresse il cap0stipite della famiglia zombie, “La notte dei morti viventi“, e da allora i non-morti sono entrati di prepotenza nei nostri cinema e nelle nostre case, mantenendo intatto nel corso degli anni l’aspetto orrifico che da sempre li ha contraddistinti (a differenza dei vampiri sempre più imborghesiti e dei lupi mannari sempre più palestrati). Marc Forster, regista di “007 – Quantum of Solace” e “Il cacciatore di aquiloni“, uno bravo ma non eccezionale per intenderci, sperimenta un film di guerra-horror-azione. Ebbene si, in “World War Z” c’è un po’ di tutto, dagli scenari epico-bellici che trovano consacrazione ed esaltazione nelle scene di massa computerizzate, ai classici d’azione con un protagonista tuttofare che suo malgrado dovrà salvare il mondo in una giornata in cui voleva solo fare una gita con la famiglia, per terminare con l’horror degli zombie-movie fatto di rumori improvvisi ed inciampi che possono costare la vita. Ma tutto questo, altro non è che l’abito che indossa Brad Pitt, solo ed unico protagonista, non certo per la mancanza di altri attori, tra cui spicca l’italiano Pierfrancesco Favino, ma per la centralità, forse persino eccessiva, del suo personaggio in giro per il mondo. Tanto che la sua figura iconica toglie spazio alla trama, che parte bene e con colpi di scena immediati molto interessanti, ma che finisce con il perdersi strada facendo tra le orde di zombie, e toglie spazio anche ad una sceneggiatura decisamente rivedibile, fatta di dialoghi monosillabici, privi di frizzantezza e troppo statici. Brad Pitt paradossalmente è sfortuna e fortuna del film, perchè, se da un lato oscura tutto il resto, dall’altro la sua capacità attoriale e fisica impone al film una forza comunicativa consistente, tanto da dimenticarsi spesso che in fondo “World War Z” non è poi un gran film. Di certo è fondamentale sottolineare la maestria con cui si gestiscono i richiami ad altre pellicole, come “Io sono leggenda“, “28 giorni dopo” e “Resident Evil“, omaggiando soprattutto i classici, pur attualizzando gli zombi senza stravolgere le loro caratteristiche. Di certo gli zombie di Romero erano famelici sonnambuli che si muovevano con lentezza sovrumana, troppa per il cinema moderno, mentre gli zombie di Forster sono bestie incavolate e morte di fame che corrono come giaguari a digiuno da mesi. Tuttavia è giusto che, dopo 45 anni, qualcosa nel mondo zombie sia cambiato e che si siano adattati ad un pubblico sempre più esigente, tanto che la menata ambientalista è dietro l’angolo, senza però che sia sottolineata fino allo svenimento. Ma sono due gli aspetti che abbassano di molto il giudizio di questo film: la parte israeliana è davvero di cattivo gusto, non solo per motivi politici, ma soprattutto per l’apologia del muro, e la sfiga che sembra perseguitare il tuttofare protagonista che forse, e diciamo forse, è davvero un tantino troppo esagerata. Ma non è un film che deve far riflettere, motivo per cui nel complesso è un buon film che mantiene molto alta l’attenzione e l’adrenalina, come si chiede ai film di guerra-horror-azione, anche se non regge il confronto con i classici del genere, pur stracciandoli in una ipotetica gara di velocità tra non morti.
Voto 5,5/10