Fana Mokoena e Brad Pitt
E’ ormai in atto una vera e propria pandemia, un virus sconosciuto ha colpito il genere umano, come spiega a Gerry il suo ex capo, Thierry (Fana Mokoena), intervenuto per trarlo in salvo insieme alla sua famiglia, facendo sì che trovino sistemazione in alto mare su di una nave militare.Ma in cambio dell’ “ospitalità”, il nostro dovrà riprendere servizio e mettersi in viaggio alla ricerca del “paziente zero”, la probabile origine della trasformazione degli uomini in zombie, “non morti”, dalla Corea del Sud a Gerusalemme e poi infine, dopo varie peripezie, a Glasgow, presso un centro medico dell’OMS, dove riuscirà a trovare un valido rimedio ed infine ricongiungersi ai suoi cari, anche se la guerra sembra essere appena iniziata …
Trasposizione cinematografica del romanzo World War Z: An Oral History of the Zombie War di Max Brooks (2006, già autore, tre anni prima, di The Zombie Survival Guide), su adattamento ad opera di ben quattro sceneggiatori (Matthew Michael Carnahan, J. Michael Straczynski, Drew Goddard, Damon Lindelof), World War Z, diretto da Marc Foster (regista poliedrico ma discontinuo nei risultati), si sostanzia come una pellicola quanto meno curiosa: pur presentando infatti, elementi propri dei generi horror (gli zombie) e sci-fi (la visione distopica di un’umanità debellata dai suoi stessi comportamenti), più che sfruttarne le caratteristiche tradizionali se ne serve funzionalmente per mettere in scena un classico action movie ad alto tasso di spettacolarità.
In conclusione, una confezione ipervitaminica con l’efficacia complessiva di un buon B movie, da intendersi anche nell’innovativa terminologia di Brad Movie, considerando la suddetta onnipresenza del protagonista (tra una scusa e l’altra viene spesso lasciato solo in scena, come nello sbrigativo finale, mettendo da parte il nostro Pierfrancesco Favino e Daniella Kertestz, così da godersi l’assolo al ralenti, lucido e trionfante, al suono di musica roboante, prima del fatidico ricongiungimento familiare). Nel complesso, come personale sensazione, mi sono tanto divertito quanto annoiato, non necessariamente nell’ordine, senza riuscire a trovare un valido riscontro emotivo ed empatico.
“Un passatempo estivo”, per adoperare le parole del buon vecchio Pitt, il quale continua così la frase: “francamente è una cosa che volevo fare per i miei figli”. Insolita manifestazione d’affetto familiare, proficua, soprattutto.