Un passo dopo l'altro i Verdena sono arrivati a WOW. Immaginare al seguito di Requiem era più facile di quanto si potesse pensare. Ma con questo non voglio dire che ci sia qualcosa di banale. Anzi. I Verdena hanno creato un linguaggio musicale tutto loro che, negli anni, si è allargato sempre di più e che ora ha davvero poco a che fare con i Nirvana o chicchessia. Il loro essere incastrati tra melodia e rumore è ciò che li rende unici in Italia, molto più di Marlene Kuntz o chi altro. La violenza di Requiem e la distorsione "stoner" di Requiem qui è smorzata da degli inaspettati coretti e interi pezzi accappella (sentite la canzone A capello per farvene un'idea).
L'idea di fare un intero disco senza chitarra e con il solo ausilio del pianoforte è stata abbandonata e forse è un bene. L'ago della bilancia si sarebbe sbilanciato verso la melodia. In WOW invece l'equilibrio è perfetto. Anzi, il livello di contaminazioni è perfetto: il numero di citazioni stilistiche è talmente alto da non poter più distinguere il coro beachboysiano dalla chitarra stoner, la pischedelia pinkfloydiana dai i ritmi inaspettatamente country. E' tutto un continuum, una massa informe di una strana sostanza chiamata Verdena e solo Verdena: non possiamo più azzardare altri paragoni. Sarà la nuova musica italiana a essere paragonata a loro.
Azzardo: è questo l'apice stilistico del gruppo bergamasco. Spero di essere smentito ancora una volta dal prossimo disco.
Ah, dimenticavo. Si tratta di un doppio. Questo non influisce sul piacere dell'ascolto. Ne ritarda solo la fine.