Nato a Pavia il 19 gennaio 1976, diplomato alla Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano, ho lavorato in teatro per anni (20 almeno e con quasi tutti) prima di provare profondo disgusto. Ora mi dedico alla pubblicità e alla tv, anche all’estero e per lo più leggo e tento di scrivere, con alterne fortune. Anche se rimango una persona che prova e non mi ritengo poeta.
Ho pubblicato con Cfr “Il Tremore della Terra” e con “Zona” Terra Incognita, i titoli non li ho scelti io.
Credo nelle parole più che alle persone. Adoro la vostra casa editrice ma non sopporto molte altre che sono più che altro copisterie.
Sarebbe un onore pubblicare con voi.
Sono purtroppo e per mia fortuna fuori da tutto. E dentro la vita, ora che vivo in una borgata.
Conosco il critico e amico Davide Castiglione, che mi molto incoraggiato e Maria Borio, con me sempre sodale e gentile. Nonché Massimo Bocchiola, che vive a Pavia e considero un maestro.
Prone alla depressione e agli entusiasmi, sono il cruccio e la gioia di chi incontro.
Le ho sempre prese, anche se tiro di boxe.
Enrico Barbieri
La gioia è retrattile in corsie nere
la gioia è retrattile in corsie nere
d’autunno nei miei vent’anni irrisolti
ero il ricovero e la corsa aperta
con braccia d’albe e un certo amico
dolce che non respirava, notti
come calustrali interventi primari
poi la vecchia barba si è ridotta
allo spunto di una piccola paura
la rabbia era un nulla di fatto puro
e le cascate di danni sono la mia
Dresda incendiata e moribonda
Tutto nella fame di te innocua
tutto nella fame di te innocua, tu
che sei colore e grazia di foglie, tu
argomento del mare altrove e alieno, tu
ghiaccio e stria su una roccia lontana tu,
ultimo anello del vento solare in te
mi perdo volandoti a fianco
da te fuggo ma vorrei quei secondi
odore e pioggia d’indaco e di labbra.
Riduco la corsa
riduco la corsa
senza pneuma o fiato
treni ripassano
dalle stesse fantasie
mancano le carni
di chi mi portava
a contemplarli
A te che eri il pescatore
a te che eri il re pescatore
e per un errore divino o una
svista di un’ombra cattolica
sei diventato nebbia immobile
e incapace di reggere remi
sferrare fendenti alle onde:
sei ancora e di nuovo anziano
e tra poco verrò anch’io da te,
nel sentiero di mezzo lacero
dove i sassi di fiume gridano
Nave
Così incagliata urla di rabbia
La mia via è fradicia e sudicia
E i coloni hanno lasciato morti
Tutti i cani da traino, insieme
In un cerchio che sa di niente
Che non sia altro che un cerchio
Figura di mille altre figure nulla
Di nuvole come turiboli o santi
E questa sera osservavo morso
Dallo stesso morso del male nero
I cicloni verticali delle nubi, vere
Come sono vero io e il mio amico
Scomparso per un attimo, dove
Se non in qualche luogo che non vedo?
Dubito di tutto e dubito del tutto
Che mi aveva accolto e poi respinto
In quante città ora non ricordo
Ma erano grandi e diverse e forti
Con le ossa e le strade di balena, io
Senza paura ero giovanissimo, volavo
Nei traffici di pelli e di me stesso
Coniavo la mia voce e la vendevo
Poi vennero altri anni, come per tutti
Quando la fatica è ricerca di fatica
E un corpo stanco di allenare il male
Per non sentire il morso di sera
Che galleggia nel grembo neonatale.